L’alendronato, un farmaco contro l’osteoporosi, può prevenire il diabete di tipo 2 secondo i risultati di una ricerca danese presentati al congresso EASD
Il trattamento con un comune farmaco per l’osteoporosi, l’alendronato, potrebbe aiutare a prevenire il diabete il diabete di tipo 2, secondo i risultati di una ricerca danese presentati al congresso European Association for the Study of Diabetes (EASD) 2021.
Lo studio caso-controllo basato sulla popolazione ha utilizzato i dati del National Danish Patient Registry. Sono stati inclusi un totale di quasi 164mila adulti con diabete di tipo 2, a cui la malattia è stata diagnosticata tra il 2008 e il 2018, escludendo i soggetti affetti da diabete di tipo 1. La presenza di diabete è stata identificata utilizzando il codice ICD-10 e le prescrizioni di farmaci tramite il codice ATC di un agente ipoglicemizzante nell’Health Service Prescription Registry.
I pazienti con diabete di tipo 2 sono stati quindi abbinati in un rapporto 3:1 basato su età e sesso, per un totale di oltre 490mila soggetti di controllo abbinati. Circa il 55% della coorte era di sesso maschile e l’età media era di 67 anni.
Rispetto ai controlli appaiati, gli adulti con diabete di tipo 2 avevano maggiori probabilità di essere forti fumatori, di abusare di alcol, di soffrire di obesità, pancreatite, ipertiroidismo o ipotiroidismo e di usare glucocorticoidi, oltre ad avere un punteggio medio più alto nel Charlson Comorbidity Index.
Minore rischio di diabete di tipo 2 con alendronato
Gli adulti trattati con il bifosfonato alendronato in qualsiasi momento della loro vita avevano una probabilità del 36% inferiore di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a quanti non avevano mai assunto il farmaco (OR aggiustato 0,64), ha riferito il primo autore Rikke Viggers, dell’ospedale universitario di Aalborg in Danimarca.
Inoltre l’assunzione prolungata di alendronato sembrava aumentare ulteriormente la protezione, per via di una significativa relazione dose-risposta tra l’uso prolungato del farmaco per l’osteoporosi e la riduzione del rischio di diabete.
In particolare, nei soggetti trattati per più di 8 anni, il tempo di utilizzo più lungo incluso nell’analisi, è stata riportata una riduzione del 53% delle possibilità di sviluppare il diabete (OR 0,47). «Questi dati suggeriscono che l’alendronato può avere la possibilità di prevenire o proteggere dallo sviluppo successivo del diabete di tipo 2 in modo dose-dipendente» ha aggiunto Viggers.
Anche tassi più elevati di compliance al farmaco, stimati dividendo la dose cumulativa del farmaco per la durata del trattamento, sono risultati essere correlati a un minor rischio di sviluppare la malattia. «Anche se non significativo, sembra che una maggiore compliance potrebbe essere correlata a una diminuzione delle probabilità di diabete di tipo 2».
«Questi risultati suggeriscono un possibile effetto protettivo dell’alendronato in modo dose-dipendente contro lo sviluppo del diabete di tipo 2, con una potenziale riduzione del rischio del 50% dopo 8 anni di utilizzo del farmaco» hanno concluso gli autori.
Associazione già emersa in altri studi
L’autore ha fatto presente che i risultati non sono particolarmente sorprendenti, dal momento che due precedenti studi basati sulla popolazione avevano riportato una relazione simile.
«Sembra che il metabolismo del glucosio e delle ossa si influenzino a vicenda», ha detto Viggers. «Le persone con diabete hanno un ridotto ricambio osseo e un numero elevato di questi pazienti ha l’osteoporosi e un maggior rischio di fratture, anche se le misurazioni della densità ossea tramite la scansione DXA sono normali».
Nonostante i risultati promettenti, resta da chiarire l’esatto meccanismo d’azione che spiegherebbe la relazione, anche se si ritiene che potrebbero essere coinvolti infiammazione e stress ossidativo.
I prossimi passi di questa ricerca prevedono un’ulteriore valutazione dell’interazione tra sensibilità all’insulina, indici ossei e controllo glicemico, confrontando le misure nelle persone sane, in quelle con prediabete e in quelle con diabete di tipo 2. Inoltre si punta a valutare se l’alendronato sia la terapia anti-osteoporosi ottimale per i pazienti con diabete di tipo 2.
I limiti dello studio, ha osservato Viggers, includevano la mancanza di dati sui livelli di attività fisica, sull’indice di massa corporea e sull’uso di vitamina D, ognuno dei quali potrebbe potenzialmente incidere sui risultati.
Bibliografia
Viggers R et al “Alendronate use and risk of type 2 diabetes: a Danish population-based case-control study” EASD 2021; Abstract 71.