Fino al 14 novembre il Museo del Novecento di Firenze ospita la mostra “Arturo Martini e Carrara. Donna che nuota sott’acqua”
Il Museo Novecento presenta la mostra Arturo Martini e Carrara. Donna che nuota sott’acqua, a cura di Lucia Mannini con Eva Francioli e Stefania Rispoli, allestita nelle sale al piano terra del museo e aperta fino al 14 novembre 2021.
L’esposizione, che nasce come sezione all’interno della mostra Arturo Martini e Firenze, è dedicata a quel rapporto speciale che Martini, come tanti altri scultori, intrattenne con le Apuane, dove dai tempi dell’antica Roma si estraeva il marmo statuario, preferito dagli artisti per la sua purezza e luminosità. Il legame tra gli scultori del Novecento e il territorio versiliese è rinnovato dunque all’interno di questo nuovo progetto espositivo, che segue idealmente quello appena concluso e destinato a indagare il rapporto tra Henry Moore e la Toscana. Proprio in Versilia, infatti, lo scultore britannico venne in contatto con quella enorme tradizione di sapienza artigianale e artistica conservata nelle mani degli scalpellini e dei cavatori. La fascinazione per il paesaggio delle cave Apuane e per la serenità salubre del litorale tra Forte dei Marmi e Carrara contribuirono a dar vita a un duraturo sodalizio tra Moore e la comunità artistica e intellettuale locale.
“Il Museo Novecento ha conquistato una sua posizione di rilievo scientifico in questi ultimi anni con una serie di progetti che, uno di seguito all’altro o in contemporanea, si parlano tra loro” dichiara Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento. “Dopo Medardo Rosso, ad esempio, oggetto di una bella mostra tre anni fa, abbiamo inaugurato a giugno quella dedicata ad Arturo Martini. Due artisti di fondamentale importanza per ricostruire l’evoluzione del linguaggio plastico tra Ottocento e Novecento. Ora, come appendice all’esposizione Arturo Martini e Firenze, si aggiunge un capitolo assai significativo che ha come protagonista un capolavoro dello scultore, quella ‘Donna che nuota sott’acqua’, considerato dall’autore stesso il fiore delle sue ricerche. A riprova di una programmazione che incatena temi su temi, argomenti ad argomenti, in questa occasione ci si focalizza sullo speciale rapporto di Martini con Carrara. Un aspetto del legame tra artisti e territorio che ricorda come anche Henry Moore avesse eletto a suo laboratorio le Apuane, dove trovava materia prima per le sue creazioni. Questa linea editoriale distingue il nostro che persegue una rotta scientificamente appagante, con l’obiettivo di far crescere la consapevolezza culturale nella comunità fiorentina e non solo, offrendo l’opportunità di allargare la conoscenza dell’arte del XX secolo con affondi su territori e protagonisti ritenuti forse meno spettacolari ma il cui protagonismo nella storia è innegabile. Ci sono lacune da colmare e tessere mancanti da recuperare e il Museo assolve a questa funzione civile. Un profilo propedeutico che si trasforma in epifania poetica con la presenza di opere come la ‘Donna che nuota senz’acqua,’ concesso in prestito dalla Fondazione Cariverona, e grazie ad allestimenti suggestivi come quello odierno che ricreano l’attimo aurorale di una ispirazione feconda, come quella che Martini ebbe alla visione di un film, ‘Ombre Bianche’ che abbiamo voluto presentare per intero, immergendo i visitatori in quella stessa atmosfera magica che accese l’intelligenza creativa del nostro grande scultore.”
Il rapporto di Martini con Carrara e con il marmo presenta infatti il carattere della scoperta e dell’avventura: lo scultore trevigiano vi approda alla metà del 1937, a seguito del contratto per il grande bassorilievo La Giustizia corporativa, destinato al Palazzo di Giustizia di Milano, e vi torna più volte, lavorando presso il laboratorio Nicoli.
Negli anni a cavallo fra il 1939 e il 1940 Martini matura anche un’insoddisfazione profonda nei confronti della statuaria monumentale che lo induce ad abbandonare temporaneamente la scultura per dedicarsi alla pittura, come testimonia il dipinto Le cave del marmo, esposto in mostra. Nel 1941 riceve però dall’Università di Padova l’incarico per eseguire un monumento in memoria dello storico latino Tito Livio. Si racconta che da uno scaglione del grande blocco del Tito Livio sia nata Donna che nuota sott’acqua, esito di una lunga gestazione intellettuale. Solo allora lo scultore trova infatti i mezzi linguistici per dare corpo all’impressione avuta, anni addietro, dalla visione del film Ombre bianche (White Shadows of the South Seas) del 1928, ambientato in Polinesia e interpretato dalla messicano-tahitiana Raquel Torres, bella come una dea primitiva. Martini decide di completare la scultura decapitandola e, con un colpo netto e spietato, trasforma così «l’opera da “datata” in “eterna”», come osserverà Carlo Nicoli. La ricerca estrema condotta da Martini negli anni Quaranta trova dunque sintesi nella Donna che nuota sott’acqua, che fluttua sospesa, galleggiante nello spazio, su tre perni metallici ideati dall’architetto Carlo Scarpa per la prima presentazione dell’opera alla Biennale di Venezia del 1942.
L’eccezionale prestito concesso dalla Fondazione Cariverona vale a rappresentare la ricerca estrema condotta da Martini negli anni Quaranta, cui si affianca la possibilità di vedere il film Ombre bianche e il prezioso volume Una scultura pubblicato dal gallerista Roberto Nonveiller nel 1944 per presentare l’opera, nel quale si susseguono numerose vedute della stessa colta da diverse angolature. Particolarmente significativa è la copertina, con il montaggio di due scorci e la trascrizione di una quartina tratta da Air de Sémiramis (Aria di Semiramide) di Paul Valéry, dove l’Aurora invita la leggendaria regina di Babilonia a risvegliare la propria volontà creatrice con la forza con cui il nuotatore esce dalle acque.
“Come nel volume edito da Nonveiller si proponeva, con una ricca sequenza di immagini, un’osservazione attenta e da più punti di vista della Donna che nuota sott’acqua, così si offre qui l’opportunità rara di osservare, con la dovuta calma, questa clamorosa risposta di Martini alla statuaria del suo tempo” dichiara Lucia Mannini, curatrice della mostra. “Per ricordare la stagione di Carrara si sono scelte infatti due opere emblematiche: un dipinto, Le cave del marmo, a testimoniare la crisi creativa vissuta da Martini negli anni Quaranta e il suo avvicinamento alla pittura, e una scultura, Donna che nuota sott’acqua, che l’artista stesso definì «il fiore delle mie ricerche». A sostegno della scelta è una pagina di “Stile” nella quale Gio Ponti, nell’aprile del 1947, poco dopo la morte prematura dello scultore, pubblicava alcuni pensieri che Martini aveva espresso su carta ne La scultura lingua morta e riproduceva vicine le due opere”.
La mostra Arturo Martini e Carrara, – in linea con una visione scientifica del museo inteso come laboratorio di ricerca e formazione – è frutto di una collaborazione tra il Museo Novecento e il Dipartimento SAGAS dell’Università degli Studi di Firenze. Nell’ambito del progetto Dall’Aula al Museo, avviato nel 2019 con il prof. Giorgio Bacci, due giovani studentesse del corso magistrale di Storia dell’arte contemporanea, Margherita Scheggi e Valentina Torrigiani, hanno lavorato insieme a Lucia Mannini e allo staff curatoriale del Museo alla organizzazione dell’esposizione. Con tale progetto si intende, infatti, avvicinare il settore della ricerca accademica a quello della formazione museale e della divulgazione al grande pubblico, offrendo al contempo un’occasione unica di approfondimento dei grandi maestri del Novecento italiano e di valorizzazione del nostro patrimonio.
Informazioni
Museo Novecento
Piazza Santa Maria Novella 10 | Firenze
e.mail: info@musefirenze.it | segreteria.museonovecento@musefirenze.it
www.museonovecento.it