Infarto STEMI, colchicina non risulta protettiva rispetto alla lesione miocardica acuta secondo i risultati di un nuovo studio
La colchicina non riesce a essere protettiva nei confronti della lesione miocardica nell’infarto STEMI quando somministrata al momento della riperfusione e poi continuata per 5 giorni dopo, secondo i dati dello studio randomizzato COVERT-MI, presentati nel corso del Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC 2021) e pubblicati online in contemporanea su “Circulation”.
C’è anche un accenno di danno: l’incidenza del trombo murale del ventricolo sinistro (LV) è apparsa triplicata tra i pazienti che assumevano l’antinfiammatorio rispetto al placebo. In effetti l’autore principale Nathan Mewton, dell’Hôpital Cardio-Vasculaire Louis Pradel di Lione (Francia), ha detto che i risultati di COVERT-MI sono stati deludenti.
Resta valida l’ipotesi infiammatoria
Ha aggiunto però che la mancanza di efficacia della colchicina nell’infarto miocardico acuto non toglie nulla agli studi positivi LoDoCo2 e COLCOT, che hanno riacceso l’interesse per l’ipotesi infiammatoria. Entrambi questi studi si sono concentrati sulla malattia coronarica cronica e hanno coinvolto una dose giornaliera di 0,5 mg.
Del resto, un’analisi di LoDoCo2, pubblicata all’inizio di questa settimana, ha mostrato che la colchicina è di beneficio nella malattia coronarica (CAD) cronica, indipendentemente da quanti mesi o anni siano passati dall’evento indice coronarico acuto.
Necessaria cautela nell’uso in fase acuta
COVERT-MI, al contrario, ha usato una dose di carico di colchicina di 2 mg seguita da 0,5 mg due volte al giorno, e ha esaminato «l’infiammazione miocardica nella fase acuta dell’infarto» ha spiegato Mewton.
«Ciò che il nostro studio sottolinea è che occorre essere molto cauti nella fase acuta» ha detto Mewton. In relazione al trombo LV, «potremmo aver ‘colpito’ qualcosa che deve essere ulteriormente valutato» ha specificato. «Per me, ciò dimostra che questa risposta infiammatoria è davvero complessa e allo stesso tempo affascinante».
Inoltre, Mewton non ha abbandonato la speranza che un farmaco antinfiammatorio, di tipo diverso o la stessa colchicina a un’altra dose e durata, possa rivelarsi utile in ambito acuto.
Nessuna differenza tra gruppo attivo e placebo a 5 giorni o 3 mesi
Per lo studio COVERT-MI in doppio cieco, i ricercatori di 10 centri terziari in Francia hanno arruolato 192 pazienti STEMI indirizzati a intervento coronarico percutaneo (PCI) primario, randomizzandoli a ricevere colchicina orale o placebo dall’ammissione al giorno 5.
Alla fine, c’erano 80 pazienti trattati con colchicina e 81 pazienti con placebo nell’analisi intent-to-treat. L’esito primario di efficacia era la dimensione dell’infarto a 5 giorni con l’imaging di risonanza magnetica cardiaca (CMR) con aumento tardivo del gadolinio. I valori medi non differivano tra i gruppi colchicina e placebo (26 vs 28,4 g di massa LV; P = 0,87).
Al follow-up di 3 mesi, non vi è stata alcuna differenza nel rimodellamento di LV tra i due bracci dello studio (variazione media del volume diastolico finale LV +2,4% vs -1,1%; P = 0,49). Né c’era una differenza nelle dimensioni dell’infarto (media 17 vs 18 g di massa LV; P = 0,92).
Aumento del trombo murale del ventricolo sinistro
I ricercatori riferiscono anche che c’è stato un «inaspettato aumento significativo del trombo LV a 5 giorni» con colchicina rispetto al placebo (22,2% vs 7,4%; P= 0,01). I predittori al basale erano arterie responsabili dell’infarto (‘culprit’) quali l’arteria principale sinistra o l’arteria anteriore sinistra, così come l’uso dell’aspirazione del trombo nella PCI.
Al follow-up CMR a 3 mesi, tuttavia, i tassi erano simili tra i due gruppi (5,3% vs 2,6%; P = 0,68). Ictus ischemici si sono verificati in due pazienti randomizzati a colchicina e uno randomizzato al placebo, con una differenza non significativa; nessuno dei tre ictus era in pazienti che avevano avuto un trombo LV.
Seppure l’aumento del trombo LV potrebbe essere correlato al caso, è abbastanza forte da meritare uno sguardo più attento, ha detto Mewton. Il fenomeno potrebbe essere causato da un effetto ‘rimbalzo’ correlato all’arresto della colchicina a 5 giorni, ha suggerito, o forse il farmaco attiva diversi percorsi, sia pro- che antinfiammatori, nella fase acuta.
Sulla base di prove precedenti, tuttavia, «non c’è motivo per cui dovrebbe causare trombosi. Non ci sono dati che mostrino un effetto protrombotico della colchicina» ha commentato.
In seguito, ha detto Mewton, saranno presentati dati più dettagliati sul trombo LV rilevato in COVERT-MI per la presentazione alla riunione annuale dell’American Heart Association. I ricercatori hanno anche in programma di condurre uno studio simile che coinvolga i corticosteroidi; questi antinfiammatori hanno più effetti collaterali, ha riconosciuto, ma il loro «effetto è più ampio e più potente».
Questa potrebbe non essere l’ultima parola sulla colchicina nello STEMI, tuttavia, poiché Mewton è anche interessato a testare un regime di colchicina di 1 mese che consiste di 0,5 mg al giorno senza una dose di carico. Il picco di infiammazione è di circa 48-72 ore dopo la riperfusione, ha osservato, ma la formazione di cicatrici miocardiche continua per 1 mese.
Mewton N, Roubille F, Bresson D, et al. Effect of Colchicine on Myocardial Injury in Acute Myocardial Infarction. Circulation. 2021 Aug 23. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.121.056177. [Epub ahead of print]
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