Alimentazione: i bambini impiegano molto più tempo degli adulti ad eliminare pesticidi dall’organismo. Ecco perché bisogna puntare sull’agroalimentare di qualità
“La sicurezza alimentare è fondamentale in età pediatrica, perché il bambino è un organismo in crescita e tutti i suoi organi sono in via di formazione, con una capacità di mangiare superiore all’adulto ma con una ridotta capacità di smaltire le sostanze tossiche, perché non ha ancora acquisito le competenze all’eliminazione di queste sostanze da parte degli organi come il fegato. Un adulto elimina i pesticidi 10-15 volte più velocemente di un bambino in età scolare e 50 volte rispetto a un neonato. Un’alimentazione priva di sostanze tossiche garantisce la salute del bambino che il genitore vedrà nel lungo termine e non nell’immediato”. A dirlo è Ruggiero Francavilla, docente di Pediatria all’Università di Bari (UniBa) e responsabile del servizio di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica presso l’azienda ospedaliera barese, nel corso del Congresso della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS).
Le conseguenze dell’assunzione di sostanze nocive nella vita di un bambino possono quindi presentarsi a distanza di molti anni, tanto da far perdere “il nesso di causalità del contaminante e la manifestazione successiva in età evolutiva- spiega Francavilla- per questo diciamo al pediatra di curare l’alimentazione dei bambini e anche di informare la mamma, la famiglia, perché la presenza di alcune micro-tossine contenute, magari, nel grano devono essere note al più presto”.
La sicurezza alimentare e la scelta di una nutrizione che si basi sulla filiera agro-alimentare italiana sono quindi imprescindibili per la salute dei più piccoli. La genitorialità responsiva si basa anche su questo ed è bene riuscire a sfruttare tutti i canali di comunicazione con le famiglie. La SIPPS sta lavorando, non a caso, per portare anche corsi sulla nutrizione e sulla sicurezza alimentare nelle scuole, ma “bisognerebbe aumentare le occasioni di formazione e confronto”, spiega Francavilla, perché il pediatra ha “solo l’opportunità di incontrare le famiglie nel corso dei bilanci di salute o se interviene un problema di salute al bambino”.
Non deve esserci, quindi, un’informazione terroristica, ma attenta, che spieghi quanto sia importante mangiare meglio e meno, dato che oggi le statistiche ci dicono che nel nostro Paese “i bambini vanno incontro a problemi di obesità”, ricorda il professore.
Come fare ad intervenire sull’adolescente, che esce da solo e sceglie cosa mangiare? “Su questo con il collega Luigi Terracciano della SIPPS- annuncia Francavilla- stiamo lavorando per radicare meglio la consapevolezza sulla sicurezza alimentare nelle scuole con gli studenti più grandi”. Attivare la consapevolezza, però, è un percorso che inizia fin dai primi anni di vita: “È fondamentale lavorare sui primi mille giorni di vita del bambino- ribadisce il professore universitario- questo vuol dire educare ad uno svezzamento attento, dissuadendo la famiglia dalle tendenze dell’autosvezzamento che consente al bambino di mangiare di tutto, perché il ‘cibo adulto’ contiene antibiotici, pesticidi e contaminanti”.
Seguire il bambino in questa prima fase permette anche di educare la famiglia a mangiare meglio e consente al bambino di crescere come un adolescente più consapevole e attento al cibo di cui si nutre. Ci sono delle regole da rispettare, una sorta di decalogo, per auto-educarsi ad una maggiore sicurezza alimentare: “Mangiare meno. È alla fine del decalogo, ma la regola più semplice da cui partire”, spiega il docente. “Oggi consumiamo troppo e se questi alimenti sono molto contaminati significa incamerare tossine e contaminanti. L’altra regola è scegliere il biologico certificato, che non significa a chilometro zero, ma filiera italiana, totalmente italiana- ribadisce Francavilla- dalla produzione al confezionamento; fare attenzione ai salumi, che contengono molti nitriti spesso mascherati sotto codici ‘E450’”.
Ancora: “Scegliere pesci di piccola taglia perché non hanno accumulato i contaminanti nelle proprie carni, evitare il salmone- avverte Francavilla- che spesso si ammala e, vivendo in vasche affollate di altri salmoni, è soggetto a trattamenti di antiparassitari”. Inoltre, continua lo specialista, “non mangiare nulla che nostra nonna non riconosca come cibo, questa è una regola dello studioso Michael Pollan che anche io ho fatto mia. Non prendere mai prodotti già grattugiati perché tutto ciò che è macinato è un sotto scarto”. Per chi ama la pasta, deve sapere da dove viene il grano: “Molti Paesi trattano il grano con prodotti chimici che in Europa sono persino vietati, quindi meglio scegliere grani coltivati al di sotto del 41esimo parallelo. Il grano deve essere coltivato in zone dove durante il periodo della raccolta non ci siano piogge e le temperature siano elevate, come succede al sud Italia o meglio al di sotto del 41 parallelo: infatti il clima secco impedisce lo sviluppo di miceti che producono micotossine, che poi residuano nella farina ed essendo termostabili restano nel cibo che mangiamo, anche dopo cottura. Ricordo che la filiera italiana può essere rintracciata attraverso le etichette- spiega ancora il professore dell’UniBa- basti pensare ad una città in Cina di nome ‘Parma’ dove viene prodotto un prodotto che si chiama prosciutto. Bene, un’etichetta di questo tipo è facilmente rintracciabile ma con un po’ di attenzione si può fare su tutti i prodotti”.
Infine, contro il mito della dispendiosità del cibo di qualità, Francavilla è chiarissimo: “Noi crediamo di spendere di più per il cibo di qualità perché non pensiamo alle malattie che insorgono nel corso del tempo e che spesso sono correlate alla nostra nutrizione. Non pensiamo al costo che dobbiamo affrontare con le cure, insomma non pensiamo al lungo termine. Il cibo di qualità, sicuro, di filiera italiana vera, senza contaminanti, è un investimento sul nostro futuro, sulla vita”, conclude.