La steatosi epatica non alcolica può essere un fattore di rischio indipendente per morbilità e mortalità cardiovascolare
L’associazione tra la steatosi epatica non alcolica e l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari cresce ulteriormente in caso di fibrosi in stadio più avanzato, suggerendo che la malattia possa essere un fattore di rischio indipendente per morbilità e mortalità cardiovascolare, secondo uno studio pubblicato su The Lancet Gastroenterology and Hepatology.
Una meta-analisi italiana di studi osservazionali, volta a quantificare l’entità dell’associazione tra steatosi epatica non alcolica (Nonalcoholic Fatty Liver Disease, NAFLD) e rischio di insorgenza di eventi cardiovascolari, ha incluso 36 studi longitudinali con dati aggregati su 5,8 milioni di individui (età media 53 anni) e quasi 100mila casi incidenti di eventi cardiovascolari fatali e non fatali in un follow-up mediano di 6,5 anni.
La NAFLD è stata associata a un rischio moderatamente aumentato di eventi cardiovascolari fatali o non fatali (HR effetti casuali aggregati, 1,45). Il rischio è aumentava considerevolmente al crescere della gravità della malattia, in particolare in funzione dello stadio della fibrosi (HR effetti casuali aggregati, 2,50). Tutti i rischi erano indipendenti da età, sesso, adiposità, diabete e altri comuni fattori di rischio cardiometabolico e non sono cambiati dopo le analisi di sensibilità.
«Questi risultati richiedono una ricerca più attiva e sistematica delle malattie cardiovascolari tra quanti soffrono di NAFLD, in vista di un potenziale trattamento precoce e dell’invio a un cardiologo» hanno scritto gli autori.
La NAFLD non coinvolge solo il fegato
«La NAFLD è stata tradizionalmente interpretata come una malattia epatica, che nel tempo può progredire verso complicanze fatali e non fatali legate al fegato. Tuttavia, i pazienti hanno anche una maggiore probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari, che rappresentano la prima causa di morte in questo contesto clinico e sembrano essere correlate a una maggiore gravità della fibrosi epatica» ha commentato in un editoriale Maria Del Ben dell’Università La Sapienza di Roma. «La maggior parte dei pazienti di solito viene indirizzata a gastroenterologi ed epatologi che attualmente, purtroppo, non dispongono ancora di terapie efficaci per rallentare la progressione del danno epatico. Invece è possibile fornire un’efficace protezione cardiovascolare ai pazienti con NAFLD, e il trattamento delle comorbidità e dei fattori di rischio deve diventare una priorità nella cura di questi pazienti. Il trattamento intensivo del diabete, della sindrome metabolica, delle iperlipidemie e dell’obesità è di fondamentale importanza».
«È fortemente raccomandato un approccio più olistico, che includa diabetologi, internisti, cardiologi e nutrizionisti, piuttosto che un approccio centrato sul fegato» ha affermato. «Questa sarà la sfida principale per fornire una protezione globale ai pazienti con NAFLD».
Il problema alla base sarebbe la sindrome metabolica
Anurag Maheshwari del Mercy’s Institute for Digestive Health and Liver Disease di Baltimora ha confermato che i risultati rispecchiano la sua esperienza clinica. «Abbiamo visto a lungo un rischio più elevato di eventi cardiovascolari nei pazienti con il fegato grasso. Pensiamo che in questo caso il fattore sottostante sia la sindrome metabolica».
«Abbiamo un punteggio di rischio cardiovascolare, in cui calcoliamo il rischio di malattie cardiovascolari di un paziente in base a fattori di rischio specifici» ha aggiunto. «Penso che questo studio trasmetta il messaggio che probabilmente dovremmo incorporare la presenza o l’assenza di NAFLD nel punteggio di rischio cardiovascolare. Inoltre, se vediamo persone con NAFLD grave, dovremmo effettuare degli stress test su questi pazienti, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno qualche sintomo, così da identificare la malattia coronarica in fase iniziale».
«Tra gli studi esaminati in questa analisi, la gravità della NAFLD non è stata definita da una tecnica universale. Alcuni studi hanno utilizzato punteggi ecografici, altri l’istopatologia delle biopsie epatiche e non tutti sono stati confrontati con i controlli. Non è chiaro se l’eterogeneità soggettiva di queste interpretazioni abbia avuto un impatto sulla conclusione finale di questo studio» ha dichiarato Cynthia Kos, cardiologa e specialista in scompenso cardiaco avanzato presso il Deborah Heart and Lung Center di Brown Mills, New Jersey. «Ciò non toglie che studi come questo hanno il potenziale per raccogliere l’interesse dei cardiologi, specialmente se l’evidenza suggerisce che stia emergendo un nuovo fattore di rischio cardiovascolare».
Bibliografia
Mantovani A et al. Non-alcoholic fatty liver disease and risk of fatal and non-fatal cardiovascular events: an updated systematic review and meta-analysis. The Lancet Gastroenterology and Hepatology, online September 20, 2021.