Farmaci equivalenti, Italia indietro rispetto all’Europa. Gap tra Nord e Sud, è ancora scarsa la conoscenza da parte della popolazione
I farmaci equivalenti sono uguali agli originali ma l’uso dei medesimi (39,6%) è al di sotto della media europea con differenze tra Nord, Centro e Sud del paese. Le motivazioni vanno indagate e le soluzioni attuate anche per fare risparmiare l’utente (1,6 miliardi) e utilizzare i risparmi per finanziare l’innovazione terapeutica. L’occasione per fare tutto questo è stato il tavolo di confronto “Il valore sociale del farmaco equivalente” della SUMMER SCHOOL 2021, organizzata da Motore Sanità.
Quello dei farmaci equivalenti è un tema di cui si parla da tempo ma da quasi 30 anni nulla o poco è cambiato. Quanto al loro uso ecco i dati. L’Italia resta decisamente indietro, ne consuma il 39,6% rispetto agli altri paesi europei come Gran Bretagna (53,2%), Germania (45,7%), Francia (45,5%), Spagna (42,3%) e anche rispetto ai farmaci di marca e poi c’è ancora poco conoscenza da parte della popolazione. Nel 2019, l’83,7% di farmaci utilizzati dal sistema sanitario italiano nella farmaceutica convenzionata sono equivalenti, di cui il 53% sono farmaci a brevetto scaduto generici branded e il 30,6% equivalenti. L’analisi dei consumi per area geografica poi, nei primi nove mesi 2019 dice che il consumo degli equivalenti di classe A è risultato concentrato al Nord (37,3% unità e 29,1% valori), rispetto al Centro (27,9%; 22,5%) ed al Sud Italia (22,4%; 18,1%).
“L’approccio all’utilizzo dei farmaci deve essere sempre di fondato sulla appropriatezza, dovere degli operatori sanitari, della industria farmaceutica e di chi fa comunicazione di settore è di trasferire agli utenti il giusto grado di consapevolezza sul eventuale rischio rispetto ai benefici quando si assume un farmaco” ha spiegato Ugo Trama, Responsabile Politiche del farmaco e dispositivi, Regione Campania -. I farmaci equivalenti in molte regioni, specie del Sud, pagano ancora lo scotto della cattiva rappresentazione rispetto al farmaco originator. È proprio in queste regioni con un basso reddito pro capite che l’utilizzo dei farmaci equivalenti possono risultare ancora più necessari, liberando risorse economiche investibili dalle persone in ambiti diversi. Le iniziative che si devono sostenere devono quindi essere scientifiche e socioculturali, rigorose nel rappresentare i dati di efficacia e di rilevazione di reazione avverse. Per tutti diventa un dovere lavorare in questa direzione, sia per il ruolo sanitario che rivestiamo sia per fare sì che venga livellato il gap ancora forte tra regioni del Nord e quelle del Sud”.
“La Puglia per raggiungere l’obiettivo, dal 2018 ad oggi ha messo in campo provvedimenti urgenti e fatto investimenti importanti e in questa grande sfida sono coinvolte anche le farmacie e ne siamo orgogliosi” ha spiegato Francesco Colasuonno, Funzionario Dipartimento Promozione della Salute, del Benessere Sociale e dello Sport per Tutti, Servizio politiche del farmaco di Regione Puglia. “L’impiego dei farmaci equivalenti permette di risparmiare e i risparmi utilizzarli per creare nuovi servizi sanitari al servizio della collettività”.
Walter Locatelli, Collegio Probiviri FIASO, già Commissario Alisa Regione Liguria ha chiuso i lavori mettendo in evidenza quanto sia importante informare adeguatamente i cittadini sul valore dei farmaci equivalenti e agire per dare un nuovo volto alla sanità di domani.
“Per fare tutto questo occorre ritrovare una fiducia reciproca tra gli attori, e il primo attore è il cittadino. Sono convinto che la prima riorganizzazione necessaria è sapersi parlare e ciascuno di noi ha un tassello per costruire questa nuova capacità di comunicazione. Per una nuova sanità occorre investire sulla conoscenza, sulla comunicazione e occorre che ognuno, dall’industria alle farmacie, raccolga il meglio di quello che si è fatto in questi due anni di pandemia, per cercare in poco tempo di dare delle risposte. Bisogna utilizzare al meglio le risorse e la qualità e la sicurezza sono il faro di questo utilizzo appropriato”.
“È interessante l’aspetto sociale del risparmio e della territorialità che creano i farmaci equivalenti, grazie proprio alla farmacia e alla medicina di base. Fino ad oggi in Italia il farmaco equivalente ha dato valore al sistema ma ancora oggi i cittadini italiani pagano un miliardo di euro di tasca propria per curarsi con farmaci originator. Dobbiamo lavorare ulteriormente per avvicinare i cittadini ai farmaci equivalenti” ha sottolineato Umberto Comberiati, Business Unit Head Teva, come riferisce la Dire (www.dire.it).