Il ghiacciaio della Vedretta Lunga sulle Alpi Venoste, in provincia di Bolzano, in 17 anni è diminuito di 1,2 metri l’anno per un totale di circa 20 metri
Negli ultimi diciassette anni lo spessore del ghiacciaio della Vedretta lunga (sulle Alpi Venoste, in provincia di Bolzano, ndr) è diminuito di 1,2 metri l’anno per un totale di circa 20m. La sua fronte si è ridotta di ben 1,8 km dal 1923, di cui quasi un km tra il 1979 e il 2019, periodo in cui la riduzione ha viaggiato ad una media di oltre 23m, mentre 28 sono stati i metri di regresso solo fra il 2020 e il 2021. Il Ghiacciaio della Vedretta Alta ha subito un brusco arretramento di circa 400 metri della sua fronte attiva, così come quello della Forcola che continua ad arretrare di 20-30 metri l’anno, mentre per quello del Cevedale il ritiro risulta superiore al km rispetto agli anni 40′. Oltre la regressione i ghiacciai subiscono fenomeni di disgregazione e frammentazione che hanno portato i 168 ghiacciai dell’Alto Adige a frammentarsi in 540 unità distinte distinte. Nel 2005 erano solo 330 a dimostrazione di come il fenomeno di frammentazione dei ghiacciai stia accelerando. È questo, in estrema sintesi, il risultato del monitoraggio effettuato nella seconda tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente sui ghiacciai della Val Martello in Alto Adige.
Il Ghiacciaio Vedretta Lunga (Langenferner), prende origine dall’esteso bacino di alimentazione glaciale compreso fra Monte Cevedale (3769 m s.l.m.), Cima di Solda e Punta del Lago Gelato. “L’itinerario di avvicinamento al ghiacciaio ha permesso di documentare quelli che vengono ritenuti fra i più vistosi fenomeni di riduzione glaciale del gruppo montuoso dell’Ortles-Cevedale (Secchieri e Bruschi, 2017)- spiega Legambiente- sono state osservate tracce di sistemi morenici vallivi frontali e laterali, sia del ghiacciaio di Vedretta Lunga sia dei ghiacciai laterali del Versante destro: un ricco patrimonio di storia glaciale che ha evidenziato anche le sue interazioni con l’attività dell’uomo”. Infatti, in questo settore, “la deglaciazione è stata accompagnata anche da fenomeni di instabilità sul fondovalle, come la disastrosa alluvione del 1887 che distrusse alcuni paesi della Val Martello”.
“Per apprezzare al meglio il regresso areale e volumetrico della Vedretta Lunga è stato dapprima effettuato uno stop panoramico dalla stazione fotografica storica del Comitato Glaciologico Italiano posta sul versante sinistro orografico con confronto di immagini multitemporali ed evidenze geomorfologiche nel fondovalle – prosegue Legambiente come riferisce la Dire (www.dire.it) -. Questa prima osservazione ha fornito un dato a scala secolare del ritiro frontale: ben 1,8 km dal 1923”. La discesa sul fondovalle ha permesso di visionare in sequenza i segnali glaciologici posti dagli operatori del CGI e del Servizio Glaciologico del CAI Alto Adige (Franco Secchieri, Giuseppe Perini, Stefano e Giovanni Benetton) fra il 1979 al 2019.
“Le misure glaciologiche ricavate da questi segnali indicano quasi un km di ritiro frontale, una media di oltre 23 m all’anno, ma non uniformemente distribuiti- continua Legambiente- una sostanziale stabilità iniziale, regressi variabili a partire dagli anni 90 e poi una decisa variazione su valori costantemente negativi di diverse decine di metri dall’anno dal 2005 ad oggi. L’ultimo valore, misurato ‘in diretta’ dagli operatori glaciologici durante il sopralluogo, è di 28 metri di regresso fra il 2020 e il 2021″. Il ghiacciaio Vedretta Lunga è stato selezionato per il monitoraggio a lungo termine dalla Provincia Autonoma di Bolzano e Roberto Dinale ha illustrato i risultati del bilancio di massa che ivi si svolge da ormai 17 anni.
“Nella serie storica si registra una perdita di 1,20m l’anno, uniformemente distribuita sul ghiacciaio: ciò significa che nella zona frontale si registrano anche perdite intorno ai 3 metri rispetto ai valori positivi della zona alta del bacino di accumulo- segnala l’associazione- il solo anno positivo della serie di bilanci è il 2013-14, e il debole trend negativo della serie andrebbe compensato da correzione altimetrica, vista la contemporanea modifica delle condizioni geografico-fisiche della massa glaciale. La linea di equilibrio è posta attorno ai 3100 m”.
“Il Ghiacciaio di Vedretta Alta ha subito una accelerazione del suo ritiro nel 2012- segnala Legambiente- Mentre antecedentemente la lingua scendeva fin nella piana glaciale, in quell’anno si è verificata una cesura che ha separato la parte terminale della lingua dal corpo principale, determinando di fatto un brusco arretramento di circa 400 metri della fronte attiva”.
Nel corso del sopralluogo per la Campagna glaciologica 2021, “questa fronte si è presentata coperta da un lembo di neve residua delle precipitazioni invernali, che ha avuto l’effetto di arrestare momentaneamente l’arretramento frontale”. Il Ghiacciaio della Forcola “ha subito anch’esso un forte arretramento in questi ultimi anni, come testimonia il fatto che non sia ormai più visibile dal rifugio Martello”. Un altro indizio dell’entità e rapidità dell’arretramento “è la sequenza di segnali di misurazione, ancora perfettamente visibile”.
Gli arretramenti annui misurati nel corso delle ultime campagne “sono stati quasi sempre dell’ordine di 20-30 metri”. Fino ad alcuni anni fa, una caratteristica della fronte del ghiacciaio “era la presenza di un’ampia bocca glaciale che formava una grotta percorribile per una decina di metri: la grotta è scomparsa recentemente per effetto dell’arretramento e dell’appiattimento della fronte per la perdita di volume del ghiacciaio”. Gli operatori del Servizio Glaciologico dell’Alto Adige rimarcano inoltre come stia diventando “sempre più complesso l’avvicinamento alla fronte per poter eseguire le misurazioni”. Il Ghiacciaio del Cevedale “è tra quelli della Val Martello che ha subito le maggiori trasformazioni”.
La sua lingua si abbassava anch’essa fino a raggiungere il fondovalle, così come per la Vedretta Alta e la Vedretta della Forcola, in corrispondenza della vasta piana fluvioglaciale rimasta attualmente. Anche per questo ghiacciaio, “una brusca accelerazione dell’ arretramento è stata impressa dall’interruzione del collegamento tra la parte superiore del ghiacciaio e la sua propaggine di fondovalle per effetto di una cesura verificatasi in corrispondenza di un cambio di pendenza del substrato roccioso”. La fronte attiva “ha così subito un rapidissimo arretramento ed innalzamento di quota- denuncia Legambiente- Rispetto agli anni quaranta, il ritiro risulta superiore al chilometro. La posizione della fronte permane senza grosse variazioni al di sopra del salto di roccia in corrispondenza del quale si era verificata la separazione della lingua valliva”. Il Ghiacciaio del Cevedale è inoltre quello della Val Martello con la quota del bacino più elevata in quanto raggiunge la sommità del Monte Cevedale (3769 m).
“Ghiacciai che scappano sempre più in alto, inseguiti dal bosco- dichiara Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente- Cascate che crescono di volume a vista d’occhio, bellissime se non fosse che sono il risultato di una fusione sempre più accelerata dei ghiacci. Meravigliosi draghi bianchi e dame dagli strascichi bianchi sempre più grigi e rimpiccioliti che si vanno smembrando in molteplici frammenti, perdendo volumi enormi come il Vedretta Lunga che in meno di 20 anni ha perso uno spessore pari ad un palazzo di 6/7 piani per poi sparire definitivamente. Infatti, nella più ottimistica ancorché difficilmente realizzabile previsione ricavata dalle proiezioni di deglaciazione della provincia di Bolzano, al massimo solo un terzo di questi entro fine secolo potrebbe sopravvivere. È un ritornello questo che si che si ripete qui come altrove nelle Alpi e che rende sempre più incomprensibili i ritardi nell’inversione di rotta indispensabile per una reale transizione ecologica della nostra società”.
La Val Martello “è una splendida valle alpina in cui il modellamento glaciale ha scandito la storia naturale e dell’uomo”, ricorda Marco Giardino, segretario del Comitato Glaciologico Italiano, “un’area alpina in cui la salvaguardia dell’ambiente d’alta montagna da parte del Parco Nazionale va di pari passo con l’attenzione alla gestione delle risorse materiali da parte dell’amministrazione provinciale e comunale. Un atteggiamento più che mai responsabile in considerazione delle trasformazioni in atto sui ghiacciai e sui territori circostanti per effetto del riscaldamento climatico. Uno sforzo comune al quale gli operatori glaciologici vogliono partecipare attraverso i loro contributi allo sviluppo della conoscenza sugli scenari evolutivi dell’ambiente glaciale”.
La Carovana dei ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente, arrivata alla sua seconda edizione e realizzata con il supporto del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e con partner Sammontana e partner sostenitore FRoSTA, che dal 23 agosto al 13 settembre monitorerà lo stato di salute di tredici ghiacciai alpini più il glacionevato del Calderone in Abruzzo, per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino.