Malattia di Crohn: lattoferrina fecale nuovo biomarcatore


Malattia di Crohn: la lattoferrina fecale ha delle caratteristiche da indagare maggiormente che potrebbero renderla un possibile biomarcatore

Crohn e colite ulcerosa lattoferrina fecale

Una revisione sistematica pubblicata su Digestion da ricercatori italiani ha evidenziato che ad oggi non vi è un marker clinico di infiammazione non invasivo migliore della calprotectina fecale nelle persone con malattia di Crohn ma che la lattoferrina fecale ha delle caratteristiche da indagare maggiormente che potrebbero renderla un sostituto valido per questa malattia.

Il CD è una condizione cronica, recidivante e remittente che richiede il monitoraggio permanente dell’attività della malattia. In un contesto clinico, la valutazione dell’attività è di solito basato sul monitoraggio combinato di marker e sintomi infiammatori sistemici.

I marker di infiammazione sistemica non sono specifici e i sintomi sono soggettivi e correlano male con l’attività endoscopica. Così, l’ileocolonscopia rimane il gold standard per monitorare il CD, ma è spesso inutile nella malattia dell’intestino tenue. Inoltre, essendo un metodo invasivo è spesso rifiutato dai pazienti, a maggior ragione con malattia di lunga durata e in remissione clinica.

I sintomi della malattia di Crohn sono spesso aspecifici. Pertanto, i marcatori non invasivi dell’attività della malattia sono spesso impiegati per ottimizzare le procedure invasive, come colonscopia o tecniche di imaging espansive.
La necessità di marcatori di attività di malattia non invasivi è obbligatoria nella valutazione della malattia di Crohn (CD).
Il biomarcatore fecale più diffuso nella CD, nonostante diversi limiti, è la calprotectina fecale.

Questa revisione della letteratura ha lo scopo di chiarire il ruolo, se del caso, di tutti gli altri biomarcatori fecali, come strumenti alternativi per valutare l’attività clinica ed endoscopica della malattia, e predire i risultati della capsula endoscopica, la risposta alla terapia, la recidiva di malattia e quella postoperatoria.

Sono stati considerati i seguenti biomarcatori fecali: lattoferrina, S100A12, neopterina, elastasi neutrofila polimorfonucleata, emoglobina fecale, alfa1-antitripsina, lisozima, beta-defensina-2 umana, lipocalina associata alla gelatinasi dei neutrofili, metalloproteinasi-9 della matrice, chitinasi 3-like-1, M2-piruvato chinasi, mieloperossidasi e proteine ​​eosinofile.

Fino ad aprile 2020 è stata eseguita una ricerca elettronica sistematica nella letteratura; i dati sono stati raggruppati in base alla valutazione dell’attività clinica ed endoscopica della malattia, ai risultati dell’endoscopia capsulare, alla risposta alla terapia, alla previsione della recidiva e alla recidiva postoperatoria.

È stato osservato che la correlazione complessiva tra lattoferrina e indici clinici è scarsa, mentre le prestazioni sono buone con i punteggi endoscopici.
La lattoferrina sembra rappresentare un marker surrogato ragionevolmente buono di risposta alla terapia e per essere potenzialmente utile nell’identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva endoscopica o recidiva postoperatoria.

Questa proteina, simile ad altri biomarcatori fecali utilizzati in IBD, è un componente importante dei granuli secondari dei neutrofili e corrisponde al numero di neutrofili durante l’infiammazione intestinale. A differenza della calprotectina fecale (FC), presente anche nel citosol dei monociti, la lattoferrina fecale (FL) non è prodotta da altre cellule ematopoietiche.

Al contrario, FL è secreto in una certa misura dalle cellule epiteliali della mucosa, che rappresentano una fonte minore, non infiammatoria, di questa proteina.
Poiché FL dipende principalmente da infiammazione mediata dai neutrofili, riflette gli stessi meccanismi biologici come l’FC.
Calprotectina fecale e FL sono entrambi marcatori di infiammazione acuta e questa potrebbe essere una spiegazione per le prestazioni simili di queste proteine.

Inoltre, derivando principalmente dai neutrofili, FL non consente l’indagine di diversi aspetti relativi alle lesioni delle IBD, come il danno epiteliale. Anche sotto questo aspetto la lattoferrina fecale non offre vantaggi significativi rispetto all’ FC.
La valutazione delle prestazioni di tutti gli altri marcatori fecali è stata limitata dalla mancanza di dati adeguati. In conclusione, nessuno dei marcatori fecali finora rappresenta un’alternativa accettabile alla calprotectina nella pratica clinica. La lattoferrina fecale è l’unica possibile eccezione, ma è necessaria un’indagine più ampia.

Riferimenti

Filippo Vernia et al., Fecal Lactoferrin and Other Putative Fecal Biomarkers in Crohn’s Disease: Do They Still Have a Potential Clinical Role? Digestion. 2021 Sep 8;1-12. doi: 10.1159/000518419. Online ahead of print. leggi