Un team di ricercatori guidato dal Southwest Research Institute ha ottenuto informazioni sulla sottile atmosfera di Plutone, che sta iniziando a scomparire
La notte del 15 agosto 2018 sopra le nostre teste si è verificato un fenomeno astronomico abbastanza raro: il transito del pianeta nano Plutone davanti a una debole stella. Un evento che Eliot Young, primo ricercatore al Southwest Research Institute (SwRI), in Texas, e il suo team di ricerca non si è fatto sfuggire, osservandolo con numerosi telescopi sparsi negli Stati Uniti e in Messico.
Il motivo di tanto interesse è semplice: grazie a queste occultazioni stellari, è possibile ottenere informazioni sull’atmosfera di un corpo celeste. E se il corpo celeste in questione è Plutone, l’unico fra gli oggetti transnettuniani a essere circondato da una sottile atmosfera, l’interesse diventa ancora maggiore.
Come si ottengono queste informazioni? Quando avviene l’occultazione di una stella da parte di un oggetto celeste privo di atmosfera, la luce stellare si attenua man mano che esso la attraversa, per poi incrementare nuovamente una volta terminato il transito. Quando invece a occultare una stella è un corpo con un’atmosfera, la luce della stella viene rifratta dal gas che la compone, permettendo di derivare, tra le altre cose, informazioni sulla densità e sulla pressione atmosferica. In una tipica curva di luce di una stella occultata, ciò è visibile come un picco centrale nella luminosità (gli astronomi lo chiamano central flash) che dà alla curva una forma a W, molto diversa dalla forma a U di un oggetto privo di atmosfera.
Ma torniamo al transito di Plutone del 2018. Osservando con diversi telescopi da Terra questo evento, Young e il suoi colleghi hanno ottenuto dati che indicano che l’atmosfera di azoto, metano, monossido di carbonio e ossigeno di Plutone sta cominciando a scomparire. Un risultato – presentato al 53mo meeting annuale dell’American Astronomical Society Division for Planetary Sciences – che è in contraddizione con le precedenti osservazioni condotte dalla sonda della Nasa New Horizons.
«Gli scienziati hanno utilizzato le occultazioni per monitorare i cambiamenti nell’atmosfera di Plutone dal 1988», sottolinea Young. «Con il sorvolo del 2015, la missione New Horizons ha ottenuto un eccellente profilo di densità del pianeta nano, coerente con il raddoppio dell’atmosfera ogni decennio. Le nostre osservazioni del 2018 non mostrano che questa tendenza stia continuando dal 2015».
Come è possibile spiegare questo cambiamento di tendenza?
Plutone impiega 248 anni per completare un’orbita attorno al Sole. La sua distanza dal Sole varia da circa 30 unità astronomiche al perielio, il punto più vicino, a 50 unità astronomiche all’afelio, quello più distante. Tenendo conto del fatto che nell’ultimo quarto di secolo Plutone ha ricevuto sempre meno luce solare avviandosi verso all’afelio, e considerando che fino al 2018 la pressione superficiale e la densità atmosferica del pianetino hanno continuato ad aumentare, secondo gli scienziati la causa di questa inversione di tendenza potrebbe essere dovuta all’inerzia termica, una proprietà fisica che misura la capacità di un materiale di trattenere calore nel tempo e rilasciarlo nell’ambiente in un momento successivo.
«Analogamente accade con il Sole che riscalda la sabbia su una spiaggia», afferma Leslie Young, scienziata dello SwRI, specializzata nella modellazione dell’interazione tra le superfici e le atmosfere dei corpi ghiacciati nel Sistema solare esterno. «La luce del Sole è più intensa a mezzogiorno, ma la sabbia continua ad assorbire il calore nel corso del pomeriggio, quindi è più caldo nel tardo pomeriggio. La persistenza dell’atmosfera di Plutone suggerisce che i serbatoi di ghiaccio di azoto sulla superficie di Plutone fossero mantenuti caldi dal calore immagazzinato sotto la superficie. I nuovi dati suggeriscono che stanno iniziando a raffreddarsi».
Secondo questa ipotesi, lungo la sua orbita verso l’afelio l’atmosfera di Plutone sarebbe stata mantenuta dal calore immagazzinato dalla superficie del pianeta al perielio. Questo calore, rilasciato lentamente, avrebbe prodotto la sublimazione del ghiaccio superficiale. Dal 2018 in poi, l’esaurimento dell’energia immagazzinata potrebbe aver interrotto il processo, causando la progressiva condensazione del gas sulla superficie del pianeta nano e dunque il diradamento dell’atmosfera.
FONTE: INAF