Il Corriere Nazionale ricorda Stefano Bartalini


Dal pionierismo tecnologico al censimento, studio e protezione delle Pievi Romaniche in Toscana e non solo: il nostro ricordo di Stefano Bartalini

stefano bartalini pievi toscane

Il Corriere Nazionale vuole ricordare oggi una persona che è stata importante per la sua esistenza e che è prematuramente scomparsa. Al di là della sua esperienza editoriale, Stefano Bartalini, lascia in eredità agli amici una passione che ha trasformato in progetto organico.

Geologo con forti propensioni all’informatica e alla sistemistica di rete, Stefano che ha vissuto gli ultimi suoi anni nella Valdera a Vico Pisano, ha occupato tutto il suo tempo libero con la moglie Maria Tamberi a censire le pieve romaniche della Toscana – centinaia -, ad addentrarsi nella complessità dei loro fregi che racchiudevano al tempo stesso simbolismi religiosi e credenze pagane e ha creato un gruppo salito nel tempo a circa ventimila followers che informa tuttora su aperture straordinarie, tempi di visita, accessi ed è finalizzato ad aggiungere una tutela popolare su questi monumenti misconosciuti la cui esistenza risale al X-XIII secolo.

Leggiamo la genesi su La “Toscana delle Pievi” (ED. Dell’Acero): “Nell’alto medioevo, al tempo in cui le massicce incursioni dei barbari avevano determinato lo spopolamento delle città sorte nell’antichità romana, la popolazione della penisola viveva sparsa per le campagne stretta attorno a piccoli agglomerati muniti di rudimentali fortificazioni. IL tessuto connettivo del territorio era costituito proprio dalle pievi, cioè quegli edifici religiosi sorti spesso su antichi luoghi di culto pagani, che facevano capo a un territorio più o meno esteso, il pivere. La Toscana è la “capitale” delle pievi”.

Di Stefano Bartalini parliamo con Duccio Rugani, primo direttore di questa testata…

“Sai David, la scomparsa di Stefano è avvenuta troppo presto e le tue domande mi riportano al 1993. Esisteva a quel tempo un progetto di editoria importante, esteso da Brescia a Civitavecchia che faceva capo a un imprenditore edile di Ancona che si chiamava Longarini. Una vicenda giudiziaria determinò prima la paralisi di tutte le sue aziende e poi la chiusura dei giornali. Ero allora un giornalista di quel gruppo e con i colleghi di allora, tutti di belle speranze e piuttosto incoscienti, decidemmo di dar vita a un quotidiano che contribuisse nella nostra città, Siena, a ricostituire quel pluralismo che era venuto meno. Il più era di dotarsi di strumenti che ci consentissero di andare in stampa con tempi certi, in altre parole un sistema editoriale”.

Mi stai parlando di un investimento che andava oltre le vostre capacità, quindi?

“Ti sto parlando di questo. Il Corriere Nazionale che a quel tempo si chiamava Il Cittadino di Siena e Provincia nacque il 3 agosto inventandosi qualcosa di incredibile. Oggi come allora bisognerebbe lasciar spazio agli under 30 che hanno dalla loro la voglia di provare e l’incoscienza di farlo. Ero stato nel grande gruppo Longarini membro della commissione di verifica dei sistemi Ibm e Sperry e conoscevo le specifiche di realizzazione, inoltre avevo frequentato gli studi di grafica che avevano in uso programmi di avanguardia nel DTP, cioè le prime versioni di Adobe Photoshop e un programma che si chiamava XPress della Quark. Stefano, che era stato mio compagno di banco al liceo, aveva preso una strada diversa e si prestò ad aiutarmi con le sue conoscenze. Usammo le macro di Word per scrivere e titolare, potenziammo l’intelligenza di Xpress per fargli riconoscere i pezzi completati e accoglierli nell’impaginato, rimaneva solo il più, cioè far dialogare più postazioni nello stesso ambiente di lavoro che fossero allo stesso tempo server e ambiente lavoro e gestire la coda di stampa su Calcomp per arrivare all’impressione su pergamino che era la pellicola che poi potevamo inviare in tipografia per la stampa. Stefano fu il coordinatore di tutto questo e con lui condivisi l’espressione incredula di un dirigente di Engineering che ci proponeva prodotti alternativi e che fu costretto a prendere atto che cinque-sei giornalisti erano riusciti a produrre con continuità un quotidiano di 32 pagine con un costo infinitesimale rispetto alle offerte di mercato. Vorrei ricordare a chi ci legge ora che Internet non c’era e che le dieci postazioni che mettemmo in rete avevano una potenza che oggi un solo smartphone ha cinquanta o cento volte di più”.

stefano bartalini

Ah, ma allora c’è dietro una storia pionieristica di intelligenza e innovazione nel “Cittadino” oggi “Corriere Nazionale”?

“C’è una storia di coraggio e di tentativi. Molti fallimenti, alcune cose che sono diventate realtà, tanti professionisti che devono oggi a quel laboratorio di idee la loro formazione attuale. Vedi David, la nostra professione è davvero bellissima, ma molto diverso è lavorare nelle grandi testate o aver vissuto una vita nelle piccole, dove l’incertezza e la precarietà sono dominanti. Continuare a queste condizioni richiede tanta passione e sapere che il lavoro che tutti compiamo non avrà mai i riconoscimenti che meriterebbe. Oggi che un buon settanta per cento degli iscritti all’Ordine possono dirsi diversamente occupati, che si accede alla professione solo con un po’ di costanza, ma raramente con la possibilità di incontrare veri maestri nel percorso, ne soffre una funzione che è davvero importante nella nostra democrazia. Nostra funzione è riportare informazioni vere che ciascuno può utilizzare per scegliere il miglior futuro per se stesso. Ma l’informazione è cambiata – troppo costosa – e quindi l’attualità è fatta di comunicazione e polarismo con la conseguenza di rallentare i percorsi di autocoscienza. Quando vuoi ne riparliamo”.

Cosa possiamo fare oggi per ricordare Stefano Bartalini, questo incredibile amico ingegnoso?

“Stefano purtroppo se ne è andato prima che potessi incontrarlo di nuovo. Il mestiere di giornalista è a mio parere perennemente con la valigia in mano e da allora molto ho girovagato. Quando ho espresso il mio cordoglio alla moglie Maria, lei mi ha suggerito che in sua memoria potevano essere aiutati a progredire gli attuali conduttori dell’opera a cui teneva di più volta al censimento, allo studio e alle protezione delle Pievi Romaniche in Toscana e non solo. Devo dire di esser stupefatto dal numero di siti, dispersi soprattutto nelle campagne toscane in zone anche impervie. A questa passione, Stefano ci è arrivato folgorato da un libro sui simbolismi delle Pievi, titolato “Il Serpente e la Sirena– Il sacro enigma nelle pievi toscane” (Silvio Bernardini ed. DonChisciotte, 2005). Per ora ho contribuito come sta nelle mie corde, cioè scrivendo un piccolo ricordo – https://sienapost.it/rubriche/stefano-il-cacciatore-di-pievi/ -e conoscendo gli attuali conduttori che si sono avvicinati a Stefano, negli anni in cui la malattia degenerativa che ce l’ha sottratto si faceva strada. Parlo soprattutto di Stefano Mori, attuale custode della Pieve di San Pietro a Cedda che anima la pagina facebook – https://www.facebook.com/PieviRomanicheDellaToscanaEOltre/ – e il sito – https://pieviromanichedellatoscanaeoltre.wordpress.com/info/ -. Lascerei all’immaginazione e alla passione di chi conoscerà queste storie i successivi passaggi da compiere”.

Che cosa si propone questo gruppo di appassionati?

“Cito testualmente Stefano Mori: “Certi beni, come le antiche pievi, si salvaguardano anche rendendoli accessibili e conosciuti al pubblico. Stefano (Bartalini, ndr) ha involontariamente messo in moto una macchina che tutt’oggi funziona perfettamente e di cui siamo tutti molto contenti. Rispecchia ciò che siamo e porta avanti quel sapore di buono e genuino che c’è nello scoprire le bellezze meno conosciute della nostra regione”. Mi sembra che sia già un bel programma e appassionati di altre regioni potrebbero fare altrettanto sul loro esempio”.