Prestazioni occasionali, l’Inps ai giovani: poca burocrazia ma consentono di costruire posizione contributiva, ecco perché convengono
Le prestazioni occasionali possono essere un ottimo strumento di ingresso nel mondo del lavoro, ad esempio per i giovani studenti che intendono guadagnare qualcosa iniziando a costruirsi una posizione previdenziale. Lo spiega Anna Rita Cossu, della direzione centrale entrate dell’Inps, oggi alla fiera Job&Orienta, a Verona, per presentare ai giovani partecipanti lo strumento delle prestazioni occasionali.
“Le prestazioni occasionali nascono per riempire il vuoto normativo che si è creato con la soppressione dei voucher”, ricorda Cossu. I voucher a loro volta erano nati come “strumento sano per regolarizzare i rapporti di lavoro occasionali, facendo emergere il lavoro nero”, in particolare nell’agricoltura. Poi “con il tempo si è arrivati ad una quasi totale liberalizzazione dello strumento”, e così “un utilizzo improprio poteva portare a degli abusi” e ad una “precarizzazione del lavoro”. Di qui la mobilitazione per eliminarli, e il ritorno ad un vuoto normative che rischiava di riportare all’irregolarità un’ampia serie di rapporti lavorativi. Il decreto 50 del 2017, istituendo le prestazioni occasionali, ha cercato di “fare tesoro di tutte le anomalie che si erano create con i voucher, senza però imbrigliare troppo la situazione, soprattutto nei confronti delle famiglie”, spiega Cossu. Infatti, le prestazioni occasionali prevedono regole diverse a seconda che siano utilizzate da famiglie, con la formula del libretto famiglia, o da imprese, con la formula del contratto di prestazione occasionale. Il funzionamento è sostanzialmente lo stesso, ma per le imprese sono previsti più vincoli nell’utilizzo. Ad esempio, le imprese devono comunicare all’Inps l’avvio di una prestazione con almeno 60 minuti di anticipo, mentre i privati, ad esempio le famiglie che hanno bisogno di una babysitter, possono comunicare le prestazioni eseguite anche a posteriori.
E, ancora, le imprese devono prevedere per ogni prestazione occasionale avviata un pagamento minimo di 50 euro. Queste regole servono ad evitare che un imprenditore faccia il furbo comunicando la prestazione solo nel caso avvenga un controllo, o che magari comunichi l’avvio di una prestazione di una durata inferiore rispetto a quella reale, come accadeva a volte con i voucher. Sia per le imprese che per i privati a gestire i pagamenti sarà direttamente l’Inps, che liquiderà le prestazioni il 15 del mese successivo attingendo al “portafoglio virtuale” che ogni utilizzatore crea al momento dell’iscrizione al servizio e ricarica tramite F24 o PagoPa. Il libretto famiglia è pensato per le ripetizioni, il babysitting, i lavori domestici in casa, e “recentemente è stato utilizzato durante l’emergenza Covid per retribuire le babysitter tramite il bonus babysitting”, racconta Cossu.
Mentre il contratto di prestazione occasionale serve ad esempio per i camerieri in bar e ristoranti, o per il settore del turismo. Qui il datore di lavoro è appunto obbligato a registrare preventivamente la prestazione sull’apposito portale. Se il lavoratore non si dovesse poi presentare all’ultimo, magari perché malato o per un imprevisto, il datore di lavoro può cancellare la prestazione, ma “a tutela del lavoratore se questo conferma che la prestazione si è svolta l’Inps la mette in pagamento”.
Per quanto riguarda il pagamento, le prestazioni occasionali prevedono che si possano erogare cifre multiple di 10, quindi non si può ad esempio pagare un lavoratore 55 euro, ma 50 o 60. Ogni 10 euro pagati dal datore di lavoro, otto vengono erogati direttamene al lavoratore come retribuzione e circa 1,90 euro vengono usati per Inail e previdenza. I restanti 10 centesimi circa sono assorbiti come oneri di gestione. “Così si inizia a costruire una situazione contributiva”, sottolinea Cossu. Lo strumento è quindi valido per chi si affaccia sul mondo del lavoro, ma anche per chi sta vivendo un momento di difficoltà e ha la necessità di non finire ai margini del mercato. Infatti per i datori di lavoro che impiegano under 25 o persone in Naspi, percettori di Reddito di cittadinanza o di altre forme di sostegno, sono previste alcune agevolazioni. Nello specifico, la norma prevede che si possano spendere al massimo 5.000 euro l’anno in prestazioni occasionali, ma se a fornire la prestazione è un under 25 o una persona in difficoltà il compenso pagato viene calcolato al 75%, e questo fa sì che il totale della spesa ammessa salga a 6.250 euro. In ogni caso, un utilizzatore potrà pagare ad un singolo prestatore un massimo di 2.500 euro l’anno, e ogni prestatore potrà guadagnare al massimo 5.000 euro l’anno con le prestazioni occasionali. La ratio è che se un utilizzatore ha bisogno di pagare alla stessa persona una cifra superiore a 2.500 euro, probabilmente il servizio di cui ha bisogno non è occasionale e deve quindi essere inquadrato in altro modo.
Insomma, le regole per evitare un uso improprio dello strumento ci sono, ma gli adempimenti burocratici sono pochi. E così le prestazioni occasionali possono davvero riuscire nel difficile compito di far emergere il lavoro irregolare.