Possibile pianeta extragalattico in M51: orbita ogni 70 anni attorno a una binaria X a 28 milioni di anni luce da noi. Se confermato sarebbe il primo pianeta mai scoperto al di fuori della nostra galassia
Tutti i pianeti extrasolari che conosciamo si trovano nella nostra galassia, la Via Lattea. Ma è pressoché certo che ce ne siano anche nelle altre galassie – non c’è motivo per supporre il contrario. Il problema, date le enormi distanze in gioco, è riuscire a individuarli. Ora però un sistema promettente è stato messo a punto, e già è emerso un buon candidato. Forse non il primo in assoluto, ma il primo singolo candidato – nonché il primo per il quale ci siano indizi sufficienti a dedurne alcune caratteristiche fisiche.
Prima di vedere come gli autori della scoperta – riportata lunedì su Nature Astronomy – siano riusciti a scovarlo, ecco un breve identikit di questo pianeta extragalattico, per forza di cose ancora molto ipotetico. Partiamo dalle brutte notizie. La prima, l’abbiamo detto, è che per ora è solo un candidato pianeta – non è certo che esista veramente, anzi: lo supponiamo solo per mancanza di spiegazioni alternative. La seconda è che, se esiste, sicuramente non è abitabile, perlomeno non da forme di vita come noi la intendiamo: grande più o meno quanto Saturno e con un periodo di rivoluzione di circa 70 anni, è infatti un mondo sottoposto a un intenso e ininterrotto bombardamento di raggi X, tale da precludere la formazione di un ambiente anche solo vagamente ospitale, per non parlare di molecole tipo Dna o Rna, alla base della vita qui sulla Terra.
Ma proprio quest’ambiente ferocemente ostile è ciò che ha permesso al team di astronomi guidato da Rosanne Di Stefano, del Center for Astrophysics di Harvard (Stati Uniti), di scoprirlo. Vediamo come. La tecnica di fondo è ben nota: si sono avvalsi del metodo dei transiti, ovvero della rilevazione del calo di luce prodotto dal passaggio di un esopianeta davanti alla sua stella. Per una stella che brilla in un’altra galassia, però, con un normale telescopio – per quanto grande – questo sarebbe impossibile. Per i pianeti extrasolari che conosciamo si parla infatti di distanze che arrivano a malapena a tremila anni luce, mentre il nostro candidato extragalattico risiede in M51: una galassia, nota anche come Galassia Vortice, a 28 milioni di anni luce da noi. Troppo lontana per poter distinguere le sue stelle le une dalle altre, figuriamoci un pianeta dalla stella.
Se, però, invece della luce visibile si osserva la radiazione X, ecco che le cose cambiano. Essendoci molti meno oggetti che emettono raggi X, individuarli – per un telescopio sensibile ai raggi X – risulta assai più semplice, a volte fattibile anche se si trovano in un’altra galassia. Non parliamo dunque di comuni stelle, bensì di sorgenti che emettono un intenso flusso di radiazione X: le cosiddette binarie X – sistemi nei quali un oggetto molto compatto, quale per esempio una stella di neutroni o un buco nero, si trova in compagnia di una stella compagna che gli orbita intorno, cedendogli man mano parte della propria materia. Materia che, attratta dall’intenso campo gravitazionale della stella di neutroni o buco nero, cade a velocità elevatissima verso l’oggetto compatto, riscaldandosi così fino a raggiungere milioni di gradi e producendo emissione X. Ebbene, un pianeta che si trovasse a transitare periodicamente davanti a una binaria X finirebbe per eclissarne l’emissione ad alta energia – calcolano gli astronomi – causando un netto calo nella curva di luce in banda X. Un calo tale da essere apprezzabile persino se osservato da un’altra galassia, com’è appunto il caso del nuovo pianeta.
«Le binarie a raggi X possono essere luoghi ideali per cercare pianeti, perché, sebbene siano un milione di volte più luminosi del Sole, i raggi X provengono da una regione molto piccola. In effetti, la sorgente che abbiamo studiato è più piccola di Giove», sottolinea Di Stefano, «quindi un pianeta in transito potrebbe bloccare completamente la luce della binaria X».
Ed è proprio il tipo di segnale – un’eclissi in banda X – individuato dagli autori dello studio nei cataloghi dei telescopi spaziali per raggi X Chandra, della Nasa, e Xmm-Newton, dell’Esa. I dati raccolti dai due telescopi mostrano che nella Galassia Vortice, attorno alla binaria X M51-Uls-1, l’emissione X periodicamente cala per poi tornare al valore nominale. Un segnale promettente, dunque, ma prima di anche solo sognare che sia davvero un pianeta extragalattico è stato necessario escludere tutte le possibili spiegazioni alternative.
Dunque è per esclusione che hanno proceduto Di Stefano e colleghi. Quell’eclissi poteva essere prodotta dal transito non di un pianeta ma di un’altra stella – una nana bruna o una nana rossa? Molto improbabile, per un sistema giovane come quello osservato. Forse una nube di gas e polveri? La nitidezza della curva di abbassamento (e successivo innalzamento) della luce X non è compatibile con il transito di una nube. Il calo non potrebbe allora essere spiegato da variazioni di luminosità della sorgente stessa? Gli autori dell’articolo sono abbastanza certi che non sia così, perché sebbene la luce della sorgente sia completamente scomparsa per alcune ore prima di tornare, la sua temperatura e il suo colore sono rimasti gli stessi. Infine si è presa in considerazione l’ipotesi che, a causare l’oscuramento, possa essere stata la stella compagna – la “donatrice” di materia – in orbita attorno all’oggetto compatto. In effetti Xmm-Newton ha osservato i cali di luce dovuti alla stella donatrice, ci sono anche questi. Ma hanno una durata e un aspetto diversi da quelli attribuiti al transito del pianeta. Insomma, pare proprio che là, a 28 milioni di anni luce da noi, attorno alla binaria X M51-Uls-1 ci sia davvero un pianeta.
«Abbiamo fatto simulazioni al computer per vedere se la curva di oscuramento presenta le caratteristiche di un pianeta in transito e abbiamo scoperto che vi si adatta perfettamente. Siamo abbastanza fiduciosi del fatto che non si tratti di altro, e che abbiamo trovato il nostro primo pianeta candidato al di fuori della Via Lattea», conclude Di Stefano.
E se una stella di neutroni o un buco nero ci sembrassero un oggetto un po’ improbabile, per ospitare il primo dei pianeti extragalattici, dobbiamo ricordare che anche il primo pianeta extrasolare mai confermato è stato scoperto nel 1992 attorno, appunto, a una stella di neutroni: la pulsar al millisecondo Psr 1257+12.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A possible planet candidate in an external galaxy detected through X-ray transit”, di Rosanne Di Stefano, Julia Berndtsson, Ryan Urquhart, Roberto Soria, Vinay L. Kashyap, Theron W. Carmichael e Nia Imara