Nuove opzioni terapeutiche contro le metastasi al fegato: grazie al protocollo sperimentale “COLT” a Niguarda si punta al trapianto dell’organo
Pazienti con tumori epatici dovuti a metastasi, solo fino a qualche anno fa non erano candidabili ad un trapianto di fegato, non si poteva neanche immaginare di inserirli in lista d’attesa per un organo. Oggi, invece, grazie al miglioramento delle terapie oncologiche che fanno “regredire” il tumore, e alla ricerca continua, si sta valutando l’efficacia di un trapianto dell’organo per trattare la malattia epatica.
È quanto sta avvenendo anche a Niguarda, dove in questi giorni è stato sottoposto a trapianto epatico un uomo di 45 anni con una metastasi al fegato in conseguenza di un tumore al colon-retto. “L’intervento è stato possibile grazie ad un protocollo sperimentale chiamato “COLT” con a capofila il professore Vincenzo Mazzaferro dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Si tratta di uno studio che coinvolge diversi centri italiani– spiega Salvatore Siena, Direttore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare di Niguarda -. L’obiettivo del trial è quello di valutare la possibilità trapiantare il fegato, quando questo è bersaglio di una malattia secondaria dovuta a metastasi. È un altro passo avanti importante nella cura dei tumori, basti pensare che fino a pochissimi anni fa per questi casi specifici non era immaginabile pensare a questa opzione di cura”.
I criteri di selezione per accedere ad un trapianto di fegato in caso di tumore si sono andati via via espandendo negli ultimi anni. Dai più rigidi “Criteri di Milano” del 1996, negli ultimi tempi si è assistito ad una progressiva espansione delle indicazioni. “Le linee guida degli anni novanta stabilivano che i pazienti con malattia oncologica primitiva del fegato potevano essere messi in lista solo se la massa era sotto i 5 cm o, in alternativa, se si avevano fino a 3 lesioni ciascuna non più grande di 3 cm. Il tutto in assenza di metastasi a distanza e di infiltrazione vascolare– spiega Luciano De Carlis, Direttore della Chirurgia Generale e dei Trapianti-. Nel 2020 tali indicazioni hanno subito una sostanziale integrazione con lo studio tutto italiano “XXL” sempre coordinato dall’Istituto nazionale dei Tumori con Niguarda parte attiva nella sperimentazione. Grazie a quella pubblicazione, l’indicazione al trapianto si è allargata anche a malattie in stadi più avanzati. Oggi con il protocollo COLT facciamo un passo in più e andiamo a valutare il trapianto d’organo per quei casi in cui la neoplasia epatica è conseguenza di una metastasi di un tumore originato in un altro distretto anatomico”.
Ovviamente ci sarà bisogno di un numero significativo di casi simili trattati e di un’analisi dettagliata dei follow-up per capire se il trapianto possa diventare una terapia anche per questi pazienti. Di certo la possibile apertura di questa nuova strada è dovuta ai passi in avanti fatti nella cura dei tumori sulla base del profilo molecolare. “Va sottolineato il miglioramento delle terapie oncologiche e l’affinamento della selezione molecolare, che insieme possono portare a un cosiddetto downstaging della malattia, ovvero la regressione della stessa ad uno stadio meno avanzato, tanto da poter poi intervenire con il trapianto – indica Andrea Sartore Bianchi, Responsabile dell’Oncologia Clinica Molecolare -. Ed è questo il caso del paziente di Niguarda, che ha ricevuto chemioterapia in associazione a un farmaco a bersaglio molecolare, trattamento che ha prodotto una regressione delle lesioni neoplastiche al fegato”.
Il Niguarda Transplant Center è uno dei pochi centri in Lombardia ad effettuare trapianti per quasi tutti gli organi (cuore, polmone, pancreas, rene, fegato), senza dimenticare i trapianti di tessuti e cellule (come ad esempio le cornee). Nella storia dell’Ospedale il numero dei trapianti di organi solidi supera il tetto dei 7.000 interventi. Ad oggi sono 2.450 i trapianti di fegato realizzati a partire dal 1985. I trapianti epatici portati a termine a Niguarda nel 2020 sono 120, 80 quelli realizzati da inizio 2021. Il centro ha puntato fin da subito su quelle tecniche che consentono di ottimizzare i risultati e incrementare i numeri di trapianti, come ad esempio l’intervento “split liver” e il trapianto da vivente (primo intervento italiano a Niguarda nel 2001) che grazie ad una suddivisione in due parti del fegato permette di raddoppiare gli interventi. A Niguarda nel 2015 è stato effettuato il primo trapianto in Italia di fegato a cuore fermo, tecnica che consente di utilizzare anche donazioni provenienti donatori non in stato di morte cerebrale.