Insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta: rischio di gravi aritmie ventricolari, arresto cardiaco e morte improvvisa ridotto dall’aggiunta di dapagliflozin
In un’analisi secondaria dello studio DAPA-HF, pubblicato sull’”European Heart Journal”, è stato esaminato – in pazienti con insufficienza cardiaca a ridotta frazione di eiezione (HFrEF) – l’effetto di dapagliflozin rispetto al placebo sull’incidenza del composito di aritmia ventricolare grave, arresto cardiaco rianimato o morte cardiaca improvvisa, a seconda di quale evento si fosse verificato per primo. Dai risultati è emerso che l’inibitore di SGLT-2, in aggiunta alla terapia convenzionale, ha ridotto il rischio dell’esito composito del 21% rispetto al placebo.
Il razionale della presente ricerca
«Gli inibitori di SGLT-2) hanno dimostrato recentemente di ridurre sia il peggioramento dell’insufficienza cardiaca (HF) che la morte per cause cardiovascolari (CV) nei pazienti con (HFrEF)» ricordano gli autori, coordinati da James P. Curtain, del British Heart Foundation Cardiovascular Research Centre, University of Glasgow, Scotland (UK).
«Le aritmie ventricolari sono comuni e costituiscono una delle principali cause di morte nell’HFrEF, come indicato dal beneficio dei defibrillatori impiantabili (ICD) rispetto alla morte improvvisa» aggiungono. «Sebbene i tassi di morte improvvisa siano diminuiti negli ultimi tre decenni grazie al miglioramento della terapia farmacologica, questa modalità di decesso rimane la principale causa di mortalità nei pazienti ambulatoriali con HFrEF, in particolare quelli con sintomi lievi».
«È importante, quindi, studiare l’effetto delle nuove terapie per l’HFrEF sulle aritmie ventricolari e sulle modalità di morte, inclusa la morte improvvisa» sostengono Curtain e colleghi.
«Vari meccanismi d’azione proposti per gli anti-SGLT2 sostengono l’ipotesi che questi agenti possano ridurre il rischio di aritmie ventricolari. Le potenziali azioni antiaritmiche includono effetti favorevoli su condizioni di carico del ventricolo sinistro e rimodellamento, attività del sistema nervoso autonomo, elettroliti sierici, corrente del canale cardiaco del sodio e scambiatore miocardico sodio-idrogeno» affermano.
Il trial DAPA-HF, i concetti salienti
Lo studio DAPA-HF è stato uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato che ha arruolato pazienti con HF, una frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) del 40%, con sintomi di classe II, III o IV della New York Heart Association (NYHA) e un propeptide natriuretico N-terminale di tipo B (NT-proBNP) =/> 600 pg per millilitro.
Nello studio DAPA-HF, l’inibitore di SGLT- ha ridotto il rischio di HF e morte in pazienti con HFrEF.
Nello stesso studio, la dimostrazione che nessuno degli agenti normalmente impiegati (beta-bloccanti, inibitori del sistema renina angiotensina (RAS), antagonisti recettoriali dei mineralcorticoidi [MRA]) modificava la risposta di dapagliflozin ha supportato la visione secondo cui l’inibizione di SGLT-2 agisce in modo meccanicamente indipendente e complementare ad altre terapie per HFrEF.
Inoltre, la scoperto in DAPA-HF che il beneficio di dapagliflozin si verificava in pazienti con e senza diabete, ha suggerito che questo beneficio è indipendente da qualsiasi effetto ipoglicemizzante
I risultati dell’analisi post hoc
«Lo scopo di questo studio» spiegano i ricercatori «è stato quello di esaminare l’effetto di dapagliflozin sull’incidenza di aritmie ventricolari e morte improvvisa in pazienti con HFrEF». A tale scopo, in un’analisi post hoc del trial DAPA-HF, i ricercatori hanno esaminato le segnalazioni di eventi avversi gravi correlate ad aritmie ventricolari o arresto cardiaco, oltre alla morte improvvisa aggiudicata.
L’effetto di dapagliflozin, rispetto al placebo, sul composito della prima comparsa di aritmia ventricolare grave, arresto cardiaco rianimato o morte improvvisa è stato esaminato utilizzando modelli di rischio proporzionale di Cox.
Nel DAPA-HF, una grave aritmia ventricolare è stata riportata in 115 (2,4%) dei 4.744 pazienti (fibrillazione ventricolare in 15 pazienti, tachicardia ventricolare in 86, “altra” aritmia/tachiaritmia ventricolare in 12 e torsione di punta in 2 pazienti). Un totale di 206 (41%) dei 500 decessi cardiovascolari si è verificato improvvisamente mentre 8 pazienti sono sopravvissuti alla rianimazione per arresto cardiaco.
I predittori indipendenti dell’esito composito (prima comparsa di qualsiasi aritmia ventricolare grave, arresto cardiaco rianimato o morte improvvisa), classificati in base al valore del chi-quadro, erano il frammento N-terminale propeptide natriuretico di tipo B, storia di aritmia ventricolare, frazione di eiezione ventricolare sinistra, pressione arteriosa sistolica, storia di infarto miocardico, sesso maschile, indice di massa corporea, concentrazione sierica di sodio, etnia non bianca, trattamento con dapagliflozin e terapia di risincronizzazione cardiaca.
Dei partecipanti assegnati a dapagliflozin, 140/2.373 pazienti (5,9%) hanno manifestato l’esito composito rispetto a 175/2.371 pazienti (7,4%) nel gruppo placebo [ hazard ratio 0,79 ( intervallo di confidenza al 95% 0,63-0,99), P = 0,037] e l’effetto è stato coerente in ciascuno dei componenti dell’esito composito. (Fig.1)
Fig. 1 – Analisi post hoc dello studio DAPA-HF. Curve di Kaplan-Meier per grave aritmia ventricolare, arresto cardiaco rianimato o morte cardiaca improvvisa in base all’assegnazione al trattamento.
Alcuni limiti dello studio
Questa analisi fornisce risultati interessanti e potenzialmente importanti; tuttavia, alcuni caveat sono degni di nota. «In primo luogo, questa analisi non è stata prespecificata. Pertanto, i risultati dovrebbero essere considerati come generatori di ipotesi» affermano gli autori.
In secondo luogo, le aritmie ventricolari non sono state identificate attraverso il monitoraggio sistematico, ma sono state colte dalla segnalazione di eventi avversi da parte dei ricercatori. Questo potrebbe avere sottostimato la reale incidenza delle aritmie ventricolari.
«In sintesi» concludono Curtain e colleghi «in questa analisi post hoc, dapagliflozin, rispetto al placebo, ha ridotto l’incidenza di aritmie ventricolari riportate dallo sperimentatore (ma non aggiudicate) in pazienti con HFrEF, la maggior parte delle quali sono state trattate con un bloccante RAS, un beta-bloccante e anche un MRA.
Messaggi chiave
- L’analisi post-hoc di DAPA-HF ha esaminato l’effetto di dapagliflozin rispetto al placebo sull’incidenza del composito di un’aritmia ventricolare grave, arresto cardiaco rianimato o morte cardiaca improvvisa, a seconda di quale evento si fosse verificato per primo.
- Dei 4.744 pazienti nello studio DAPA-HF assegnati in modo casuale a ricevere dapagliflozin, 140/2.373 pazienti (5,9%) hanno avuto l’esito primario rispetto a 175/371 pazienti (7,4%) nel gruppo placebo (hazard ratio 0,79 [95% CI 0,63- 0,99]; p=0.037).
- Dapagliflozin ha ridotto il rischio di una grave aritmia ventricolare, arresto cardiaco o morte cardiaca improvvisa quando aggiunto alla terapia convenzionale nei pazienti con HFrEF.
Curtain JP, Docherty KF, Jhund PS, et al. Effect of dapagliflozin on ventricular arrhythmias, resuscitated cardiac arrest, or sudden death in DAPA-HF. Eur Heart J. 2021;42(36):3727-3738. doi: 10.1093/eurheartj/ehab560. Link