Insufficienza cardiaca: arrivano nuove conferme di sicurezza ed efficacia per sacubitril/valsartan negli studi del mondo reale
Nel trattamento dell’insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione (HFrEF), sacubitril/valsartan – (inibitore della neprilisina/antagonista del recettore dell’angiotensina II) – ha dimostrato di essere efficace e sicuro nel miglioramento degli esiti clinici anche nel contesto del mondo reale, al di là dei positivi risultati registrati negli studi clinici randomizzati (RCT).
Lo ha affermato, nel corso dell’ESC 21, Michele Senni, direttore del Dipartimento Cardiovascolare e della Divisione di Cardiologia dell’A.O. Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
I vantaggi della real-world evidence
«Gli RCT rappresentano il gold standard per determinare gli effetti del trattamento negli interventi medici ma hanno un limite correlato alla loro generalizzabilità» ha affermato Senni. «La real world evidence (RWE) costituisce un approccio pratico e spesso usato (per es. studi monocentrici, studi di comunità, registri) per valutare la sicurezza e l’efficacia di un farmaco».
Inoltre, il clinico ha specificato, la RWE può offrire approfondimenti e produrre scoperte rilevanti per una più ampia gamma di pazienti trattati nella pratica clinica quotidiana. In ogni caso, l’RWE non deve essere vista come opposta ai tradizionali RCT, ma come complementare ad essi.
Quello che è emerge, ha sottolineato, è un chiaro mismatch tra pazienti con scompenso nei trial clinici e nel mondo reale. Per esempio gli studi di comunità includono pazienti più anziani rispetto agli RCT. Inoltre, la prevalenza del sesso femminile è chiaramente superiore nell’ambito del mondo reale. Anche il tasso di comorbilità quali diabete mellito e ipertensione arteriosa è molto superiore negli studi RWE rispetto agli RCT.
Una fotografia dello scompenso cardiaco dai dati di registro
I dati del database italiano ARNO, relativi a 41.413 pazienti con scompenso cardiaco, mostrano che la prevalenza dell’HF aumenta con l’avanzare dell’età e anche con il tasso di sesso femminile, ha aggiunto Senni. (Fig. 1)
Fig. 1 – Distribuzione dell’HF per età e genere nel database italiano ARNO (Maggioni A et al. Eur J Heart Fail. 2016)
Inoltre, il database ARNO ha evidenziato come i pazienti ammessi in ospedale per HF sono ricoverati com maggiore frequenza nei reparti di medicina interna rispetto a quelli di cardiologia, ha detto. «Da sottolineare che negli RCT a volte sono esclusi pazienti a causa di comorbilità come la depressione o il cancro» ha proseguito Senni. «E il cancro, in questo database, ha una prevalenza del 5%».
Ulteriori evidenze emergono dal registro internazionale QUALIFY. «La scarsa o moderata aderenza alla terapia medica diretta dalle linee guida (GDMT) porta a esiti peggiori e questa componente nel mondo reale è significativamente superiore rispetto ai pazienti con una buona aderenza alle GDMT» ha specificato Senni.
Il tasso e le ragioni del non utilizzo dei trattamenti raccomandati per i pazienti con ridotta frazione di eiezione sono descritti in un registro europeo dell’ESC. «Questo ha dimostrato che gli ACE-inibitori e gli ARB non sono prescritti nell’8% dei casi, ma con un reale sottotrattamento solo nel 3% dei casi» ha affermato il cardiologo.
I beta-bloccanti non erano prescritti nel 7% dei casi con un reale sottotrattamento nel 2,3%, ha proseguito Senni. Infine, gli inibitori dei mineralcorticoidi (MRA) non erano prescritti nel 33% dei casi con un reale sottotrattamento nel 5,4% dei casi.
Da questo stesso database, ha detto, si è appreso che il tasso di pazienti con dose a target era del 29% per gli ACE-inibitori, del 24% per gli ARB, del 17% per i beta-bloccanti e del 30% per gli MRA.
«I dati del CHAMP-HF, un database statunitense che includeva ambulatori di medicina generale e di cardiologia e non cardiologi ospedalieri, hanno evidenziato che i pazienti senza controindicazioni e non trattati costituivano una quota molto superiore a quella del registro europeo» ha affermato Senni.
Anche i pazienti trattati con una dose target non sufficiente erano molto superiori in questo registro rispetto a quello europeo, ha rilevato. «Sempre dal CHAMP-HF è emerso che qualsiasi cambio di terapia medica porta a un miglioramento della qualità di vita».
«I fattori predittivi di non aderenza alle GDMT sono risultati età, comorbilità, appartenenza a minoranze, classe NYHA III» ha specificato Senni.
Le evidenze real-world relative a sacubitril/valsartan nell’HF
Senni ha descritto inizialmente i dati di una revisione sistematica di 68 studi condotti in vari Paesi (USA, Europa e Asia). «Abbiamo arruolato più di 8.000 pazienti da piccoli e da grandi studi. I pazienti avevano caratteristiche considerevolmente differenti e questo riflette la variabilità nella popolazione del mondo reale a livello globale» ha specificato.
«Focalizzandosi sui dati riguardanti la classe III NYHA prima e dopo il trattamento con sacubitril/valsartan si è registrato un evidente miglioramento nella classe funzionale. Così come osservando la riduzione del livello del NTproBNP dal basale a dopo il trattamento con sacubitril/valsartan nella maggior parte di questi studi abbiamo rilevato una riduzione significativa di tale livello» ha affermato Senni. (Fig. 2)
Fig. 2 – Studi real world che mostrano un cambio nella classe funzionale NYHA prima e dopo sacubitril/valsartan. (Proudfott C et al. Int J Cardiol. 2021)
«C’era un’efficacia superiore di sacubitril/valsartan rispetto ad ACE-inibitori/ARB nel ridurre il rischio di ospedalizzazione per HF e di ospedalizzazione per tutte le cause, come evidenziato nel forest plot di outcome» ha proseguito. (Fig. 3)
Fig. 3 – Esiti clinici di efficacia di sacubitril/valsartan rispetto a ACE-inibitori/ARB. (Proudfott C et al. Int J Cardiol. 2021)
«In base ai dati di una meta-analisi, si è dimostrata inoltre una riduzione nella mortalità per tutte le cause in favore di sacubitril/valsartan» ha aggiunto.
Riguardo al tasso di interruzione, i valori di questi studi andavano dal 2% al 36%, ha detto Senni. Vi erano differenze nei follow-up, da 1 a 17 mesi, e i principali eventi avversi gravi erano ipotensione, iperkaliemia e peggioramento della funzione renale.
Relativamente all’angioedema, i dati del sistema di segnalazione degli eventi avversi dell’FDA hanno dimostrato chiaramente che c’era un tasso simile per sacubitril/valsartan ed enalapril. «Questo tasso era paragonabile a quello che abbiamo osservato in differenti RCT, quali PARADIGM-HF, PIONEER-HF, EVALUATE-HF (vs enalapril), PARAMOUNT e PARAGON-HF (vs valsartan)» ha specificato Senni.
Implicazioni del rimodellamento inverso nella pratica clinica
Una recente analisi post-hoc del trial PROVE-HF ha evidenziato che il 32% dei pazienti in trattamento con sacubitril/valsartan ha migliorato la frazione di eiezione di oltre il 35% a sei mesi. E tale numero è aumentato a 62% a 12 mesi. Questi dati, secondo Senni, hanno una precisa implicazione “real world” circa il rimodellamento inverso con sacubitril/valsartan.
«Questi dati ci impongono di aspettare un poco prima di decidere l’impianto di un dispositivo CRT o ICD» ha affermato Senni. «Infatti, nella pratica clinica quotidiana, vediamo pazienti che non hanno una malattia troppo avanzata. Possiamo pertanto attenderci qualche miglioramento nella frazione di eiezione e nel rimodellamento inverso del ventricolo sinistro in corso di trattamento».
«Per cui» ha proseguito «ci sono dati davvero incoraggianti dal mondo reale che ci dicono di non avere fretta, di essere meno aggressivi e attendere qualche segno di miglioramento prima di passare a dispositivi impiantabili».
I messaggi-chiave
Senni ha infine sintetizzato in quattro punti alcune “lezioni” fondamentali apprese dalla RWE.
• Esistono chiare differenze tra i pazienti con HFrEF arruolati negli RCT e quelli del mondo reale (per esempio: età, sesso, comorbilità).
• L’aderenza alla terapia medica diretta dalle linee guida (GDMT) è associate a una prognosi migliore.
• C’è un’aderenza differente tra centri cardiologici e ambulatori di medicina generale/cardiologia (extra-ospedalieri, come quelli considerati nel registro USA CHAMP-HF).
• Nel mondo reale, sacubitril/valsartan ha confermato di essere sicuro ed efficace nel migliorare gli outcome dei pazienti con HFrEF.