Presente e futuro della Riproduzione Assistita: sicurezza nella selezione degli embrioni e impatto del COVID-19 sui trattamenti di PMA
Si è da poco conclusa la 77ª edizione del Congresso ASRM, American Society for Reproductive Medicine, uno dei più importanti convegni internazionali sulla Procreazione Medicalmente Assistita. Anche questa edizione si è tenuta in versione virtuale a causa della situazione sanitaria. Così, ricercatori e specialisti in Medicina Riproduttiva si sono incontrati online per condividere le ultime scoperte in questo settore.
Quest’anno IVI ha presentato quasi 70 studi, tutti mirati a garantire una maggiore sicurezza e le migliori garanzie alle coppie che si affidano ad IVI per ottenere una gravidanza.
“Sono molte le linee di ricerca cui dedichiamo il nostro lavoro quotidiano, ma la premessa è sempre quella di offrire risultati eccellenti ai nostri pazienti e migliorare il più possibile le loro esperienze”, ha affermato Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma. “In particolare, la nostra priorità è fare in modo che le coppie riescano ad ottenere la gravidanza nel minor tempo possibile e con le massime garanzie di successo, per questo curiamo ogni fase del processo. Il tenace impegno con cui portiamo avanti la ricerca e la nostra partecipazione a congressi di riferimento, come questo, ci permettono di continuare ad essere in prima linea in questo settore dalla continua evoluzione”.
Diagnosi preimpianto per anomalie cromosomiche (PGT-A) e ruolo dell’embriologo: elementi chiave per il successo dei trattamenti di PMA
Il ruolo dell’embriologo è fondamentale nei trattamenti di riproduzione assistita, dal momento che si occupa della selezione dell’embrione per il transfer. Fino ad oggi non era mai stato analizzato se i sistemi di classificazione morfologica, o altri metodi utilizzati dagli embriologi, aiutassero a selezionare embrioni euploidi (contenenti 46 cromosomi normali) con una probabilità maggiore rispetto a quelli aneuploidi (con uno squilibrio nella dotazione cromosomica).
Pienamente consapevole dell’importanza di questa fase del procedimento, IVI ha studiato come questi sistemi di classificazione morfologica, utilizzati all’interno del laboratorio di embriologia, selezionino preferenzialmente gli embrioni euploidi.
“Su un totale di 156 trasferimenti di singoli embrioni (SET), 129 erano euploidi, selezionati da embriologi che non hanno visionato i risultati della biopsia embrionale e del successivo PGT-A (test genetico preimpianto eseguito sull’embrione) per determinare la tipologia dell’embrione. Questo risultato dimostra l’abilità degli embriologi nel selezionare gli embrioni euploidi da trasferire nell’utero materno, secondo la classificazione morfologica”, ha spiegato il dottor Garrido, Direttore della Fondazione IVI.
Un altro studio presentato all’ASRM è nato con l’obiettivo di determinare l’origine degli errori cromosomici negli embrioni e il modo in cui tali anomalie possano alterare l’interpretazione dei risultati dei test PGT-A sull’embrione.
“Il risultato riscontrato inizialmente, circa la natura euploide o aneuploide dell’embrione, nella quasi totalità dei casi è riconfermato nell’embrione stesso, dimostrando come gli errori meiotici – che avvengono durante la divisione cellulare – interessino l’intero embrione. Ne deriva che il tasso di discrepanza del 2%, osservato in queste analisi, è coerente con il tasso delle variazioni genetiche nella popolazione generale; quindi, la combinazione di una piattaforma analitica affidabile e i nuovi progressi nella comprensione della biologia degli errori embrionari, dovrebbe aumentare la fiducia nei risultati delle analisi PGT-A” ha affermato il dottor Garrido.
Gli studi confermano che i trattamenti di fecondazione assistita sono sicuri dopo il COVID-19
Il COVID-19 continua ad essere un argomento di primario interesse. A tal proposito, IVI ha presentato all’ASRM di quest’anno i risultati dei trattamenti di PMA su coppie di pazienti che hanno fatto ricorso alla medicina riproduttiva dopo aver superato l’infezione da COVID-19.
“Quel che è certo è che, in una popolazione infertile, una diagnosi recente di COVID-19 non ha un impatto negativo sull’esito della gravidanza rispetto a una popolazione di controllo. Lo studio deve essere ampliato a un campione più ampio, ma ci aiuta comunque a rassicurare i pazienti che si chiedono se è sicuro intraprendere percorsi di fecondazione assistita dopo aver contratto il Coronavirus, esortandoli a non ritardare l’inizio del trattamento una volta superata la malattia” ha concluso il dottor Garrido.