Il grafene Janus apre le porte a batterie sostenibili agli ioni di sodio: lo studio di Chalmers University of Technology, Consiglio nazionale delle ricerche e Accurion GmbH
Alla ricerca di soluzioni per lo stoccaggio di energia sostenibile, un team di ricercatori della Chalmers University of Technology, Consiglio nazionale delle ricerche e Accurion GmbH, hanno hanno presentato sulla rivista Science Advances un metodo che consente di fabbricare materiali per elettrodi ad alte prestazioni per batterie al sodio. Si basa su un tipo innovativo di grafene per immagazzinare uno degli ioni metallici più comuni ed economici al mondo: il sodio. I risultati mostrano che la capacità può eguagliare le attuali batterie agli ioni di litio.
Lo studio è stato avviato da Vincenzo Palermo, durante il suo precedente incarico di vicedirettore del Graphene Flagship, progetto finanziato dalla Commissione europea, attualmente direttore dell’Istituto per la sintesi organica e la fotoreattività del Cnr (Cnr-Isof) di Bologna.
Anche se gli ioni di litio funzionano bene per l’accumulo di energia, il litio è un metallo costoso con criticità riguardo l’approvvigionamento a lungo termine e problemi ambientali. Il sodio, al contrario, è un metallo abbondante a basso costo e l’ingrediente principale nell’acqua di mare (e del sale da cucina). Per questo future batterie agli ioni di sodio sono un’alternativa interessante e sostenibile per ridurre il nostro fabbisogno di materie prime critiche, a patto di riuscire ad aumentare la loro capacità. Al livello attuale di prestazioni, le batterie agli ioni di sodio non possono competere con le celle agli ioni di litio. Un fattore limitante è rappresentato dalla grafite, che è composta da strati sovrapposti di grafene e utilizzata come anodo nelle odierne batterie agli ioni di litio.
Gli ioni si intercalano nella grafite, il che significa che possono entrare e uscire dagli strati di grafene ed essere immagazzinati per il consumo di energia. Gli ioni di sodio, che sono più grandi degli ioni di litio e interagiscono in modo diverso, non possono essere immagazzinati in modo efficiente nella struttura della grafite. Il team di ricercatori ha escogitato un nuovo modo per risolvere il problema.
“Abbiamo aggiunto un distanziatore molecolare su un lato dello strato di grafene. Quando gli strati sono impilati insieme, la molecola crea uno spazio più ampio tra i fogli di grafene e fornisce un punto di interazione, che porta a una capacità significativamente più elevata”, afferma Jinhua Sun del Dipartimento di scienza industriale e dei materiali di Chalmers che ha progettato lo studio insieme a Vincenzo Palermo di Isof-Cnr.
Tipicamente, la capacità di intercalazione del sodio nella grafite standard è di circa 35 milliampere ore per grammo (mA h g-1), pari a meno di un decimo della capacità di intercalazione degli ioni di litio nella grafite. Con il nuovo grafene la capacità specifica per gli ioni sodio è di 332 milliampere ore per grammo, avvicinandosi al valore del litio nella grafite. I risultati hanno anche mostrato una piena reversibilità e un’elevata stabilità del ciclo. La ricerca è ancora in una fase iniziale, ma i risultati sono molto promettenti e dimostrano che è possibile progettare strati di grafene in una struttura ordinata che si adatti agli ioni sodio, rendendola paragonabile alla grafite.
Il nuovo grafene ha una funzionalizzazione chimica asimmetrica su facce opposte ed è quindi spesso chiamato ‘Janus graphene’, come l’antico dio romano Giano bifronte – il dio dei nuovi inizi, associato a porte e cancelli ed ai primi passi di un viaggio. Il grafene Janus si adatta bene alla mitologia romana, aprendo potenzialmente le porte a batterie agli ioni di sodio ad alta capacità. “Questo materiale Janus è ancora lontano dalle applicazioni industriali, ma i nuovi risultati mostrano che possiamo progettare dei fogli di grafene ultrasottili, e il minuscolo spazio tra di loro, per lo stoccaggio di energia ad alta capacità. Siamo molto soddisfatti nel presentare un’idea basata su metalli economici, abbondanti e sostenibili”, conclude Vincenzo Palermo.
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