Hiv: conferme per la doppia terapia a base di dolutegravir


Duplice terapia con dolutegravir per pazienti con HIV: i risultati degli studi clinici sono confermati nella real life

Hiv: islatravir sotto forma di un piccolo impianto sottocutaneo sembra fornire una quantità di farmaco sufficiente per agire in monoterapia

“Siamo alla ricerca di un regime antiretrovirale che possa essere adatto a tutti i pazienti; per tanti anni abbiamo convissuto con l’idea che il regime ideale fosse un regime triplice, a cui richiedere potenza antivirale combinata a bassa tossicità” ha dichiarato la dr.ssa Simona Di Giambenedetto, Università Cattolica del Sacro Cuore, Fondazione Policlinico Gemelli, all’inizio della sua relazione “ma è arrivato il momento di somministrare sempre più una terapia personalizzata e sempre meno una terapia standardizzata; alla luce di questo dobbiamo alleggerire il regime, dichiarare che “due è meglio di tre”, come già recepito peraltro dalle linee guida EACS 2019”.

La duplice terapia a base di dolutegravir (DTG), in associazione a lamivudina (3TC) o a rilpivirina (RPV), è stata ampiamente sperimentata in numerosi studi, condotti sia in pazienti naïve, dove gli studi principali sono GEMINI 1 & 2, con dati consistenti di durability, fino a 144 settimane di terapia, ma anche in pazienti sottoposti a switch, con riferimento agli studi SWORD 1-2, TANGO e SALSA.

Gli studi di confronto Gemini 1 & 2 nei pazienti naïve
Gli studi GEMINI 1 & 2, che hanno confrontato l’efficacia terapeutica del regime di duplice terapia (2DR), effettuato con DTG abbinato a 3CT, rispetto alla triplice, effettuata con DTG, tenofovir (TDF) ed emtricitabina (FTC) in pazienti naïve, hanno dimostrato per entrambi i regimi terapeutici non solo la stessa soppressione virologica dopo un anno, come richiesto ai fini registrativi, ma che tale soppressione è stata mantenuta nel tempo, fino a 144 settimane, come previsto dal disegno sperimentale.

È interessante osservare che l’andamento del declino della carica virale è sovrapponibile in entrambi i bracci di trattamento; si evidenzia quindi che l’aggiunta del terzo farmaco nel braccio di confronto non ha apportato vantaggi dal punto di vista virologico, anche nel sottogruppo di pazienti con alta carica virale iniziale. I rari casi di failure sono da attribuire a non aderenza per motivi sociali (mancanze di follow up per incarcerazione, gravidanza…) e non a cause virologiche.

È da precisare che gli studi GEMINI sono stati condotti impiegando come confronto TDF e non tenofovir alafenamide (TAF), non ancora disponibile all’avvio dello studio stesso, ma la potenza di TDF e TAF è identica per cui si può affermare che questo dettaglio non altera la significatività dei risultati.

“Quando si trattano pazienti naïve, l’attenzione è rivolta alla soppressione virale e alla barriera genetica elevata. Abbiamo osservato una sola mutazione, in un paziente non aderente alla terapia, dopo tre anni. Riguardo dolutegravir possiamo dire che il target è altissimo, con barriera genetica solida; per questo è un regime su cui si può essere confidenti” ha affermato al riguardo il dr. Diego Ripamonti, Unità Malattie Infettive della ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, facendo notare che anche i viral blip e i target non detected non cambiano fra i trattamenti; infatti, non sono stati riscontrati fenomeni di resistenza al trattamento tra i partecipanti. Differenze fra i gruppi di trattamento non sono emerse neppure per gli aspetti di safety e tollerabilità, con quest’ultima risultata alta per entrambi i regimi. Estendere il follow up a 144 settimane non ha cambiato le valutazioni rispetto a quanto emerso dopo 48, dato che non sono emerse significative differenze negli eventi avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento dopo le 48 settimane. L’opzione terapeutica senza TDF ha mostrato risultati migliori riguardo la sicurezza renale e ossea, come facilmente ipotizzabile.

Lo studio Tango
Agli studi GEMINI 1 & 2 è seguito lo studio Tango, studio effettuato per confrontare il trattamento con DTG associato a 3CT con un trattamento a base di TAF, in qualsiasi combinazione a tre farmaci, per un periodo di 144 settimane ma con endpoint regolatorio a 48 settimane. In questo caso, trattandosi di regime di switch, secondo le nuove direttive Fda, è diventato prioritario valutare i fallimenti della terapia dopo 48 settimane piuttosto che la soppressione virale, già sotto controllo al momento dell’arruolamento. Tango ha evidenziato pochissimi casi di fallimento, con una conseguente elevata soppressione virologica, alla valutazione effettuata dopo tre anni di duplice terapia in seguito allo switch da una triplice terapia. Nei fallimenti non sono inoltre evidenziate mutazioni che abbiano portato alla resistenza.

Le segnalazioni di sicurezza e tollerabilità nei pazienti che hanno cambiato regime sono superiori (12 rispetto al 2%) rispetto a quelle dei pazienti naïve, come facilmente ipotizzabile nel momento in cui si valutano gli effetti indesiderati in un paziente sottoposto a uno switch rispetto a uno che prosegue la terapia precedente. Ciò viene confermato dai tassi di sospensione, intorno al 3,5% entro le 48 settimane. Dopo le 48 settimane, i tassi di sospensione tra le due terapie diventano paragonabili tra la duplice e la triplice terapia.

Essendo la terapia di confronto con TAF, e non con TDF, i dati relativi alla sicurezza ossea e renale sono meno eclatanti a favore di DTG, con risultati simili.

Lo studio Salsa
Un ulteriore studio completa i risultati del Tango; lo studio Salsa ha infatti arruolato pazienti normalmente poco considerati in questo tipo di indagini, come le donne, la popolazione non bianca e la popolazione ultracinquantenne; al follow up a un anno è emersa un’ulteriore conferma della non inferiore efficacia virologica dopo lo switch da una triplice o quadruplice terapia a un trattamento a base di DTG/3TC, con un buon profilo di sicurezza e di tollerabilità.

Gli studi Sword 1 & 2
Gli studi Sword 1 & 2 hanno invece analizzato una diversa associazione di DGT, non più in associazione con lamivudina ma con rilpivirina; anche questa associazione ha dimostrato alti valori di soppressione virale, associati a bassi indici di fallimento, dimostrandosi non inferiore al regime antiretrovirale in uso nelle 48 settimane dello studio di confronto. I pazienti arruolati nello studio erano oltre 500 per gruppo.

Dopo 48 settimane di studio di confronto, tutti i pazienti sono poi stati sottoposti a switch con DGT + RPV e  sono attualmente disponibili i dati dopo 148 settimane di terapia. È emerso che, dopo 3 anni, l’84% dei pazienti mostravano ancora soppressione virologica, valore elevato per i trial clinici e sono state confermate anche le analisi relative alla sicurezza e tollerabilità. Si sono osservati però 11 fallimenti su 990 pazienti e tra questi undici, in sei casi é stato osservato un genotipo che amplifica; questa osservazione ha mostrato nuovamente il lato debole della combinazione terapeutica per la possibilità di mutazioni su RPV, comunque una casistica inferiore all’ 1%.

Oltre alla soppressione virale: cosa emerge dagli studi
Riguardo l’incremento di peso, gli studi Gemini, Tango e Salsa, dopo 144 settimane, hanno mostrato incremento di peso inferiore ai 3 kg, variazione accettabile in tre anni. Non sono state osservate inoltre variazioni sostanziali dei biomarcatori infiammatori, così come del rapporto fra CD4+ e CD8+, conseguenti allo switch al trattamento con duplice terapia.

“I dati, ormai solidi e corposi, su pazienti randomizzati a tre anni, spiegano perché le linee guida raccomandano la terapia con dolutegravir e lamivudina nei pazienti naïve o in caso di switch e con dolutegravir e rilpivirina in caso di switch terapeutico” ha concluso Ripamonti.

La pratica clinica nel paziente naïve
Nella pratica clinica nel paziente naïve, un primo studio osservazionale italiano ha analizzato 20 pazienti. il numero dei pazienti è ristretto a causa dell’attuale resistenza dei clinici a utilizzare la duplice terapia nei pazienti naïve. Si è trattato di pazienti mediamente giovani, con una mediana di viremia al basale di 4.78 log10 copie/ml e una conta mediana dei linfociti CD4+ di 342 cell/mm3, per cui pazienti che rispettavano i criteri dello studio Gemini.

Questi pazienti, durante un intervallo cumulativo di 15,4 patient/year di follow up, hanno tutti presentato la soppressione virologica nei 6 mesi di trattamento, senza eventi avversi o interruzioni di trattamento. È stato anche osservato un incremento significativo dei CD4+ a 24 e 48 settimane. È migliorato anche il rapporto CD4+/CD8+, con una miglior significatività nei pazienti più giovani. In undici pazienti è stato anche valutato il DNA e tutti i pazienti hanno raggiunto soppressione virologica e di HIV-DNA.

“Emerge quindi che nella pratica clinica l’utilizzo di dolutegravir, in associazione a lamivudina, è un ottimo regime sia per efficacia sia per tollerabilità”, ha commentato Di Giambenedetto.

Ad ICAR 2021 sono stati presentati i dati di uno studio sul confronto di DNA tra pazienti naïve che iniziano la duplice o la triplice terapia. Anche in questo caso i pazienti sono relativamente pochi, anche causa Covid. I pazienti, nell’arco di sei mesi di terapia hanno raggiunto la soppressione virologica per quanto riguarda l’HIV RNA, mentre per quanto riguarda il decay dell’HIV DNA, questo valore è similare tra la triplice e la duplice terapia, confermando nella pratica clinica quanto osservato nei trial.

La semplificazione della terapia nella pratica clinica
La semplificazione della terapia è importante, come indicato dalle linee guida, a maggior ragione dove si è riscontrata una tossicità; da qui la volontà di semplificare, per somministrare al paziente una terapia duale ugualmente potente ma meno gravata da effetti indesiderati, mantenendo la soppressione virologica.

Nel momento in cui si effettua una semplificazione, occorre però ricordarsi che sono quattro i fattori da tenere in considerazione: l’ospite, il virus, il farmaco e il paziente. È necessario conoscere il virus, la sua storia, il suo sottotipo, la presenza di mutazioni o genotipi storici, in assenza delle quali è doveroso operare con cautela. È necessario valutare quale sia il farmaco più adatto, come recepito già dalle linee guida SImit 2017 ed EACS 2019.

La validità della terapia duale è confermata da studi osservazionali della corte Odoacre con un follow up di cinque anni; la coorte comprende oltre 5700 soggetti che presentano soppressione virologica di oltre il 94% e con oltre il 90% dei pazienti che hanno mantenuto il regime, senza necessità di switch per problemi di tossicità.

Risultati analoghi emergono anche da altre coorti europee, come la Dolama e la Lamidol. Dolama, coorte retrospettiva spagnola molto simile ad Odoacre, presenta pazienti che hanno effettuato uno switch a DTG/3TC e che mantengono una soppressione virologica di oltre il 90% a 48 settimane. Lamidol è uno studio prospettico e a 48 settimane ha mostrato soppressione virologica nel 97% dei casi.

Dalla coorte Odoacre sono stati raccolti anche i dati dello studio di confronto tra DTG + 3TC (350 pazienti) rispetto al regime bictegravir/FTC/TAF (126 pazienti). Al basale alcune caratteristiche erano differenti; i pazienti nel gruppo DTG presentavano in media una storia di malattia e di terapia più lunga, spesso già con storia di duplice terapia con inibitori della proteasi. Dopo 24 settimane di terapia, è stato osservato un solo fallimento virologico nel gruppo DTG/3TC, mentre non ne è stato osservato nessuno nel gruppo di confronto, con 21 discontinuazioni della terapia complessive, di cui 15 nel gruppo DTG; si sono osservate probabilità elevate di discontinuare la terapia in entrambi i gruppi (95 e 94% rispettivamente). Dal punto di vista metabolico si osservano differenze nei livelli di trigliceridi e nella funzionalità renale.

La tollerabilità nella pratica clinica
I trial hanno già dimostrato la sicurezza della duplice terapia, in particolare con 3TC si erano osservati miglioramenti riguardo la salute renale e ossea.

La coorte Odoacre ha prodotto dati utili anche riguardo la safety. Trentanove pazienti, con un follow up di un anno, hanno migliorato la densità minerale ossea sia a livello femorale sia a livello della colonna nel momento in cui è stato tolto il terzo farmaco. Anche la valutazione del DNA su 40 pazienti semplificati ha permesso di valutare che l’HIV DNA si mantiene azzerato non solo nel gruppo in triplice terapia ma anche in quello in duplice.

Conclusioni
“Dalla nostra esperienza possiamo dire che la duplice terapia è un ottimo trattamento, anche a confronto con una terapia che contiene un altro inibitore dell’integrasi. Se si effettua una sottoanalisi per quanto riguarda le interruzioni delle due strategie per eventi avversi centrali, si può osservare l’assenza di questi in entrambi i gruppi” ha concluso Di Giambenedetto. “La duplice terapia è importante per i nostri pazienti; ci permette sempre di più di andare verso una terapia personalizzata e di affrontare quello che sarà il futuro: una terapia duale, somministrata per via intramuscolare, sottocutanea o tramite dispositivi. È una grossa opportunità per i nostri pazienti; lo dicono i dati dei trial, e lo continua a dire la pratica clinica”.

Bibliografia
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