Polmoniti comunitarie: nuovi studi hanno documentato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con lefamulina rispetto a moxifloxacina
I risultati di un’analisi in pool dei dati degli studi registrativi LEAP-1 e LEAP-2, presentati nel corso del meeting annuale CHEST, hanno documentato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con lefamulina rispetto a moxifloxacina in pazienti con polmoniti comunitarie uni- e multilobari, suffragando ulteriormente l’impiego futuro di questa molecola come alternativa ai fluorochinoloni per trattare queste affezioni respiratorie nei pazienti con polmoniti multilobari, a rischio o potenzialmente a rischio di polmoniti severe.
Razionale, obiettivi e disegno dell’analisi
“Vari studi hanno mostrato che le polmoniti con inflitrati multilobari si associano alla riduzione di alcuni outcome clinici, come la mortalità elevata – scrivono i ricercatori nell’abstract di presentazione del lavoro”.
Lefamulina, è un antibiotico appartenente alla classe delle pleuromutiline, derivati semisintetici di un prodotto di fermentazione di un fungo commestibile, il Pleurotus passeckerianus. Attualmente, è il primo esponente di questa classe di antibiotici ad essere stato approvato, sia in formulazione endovena che orale, per l’impiego in pazienti adulti con polmoniti comunitarie sulla base dei risultati di due studi di non-inferiorità di fase 3 rispetto a moxifloxacina.
Per studiare l’efficacia e la sicurezza di lefamulina in pazienti con polmoniti batteriche acquisite in comunità e a rischio o potenzialmente a rischio di polmoniti severe, i ricercatori hanno analizzato i dati in pool dei trial LEAP-1 e LEAP-2 sulla base della presenza di infiltrati unilobari vs. infiltrati mutilobari.
Nello studio LEAP-1, 551 adulti con punteggio PORT di gravità di polmonite compreso tra le classi III e V erano stati randomizzati a trattamento endovena con lefamulina 150 mg ogni 12 ore (da 5 a 7 giorni) o a moxifloxacina 400 mg ogni 24 ore per 7 giorni, con la possibile opzione di switch terapeutico del farmaco dalla formulazione endovena a quella per os.
Nello studio LEAP-2, invece, 738 adulti con punteggio PORT di gravità di polmonite compreso tra le classi II e IV erano stati randomizzati a trattamento per os con lefamulina 600 mg ogni 12 ore per 5 giorni o a trattamento con moxifloxacina 400 mg ogni 24 ore per 7 giorni.
Per l’analisi post-hoc in questione, i ricercatori hanno valutato gli outcome di efficacia sulla base degli endpoint primari della risposta clinica precoce e della valutazione fatta dai ricercatori della risposta clinica al test di guarigione. Gli endpoint sono stati valutati in tutti i pazienti randomizzati con almeno un agente patogeno al basale.
Tra i pazienti randomizzati a lefamulina o moxifloxacina, il 69% presentava infiltrati unilobari mentre il 31% aveva infiltrati multilobari.
I pazienti con polmoniti multilobari erano, rispetto a quelli con polmoniti unilobari, più frequentemente in età più avanzata (>65 anni), con una severità di polmonite maggiore (punteggio PORT IV-V) e con una storia pregressa di asma, Bpco o fumo. Lo Streptococcus pneumoniae era il patogeno più frequentemente individuato in questi pazienti, al basale.
Risultati principali
Sia i pazienti randomizzati a trattamento con lefamulina che quelli randomizzati a trattamento con moxifloxacina hanno mostrato tassi di successo simili, in termini di risposta clinica precoce. In quelli con infiltrati unilobari, la risposta clinica precoce è stata pari al 92% nel gruppo lefamulina e al 94% nel gruppo moxifloxacina.
Nei pazienti con infiltrati multilobari, invece, la risposta clinica precoce è stata, rispettivamente, pari all’85% e al 90%.
Anche la valutazione fatta dai ricercatori della risposta clinica è risultata simile nei due gruppi di trattamento. In quelli con infiltrati unilobari, il tasso di risposta clinica è stato pari all’86% nel gruppo lefamulina e all’89% nel gruppo moxifloxacina (77% e 80%, rispettivamente, nei pazienti sottoposti ai due trattamenti con infiltrati multilobari).
Gli eventi avversi emergenti a seguito del trattamento di più frequente riscontro sono stati quelli legati all’apparato gastrointestinale. Anche in questo caso si sono avuti dati sovrapponibili, sia in base al trattamento che alla tipologia degli infiltrati.
Riassumendo
Tali dati, concludono i ricercatori, dovrebbero essere presi in considerazione nelle future raccomandazioni di trattamento, collocando lefamulina come alternativa ai fluorochinoloni ove necessario.