Da 159 anni il Club Alpino Italiano ha eletto solo presidenti uomini: la sfida di Lorella Franceschini, prima donna a correre per la presidenza
L’amore per la montagna lo porta dentro da sempre e scalare le vette per passione è il suo pane quotidiano. Ora, dopo quella storica conquistata nel 2017, ha deciso di salire ancora più in alto. E’ Lorella Franceschini, emiliana di Correggio, in provincia di Reggio Emilia, che quattro anni fa è stata eletta vicepresidente del Club alpino italiano (Cai), prima donna a riuscirci in 159 anni di storia dell’organizzazione.
A maggio dell’anno prossimo Franceschini, 59 anni, proverà a raggiungere un altro primato: interrompere la serie ininterrotta dei 48 presidenti uomini che si sono alternati alla guida del Cai dalla sua fondazione. Il testimone dal presidente generale uscente Vincenzo Torti (non più rieleggibile dopo un secondo mandato triennale) se lo contende al momento con il suo collega Antonio Montani -un altro dei tre vicepresidenti del Club alpino- che ha deciso anche lui di scendere in lizza.
Nel programma della reggiana un approccio anche turistico alla montagna che sia ‘consapevole, rispettoso e sostenibile’, cioè ‘limitato e non di massa’ e non improntato ad una ‘brutta copia del vivere in città’.
L’assemblea generale dei delegati del Cai -pandemia permettendo- si svolgerà in presenza nell’ultimo fine settimana di maggio 2022 a Bormio, Comune lombardo in provincia di Sondrio. Parteciperanno dai 600 agli 800 delegati delle 510 sezioni del club, in rappresentanza di più di 300.000 soci (nel 2019 prima della pandemia erano 327.000) di tutta Italia, di cui il 40% donne.
Racconta Franceschini alla Dire: “Sono sempre stata appassionata della montagna. Fin da bambina la frequentavo con i miei genitori che hanno da sempre una casa sull’appennino reggiano. Quando sono cresciuta ho iniziato a frequentare le Dolomiti, prima come escursionista e poi come alpinista. Ho iniziato con le ferrate, in seguito mi sono avvicinata all’alpinismo e di conseguenza ad una sezione Cai“.
Inizialmente, confessa la reggiana, “ho fatto un corso solo per avere l’assicurazione, senza ancora avere ben presente tutto quello che c’era dietro la parola ‘Cai’. Cominciando a frequentarlo sono diventata istruttrice, prima di sezione, poi regionale e poi nazionale di alpinismo, tenendo e poi dirigendo dei corsi, avendo allievi e frequentando la mia sezione. Così mi sono resa conto di quale immenso patrimonio umano, di tradizione e di valori c’è nel Cai“.
Il suo impegno Franceschini lo concilia con la vita lavorativa perché, puntualizza, “come istruttori nazionali -io ho dato un esame specifico per diventarlo- dal punto di vista giuridico legale siamo parificati alle guide alpine, ma non possiamo esercitare la nostra attività a titolo oneroso, ma solo nei confronti de nostri soci. Quindi possiamo fare i corsi all’interno delle scuole di alpinismo del Cai e a titolo completamente gratuito, salvo il rimborso spese”.
Come su una montagna Franceschini ha poi puntato alla cima: “Nel corso degli anni mi sono avvicinata sempre di più agli aspetti più prettamente gestionali del Club alpino, occupandomi non solo di escursioni e gite alpinistiche, ma anche di attività organizzativa. Quindi prima sono diventata consigliere centrale per un paio d’anni e poi mi sono candidata alla carica di vicepresidente centrale e mi hanno eletta con un mandato che scadrebbe nel 2022 (sarebbe prorogabile per altre tre anni, ndr)”.
Invece “per una serie di circostanze ho preso la decisione di candidarmi alla presidenza generale”. Una presidente donna, dice la candidata, “sarebbe una novità come lo è stato quella di una vicepresidente. Il Cai è stato fondato nel 1863 ci sono stati 48 presidenti e neanche una donna. Io credo che le donne, per un retaggio di educazione secolare e di pregiudizi duri a morire siano sempre quelle da secondo posto, relegate ad un ruolo ancillare, stanno sempre dietro”. Ma “io mi sento pronta alla carica di presidente generale e credo che sia anche dovuto, per tutte le donne che sono nel Cai, perlomeno provarci, poi vedremo come va”.
Parlando del suo mandato alla vicepresidenza Franceschini è molto soddisfatta: “Mi sono trovata molto bene. L’attuale presidente generale ha tutta la mia stima: sono stati anni di grande lavoro, di grande attività e anche di rinnovamento”. Infatti “consideriamo che il Cai centrale è un ente pubblico con tutte le problematiche che ne conseguono. La sede centrale di Milano, ad esempio, ha dei tempi di risposta alle necessità del territorio a volte un po’ lunghi e c’è una mole di burocrazia quasi ‘da ministero’ da rispettare che porta ogni tanto a qualche problema anche nei confronti del territorio che non sempre comprende queste difficoltà. Con questo presidente, devo dire che sono state risolte molte questioni che erano in ballo da tanto tempo e sono state fatte delle azioni anche molto importanti”.
Ad esempio “la riscoperta del sentiero ‘Sentiero Italia Cai’ che abbiamo rispolverato, risistemato e rimesso a posto, ritracciato e segnalato: sono 7.200 chilometri di sentieri che ne fanno il trekking più lungo del mondo, da Santa Teresa di Gallura attraverso tutta la catena appenninica e alpina fino a Trieste“. Un’impresa “davvero titanica resa possibile dalla collaborazione di tutti i nostri soci sul territorio”.
Ad Amatrice, dopo il terremoto, “abbiamo raccolto dei fondi e la ‘casa della montagna’ del Cai è stato il primo edificio pubblico ad essere costruito”. Inoltre, continua Fransceschini, “abbiamo potenziato attività a livello sociale molto importanti come la ‘montagna terapia’, collaboriamo con numerosi enti sanitari per accompagnare in montagna persone con disagi psichici o sociali anche gravi, perché ritrovino una serenità e possano superare momenti difficili”. Insomma “una serie di attività che questa presidenza ha sviluppato e favorito”.
In occasione della pandemia il Cai non ha fatto mancare il suo impegno: “Abbiamo donato oltre 500.000 euro ad Anpas (associazione nazionale pubbliche assistenze) diretta dal professor Pregliasco con cui sono state acquistate 53 auto ‘Panda’ che Anpas sta utilizzando sul territorio per raggiungere le località più disagiate nelle aree montane e poter prestare aiuto e assistenza a chi è molto lontano dai centri urbani”.
A tutto questo si aggiunge la consueta attività di formazione, prevenzione infortuni, cultura della montagna e protezione ambientale che il Cai porta avanti da sempre con le sue sezioni. Alle aree montane strette fra lo spopolamento da un lato e lo snaturamento dall’altro, serve per Franceschini “una rivoluzione di tipo culturale che forse è responsabilità del Cai portare avanti. Nel senso che forse l’approccio avuto negli ultimi anni nelle aree montane è stato quello di portare il modello urbano nelle terre alte. Niente di più sbagliato perché le terre alte sono diverse dalle città e se si porta il modello urbano in montagna se ne snatura la vocazione e si perde quello che è il significato vero dell’andare in montagna”.
Per contrastare l’abbandono di passi e valli “servono sicuramente infrastrutture: scuole, ospedali, strade, banda larga e tutto quello che serve per rendere il vivere in montagna sostenibile”. Ma “tutto questo deve essere accompagnato da un turismo consapevole e non concentrato in poche aree”.
Prosegue Fransceschini: “Penso che tutti quest’anno abbiamo visto le folle che hanno assalito le Dolomiti e i passi dolomitici rendendo praticamente inaccettabile il turismo alle stesse popolazioni locali”. E’ un errore, poi, anche “tempestare le montagne di impianti di risalita quando ce ne sono già tantissimi, quando la neve non cade più o non dura più sotto i 2000 metri e quindi è inutile fare impianti di risalita che poi non vengono utilizzati. In Italia ce ne sono 300 completamente abbandonati“.
Pertanto “dobbiamo orientarci su un tipo di turismo più consapevole che rivaluti il Sud le Prealpi che possono diventare davvero dei paradisi dell’escursionismo e tutto questo deve essere assolutamente favorito, senza concentrarsi solo in quelle quattro valli super popolate piene di bar e di cinema, che sono cioè delle brutte copie della vita in città”.
Se sarà eletta presidente del Cai Franceschini si concentrerà soprattutto sull’aspetto ambientale del vivere la montagna. Inteso però “in senso ampio, cioè non solo come difesa e tutela dell’ambiente, ma anche come una forma di frequentazione consapevole, rispettosa e sostenibile. E intendo anche frequentazione limitata perchè le montagne sono un ambiente fragile, molte aree sono antropizzate e altre no, ma sono comunque ambienti fragili che soccombono di fronte ad una iper frequentazione”.
Nei visitatori, quindi “deve assolutamente entrare l’idea di un approccio sostenibile nei confronti di un ambiente delicato. Il turismo di massa non va bene“. Conclude Lorella Franceschini, come spiega la Dire (www.dire.it): “Certe spinte a costruire rifugi che sono pù che altro hotel d’alta quota, oppure piste da sci completamente piallate su neve finta, o biciclette elettriche che rendono facile il difficile, secondo me rappresentano il primo gradino della discesa verso un’utilizzazione della montagna che è prevalentemente ludica e di conseguenza banalizzante. E questo, dal mio punto di vista, non può essere’.