Il 9 ottobre 1963 il disastro del Vajont: le città di Longarone, di Erto e di Casso furono spazzate via da acqua e fango, le vittime furono 1917
È il 9 ottobre 1963 e, come ogni mercoledì sera, gli italiani si riuniscono davanti la televisione per la partita di Coppa dei Campioni, la “vecchia” Champions League. Ma qualcosa di drammatico avrebbe di lì a poco segnato per sempre l’Italia.
Alle ore 22.39 una frana precipita dal monte Toc nel bacino della diga del Vajont.
Il muro di cemento regge il peso massiccio del fango e dell’acqua, ma non argina l’onda che scavalca la diga. Circa 50 milioni di metri cubi di acqua si riversarono lungo i pendii del monte Toc, distruggendo le città di Longarone, di Erto e di Casso e spazzando via in 4 minuti 1917 persone.
Una devastazione umana che, 58 anni dopo, ancora è in attesa di giustizia.
Inchieste, indagini e testimonianze hanno aiutato a ricostruire la dinamica del disastro, ma la verità è ancora lontana.
Una tragedia annunciata, nascosta negli anni dietro la parola “fatalità”. La colpa umana è stata la miccia del disastro. Evitabile. Su questo oggi sono tutti d’accordo.
Si parla di interessi economici e politici, di controlli geologici superficiali, di competenze architettoniche inadeguate.
Sono passati 58 anni, spiega la Dire Giovani (www.diregiovani.it) e l’eco dell’onda della morte non è ancora svanita. Del disastro del Vajont resta in piedi solo la diga, che rimane immobile al suo posto, simbolo delle colpe dell’uomo.