In crescita gli ettari coltivati a soia in Italia, ma la produzione di quest’anno si è ridotta di circa 100mila tonnellate e si dovrà ricorrere alle importazioni
Aumentano del 10% gli ettari coltivati a soia in Italia, ma la produzione di quest’anno si è ridotta di circa 100mila tonnellate rispetto alla scorsa campagna. Questi i numeri diffusi dai Consorzi Agrari d’Italia (Cai) che hanno diramato i dati della trebbiatura ormai giunta a conclusione nelle zone più produttive d’Italia.
Nel 2021 le superfici destinate a soia sono salite a oltre quota 350.000 ettari, con un incremento deciso quindi rispetto ai quasi 320.000 ettari dello scorso anno. L’aumento dei campi coltivati ha parzialmente compensato le rese molto basse che hanno portato la produzione a fermarsi a circa 1 milione di tonnellate di soia, in diminuzione del -5% rispetto al 2020.
I prezzi, in media con gli altri cereali, sono in deciso rialzo (+54%), con l’ultima quotazione alla Borsa Merci di Bologna che si attesta intorno ai 595 euro per tonnellata, ben al di sopra perciò dei 385 euro per tonnellata registrati lo scorso anno. Per coprire il fabbisogno nazionale, anche quest’anno il nostro Paese sarà costretto a importare specialmente semi e farine dall’estero, per un totale di almeno 3 milioni di tonnellate di prodotto.
Secondo Consorzi Agrari d’Italia circa l’80% della soia in Italia viene destinato alla produzione di olio e di farine particolarmente indicate per l’alimentazione animale, mentre il restante 20% viene impiegato per uso alimentare, cioè bevande, tofu ed altro.
Preoccupante anche il rincaro che si sta registrando per le materie prime destinate alla produzione di pane e pasta. E il consumatore già paga questi aumenti: un euro al chilo per il pane e la pasta artigianale e a cinquanta centesimi per la pasta industriale.
Il costo medio del frumento è mediamente salito del 35% a causa del calo della produzione mondiale nel 2021 di 33,1 milioni di tonnellate. CNA propone un’azione di vigilanza sui prezzi all’ingrosso per evitare operazioni speculative sulle materie prime ed auspica un “Tavolo grano” presso il Ministero delle politiche agricole per valorizzare i prodotti cerealicoli dal campo alla tavola, unendo i produttori agricoli, le aziende molitorie, i pastifici e le imprese della panificazione.