Uno studio condotto dal Cnr ha sviluppato una metodologia che consente di verificare il livello di infezione di una persona affetta da Covid-19
A seguito dell’infezione da Sars-Cov-2, il virus produce due tipi di molecole di RNA:
1) un filamento di RNA di circa 30,000 nucleotidi corrispondente al genoma completo del virus;
2) una serie di molecole di RNA discontinue dette anche trascritti-sub-genomici che codificano per le proteine necessarie ad assemblare nuovi virioni e sono necessari per la replicazione del virus.
Queste molecole costituiscono dunque un indice dell’attività di replicazione virale e, indirettamente, del grado di infettività di un soggetto affetto da Covid-19. “La nuova metodologia sviluppata, basata sull’utilizzo della tecnica della “droplet digital PCR” (ddPCR) consente di conteggiare separatamente il numero di molecole di RNA genomiche e subgenomiche. I test molecolari standard attualmente utilizzati, basati invece sulla tecnica della “real time PCR” non sono in grado di discriminare tra i due tipi di RNA virali”, spiega Graziano Pesole del Cnr-Ibiom.
Dal momento che le molecole subgenomiche sono marcatori di un processo infettivo in corso, nel quale si ha proliferazione di nuove particelle virali, approcci basati su questo principio potranno essere applicati in futuro per determinare il grado di infettività di una persona, anche nel corso del tempo. “Lo studio ha mostrato che la percentuale di RNA subgenomici è correlata alla carica virale ed è anche analogamente determinabile da analisi mediante sequenziamento massivo del trascrittoma. I risultati presentati contribuiscono a comprendere meglio la dinamica dell’espressione di Sars-Cov-2 in diverse condizioni e a mettere a punto strategie diagnostiche innovative per fronteggiare la pandemia da ars-Cov-2”, conclude Pesole.
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