Studio choc nel Lazio: vicino alle discariche +34% di tumori, i più colpiti i bambini. La pubblicazione risale al 2016 ma è stata diffusa solo ora
Uno studio del 2016 pubblicato sull’International Journal of Epidemiology dagli esperti del Dipartimento di epidemiologia (Dep Lazio) del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, ma reso noto solo oggi, certifica come nelle zone entro i 5 chilometri da una discarica del Lazio si registri un aumento del 34% delle patologie cancerogene. Il documento è stato al centro dei lavori delle commissioni Sanità a Ambiente del Consiglio regionale del Lazio, riunite in seduta congiunta alla presenza di diverse associazioni di vari territori regionali. I lavori sono stati condotti dai presidenti Marco Cacciatore e Rodolfo Lena.
Lo studio in esame, attraverso il lavoro dei ricercatori guidati da Francesca Mataloni, si è basato sull’esame delle condizioni di salute di oltre 200.000 persone residenti in prossimità di nove discariche laziali, dal 1996 al 2008. Nello specifico è stato così scoperto che vivere a meno di 5 chilometri da una discarica aumenta il rischio di cancro ai polmoni del 34%, mentre il rischio di ricovero in ospedale per malattie respiratorie sale del 5%. I più colpiti sono ovviamente i bambini.
Durante la mattinata i dati emersi sono stati commentati dai rappresentanti delle associazioni. “Io mi chiedo- ha detto in particolare Donatella Ibba dell’associazione Cittadini per Fonte Nuova, proponente della riunione di oggi- Per quale motivo la direzione Rifiuti del Lazio, committente dell’indagine, non abbia pubblicizzato questo studio. Negli anni passati, dal 2016 ad oggi, sono state rinnovate autorizzazioni di vario tipo che forse, con quello studio noto, non sarebbe state effettuate. Noi chiediamo di avviare tutte le procedure per metterci in sicurezza. Per la discarica più vicina alle aree che rappresento, quella di Guidonia, ricordo che il Comune ha chiesto il riesame dell’autorizzazione. Abbiamo anche un Tmb e due invasi non foderati con il percolato che continua ad inquinare la falda con arsenico, piombo e altro”. Anche per Umberto Zimarri, dell’associazione Rocca Secca-Colfelice-Ponte Corvo, “la presenza di inquinanti alla discarica di Rocca Secca è sopra la media regionale. E da 2016 ad oggi la discarica è cresciuta a dismisura, andando a saturazione del terzo bacino e del quarto. È stata anche chiesta la sopraelevazione. Perché questo studio non è stato reso noto?”.
Stessa posizione di Danilo Ballanti, di Italia Nostra Castelli Romani. “La discarica di Albano laziale- ha spiegato- emetterà 17mila tonnellate di gas come metano, biogas, co2 e altri 46 inquinanti pericolosissimi, molti dei quali cancerogeni. Ricordo che in alcuni casi siamo a 200 metri dalle abitazioni. Secondo i nostri studi entro 3 km la probabilità di contrarre un tumore è doppia rispetto alla media nazionale. In particolare è maggiore del 305% per quelli alla prostata e del 130% per quelli alla trachea e al polmone. Ad Ardea quelli a stomaco e colon è maggiore del 125%. Tutta la zona va quindi dichiarata ad alto rischio ambientale e va sospeso subito il conferimento dei rifiuti”. Ed ancora Maria Teresa Cipollone ha ricordato la situazione nella Valle Galeria. “Per Malagrotta- ha detto- il capping nemmeno è iniziato e la discarica sversa ancora percolato nel rio Galeria e nel rio Santa Maria Nuova. Abbiamo poi il tmb e impianti di trattamento di rifiuti inerti con i tritovagliatori. Secondo l’Arpa sono presenti nel territorio diversi inquinanti come mercurio ferro arsenico e diversi metalli. Abbiamo incidenze tumorali altissime soprattutto per i polmoni”. Infine Simona Ricotti a ricordato il quadro di Civitavecchia: “noi abbiamo la centrale a carbone, una a turbogas, il centro smaltimenti armi chimiche, il traffico navale e diverse discariche come quella del Fosso del prete, del fosso del crepacuore e le due discariche della ditta Guerrucci. In tutto 1,5 milioni di metri cubi di rifiuti ammassati e percentuali di patologie oncologiche altissime. In conferenza dei servizi si discute del nuovo inceneritore”.
Cacciatore, riferisce la Dire (www.dire.it), ha concluso i lavori augurandosi a breve “l’aggiornamento dello studio sui dati di epidemiologia dell’Eras per capire la situazione oggi“.