Artrite idiopatica giovanile: canakinumab funziona


Canakinumab si dimostra efficace come trattamento per pazienti affetti da artrite idiopatica giovanile sistemica (AIGs) secondo un nuovo studio

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Canakinumab, inibitore IL-1 beta, è efficace nel trattare una popolazione pediatrica di pazienti affetti da artrite idiopatica giovanile sistemica (AIGs). Questo il responso di uno studio multicentrico italiano condotto nella real life, di recente pubblicazione sulla rivista Rheumatology.

Razionale e disegno dello studio
L’AIGs differisce dalle altre forme di AIG in quanto caratterizzata non solo da artrite ma anche da manifestazioni quotidiane di febbre, rash, linfoadenopatia, epatomegalia e splenomegalia, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio.

Il trattamento convenzionale di questa condizione si è basato sull’impiego di glucocorticoidi (GC), ma il loro impiego, soprattutto nel lungo termine, è notoriamente associato ad eventi avversi (AE) significativi.

Studi precedenti pubblicati in letteratura hanno dimostrato l’efficacia di anakinra, antagonista recettoriale di IL-1, nell’AIGs, anche se non tutti i pazienti rispondono al trattamento, tenendo presente che il farmaco, che blocca sia IL-1 alfa che IL-1 beta, viene somministrato mediante iniezioni giornaliere.

Alcuni trial clinici, inoltre, hanno documentato anche l’efficacia nell’AIGs di canakinumab, che blocca in modo selettivo IL-1 bete solubile in un numero rilevante di pazienti. Non solo: in questi trial l’impiego di canakinumab è stato in grado di rendere possibile la sospensione di GC senza problemi in una proporzione di pazienti compresa tra il 15,6% e il 36,4%.

La disponibilità di informazioni limitate sull’efficacia e la sicurezza di canakinumab sull’AIG sistemica nella real world ha sollecitato la messa a punto di questo studio osservazione e retrospettivo multicentrico, che ha coinvolto 15 centri di reumatologia pediatrica che avevano avviato il trattamento con questo farmaco sin dalla fine del 2019.

L’endpoint primario era rappresentato dal riscontro di malattia clinicamente inattiva, in assenza d’impiego di GC, a 6 mesi dall’inizio del trattamento con canakinumab.

La popolazione di pazienti reclutata era costituita, per due terzi, da ragazze aventi un’età media di 10,4 anni. Quasi tutti i pazienti reclutati erano stati precedentemente sottoposti a trattamento con GC, mentre un terzo di questi era stato trattato con MTX e il 63% era stato esposto a trattamento con un farmaco biologico.

Inoltre, 26 pazienti su 80 erano andati incontro, precedentemente, a sviluppo di sindrome da attivazione macrofagica (MAS).

Al basale, il 56,3%b del campione di pazienti era stato trattato precedentemente con anakinra e, di questi, il 73,3% aveva abbandonato il trattamento per mancanza di efficacia ed aveva malattia attiva al tempo dell’inizio della terapia con canakinumab. Il rimanente 26,7% dei pazienti che era passato da anakinra a canakinumab aveva interrotto il trattamento con il primo farmaco a causa di dolore legato alle iniezioni giornaliere.

Al tempo dell’inizio del trattamento, era presente febbre nel 55,9% dei pazienti, mentre la mediana del numero di articolazioni attive era pari a due.

Risultati principali
Su un totale di 80 bambini affetti da AIGs, il 63,7% ha raggiunto lo stato di malattia clinicamente inattiva (in assenza d’impiego di GC) a 6 mesi, mentre il 57,4% di 68 pazienti con malattia attiva al basale ha soddisfatto l’outcome a 6 mesi. Inoltre, a 12 mesi, il 63,8% dei pazienti con malattia attiva al basale si trovava nello stato di malattia clinicamente inattiva in assenza d’impiego di GC.

A 6 mesi, 29 pazienti hanno continuato ad avere malattia attiva, 14 dei quali erano già risultati refrattari al trattamento con anakinra.

Dei 33 pazienti precedentemente trattati con anakinra e passati a trattamento con canakinumab a causa della persistenza di malattia attiva, 19 hanno raggiunto lo stato di malattia clinicamente attiva a 6 mesi (57,6%), una percentuale simile al 57,1% osservato nel gruppo di pazienti che non erano stati precedentemente trattati con l’inibitore di IL-1.

“Tale osservazione – hanno tenuto a sottolineare gli autori dello studio – suggerisce come il fallimento terapeutico osservato con un farmaco anti-IL1 non necessariamente preclude l’impiego di un altro farmaco di questo tipo”.

Passando ai risultati dell’analisi univariata, dai dati è emerso che il numero di articolazioni attive era più elevato tra i  non responder alla terapia, considerando un numero di cutoff pari a 5 articolazioni attive, tipico dell’AIG poliarticolare.

Il risk ratio di mancata risposta al trattamento a 6 mesi nei pazienti con 5 o più articolazioni attive al basale era pari a 2,4 (IC95%= 1,5-4; p=0,001), mentre il risk ratio tra i pazienti con storia pregressa di MAS era pari a 2 (IC95%= 1,2-3,3).

I pazienti responder avevano generalmente iniziato più precocemente il trattamento con canakinumab – 13,9 mesi dopo l’insorgenza dei sintomi rispetto a 28,7 mesi tra i pazienti non responder (p=0,047).

All’analisi di regressione logistica è emerso che la mancata risposta al trattamento era associata, in modo indipendentem ad un numero superiore a 5 articolazioni attive (OR=6,37; IC95%=1,69-24,02, p=0,006) e ad una storia di MAS (OR=3,53; IC95%=1,06-11,70, p=0,039).

Nei pazienti che presentavano entrambi i fattori sopra enunciati la probabilità di risposta al trattamento era pari all’11,8% (IC95%= 0-26,9), mentre in quelli con un numero di articolazioni attive inferiori a 5 e non colpiti da MAS la probabilità di risposta era molto più elevata (75,9%; IC95%= 62,7-89).

Sul fronte della safety non sono stati riferiti AE seri. Si è avuta linfopenia in un paziente, che ha portato alla sospensione del trattamento. Sei pazienti, invece, hanno avuto infezioni poco rilevanti, mentre uno è andato incontro a herpes zoster; tutti hanno risposto al trattamento standard.

Considerazioni conclusive
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come i tassi di risposta, ottenuti nel setting real world, sono risultati più elevati di quelli osservati nei trial clinici precedentemente condotti. E’ stato ipotizzato che ciò sia avvenuto in quanto la severità di malattia nei trial era peggiore, con un numero iniziale di articolazioni attive pari a 10 piuttosto che a 2 (come osservato nella coorte italiana considerata).

E’ stato anche ricordato come uno studio recente abbia mostrato livelli di CXCL9 più elevati nei pazienti non responder a canakinumab. Tale ligando è stato legato all’interferone gamma, che un numero crescente di studi ha mostrato avere un ruolo patogenetico negli individui affetti da MAS. Di qui la necessità di condurre nuovi studi che approfondiscano l’immunobiologia di questa condizione clinica in presenza di AIGs.

Bibliografia
De Matteis A, et al “Canakinumab in systemic juvenile idiopathic arthritis: real-life data from a retrospective Italian cohort” Rheumatology 2021; DOI: 10.1093/rheumatology/keab619. Leggi