Encefalopatia epilettica SLC6A1: grazie alla tenacia dei genitori di una bimba affetta dalla patologia nasce la prima associazione italiana dei pazienti
SLC6A1 è una rara encefalopatia epilettica di origine genetica, talmente poco conosciuta da non avere ancora un vero e proprio nome, fatta salva la sigla che identifica il gene mutato alla base della condizione. “Sembra il codice di un volo aereo, invece è una malattia”, scherza amaro Andrea De Colle, presidente e fondatore della neonata associazione SLC6A1 Connect Italia. “Quando a mia figlia Linda è stata diagnosticata questa patologia ci siamo sentiti veramente soli: non ne avevamo mai sentito parlare e non esistevano associazioni dedicate né in Italia né in Europa. SLC6A1 Connect Italia nasce proprio da questo smarrimento, con l’intento di creare una rete di supporto, sostegno e collegamento tra famiglie, dottori e ricercatori che si occupano di questa rara mutazione”.
“Dopo che mia figlia ha ricevuto la diagnosi, sono stati gli stessi medici a consigliarci di cercare un supporto in rete. È stato così che ho conosciuto Amber Freed, mamma del piccolo Maxwell, affetto da encefalopatia epilettica SLC6A1, e fondatrice dell’americana SLC6A1 Connect, che fino ad aprile era l’unica associazione per i pazienti affetti da questa rara patologia genetica”, spiega Andrea De Colle. “Ho preso spunto dalla determinazione di Amber per creare qualcosa di simile qui in Italia e il 1° aprile, a soli quattro mesi dalla diagnosi di Linda, è iniziata la nostra avventura”.
L’associazione SLC6A1 Connect Italia è formata da genitori, medici, ricercatori e volontari. “Tra loro – chiarisce De Colle – alcuni clinici che hanno seguito fin da subito la mia famiglia: la dottoressa Paola Antonelli, neuropsichiatra responsabile del servizio integrato per l’età evolutiva della USL Umbria 1, il dottor Franco Rondoni, pediatra dell’ospedale di Città di Castello, e la dottoressa Guja Astrea, dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, Istituto Scientifico per la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Pisa”.
SLC6A1 Connect Italia nasce con l’obiettivo di raccogliere fondi da destinare alla ricerca scientifica, di dare supporto alle famiglie e di far conoscere la patologia, sia all’interno della comunità civile che in quella medico-scientifica, anche al fine di velocizzare l’iter diagnostico. Per questo, a pochi mesi dalla sua fondazione, l’Associazione è già in contatto con diversi ospedali e centri di ricerca. “Collaboriamo con l’Ospedale Mayer di Firenze, dove abbiamo stretto rapporto con il neuropsichiatra infantile Norman Panza, e con l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), dove ci appoggiamo alla dottoressa Gaia Colasante”, dichiara Andrea De Colle. “A luglio abbiamo donato i primi 2.000 euro raccolti al Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, dove il dottor Andrea Vettori sta portando avanti l’unico studio sulla malattia oggi in corso in Italia. Inoltre, siamo in stretto contatto con l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa, dove è seguita mia figlia e dove la dottoressa Guja Astrea ci ha guidato nell’iter diagnostico. È stato un calvario lungo quasi due anni e mezzo, che si è concluso con questa etichetta: encefalopatia epilettica SLC6A1”.
“Linda adesso ha sei anni – racconta il padre – ma è da quando aveva otto mesi che abbiamo iniziato a sospettare che ci fosse qualcosa che non andava. Era piuttosto debole e non riusciva ancora a stare seduta da sola. La pediatra disse che era ipotonica e cominciammo a fare dei controlli. Inizialmente, però, tutti gli esami diedero esito negativo. Sembrava che non ci fosse nessuna anomalia, persino l’analisi del cariotipo risultava nella norma. Eppure, Linda era in ritardo rispetto ai suoi coetanei: iniziò a camminare dopo, a parlare dopo, tolse il pannolino a quattro anni e di notte dormiva un sonno irrequieto e discontinuo”.
“Fu la dottoressa Astrea a consigliarci un esame più approfondito: il sequenziamento completo dell’esoma (Whole Exome Sequencing, WES)”, racconta De Colle. L’esoma rappresenta la parte codificante del genoma, cioè quella in grado di fornire istruzioni utili alla sintesi proteica. Poiché le mutazioni patologiche si verificano generalmente negli esoni, il sequenziamento è un metodo efficace per identificare i geni alla base di una malattia. A Linda è stata riscontrata una mutazione nel gene SLC6A1, il quale codifica per una proteina (GAT-1) con funzione di trasporto dell’acido gamma-amminobutirrico (GABA), principale neurotrasmettitore inibitorio. Il malfunzionamento di questo processo provoca anomalie nell’attività elettrica del cervello, causando varie forme di epilessia (assenze e crisi miocloniche-atoniche), ritardi nel linguaggio e nello sviluppo cognitivo, ipotonia e disturbi comportamentali.
“In contemporanea al sequenziamento dell’esoma, Linda fu sottoposta al suo primo elettroencefalogramma (EEG). Nonostante si tratti di un esame molto semplice e per nulla invasivo, non l’avevamo ancora mai eseguito”, sottolinea Andrea De Colle. “Vista l’immediatezza di questo tipo di indagine, l’esecuzione precoce di un EEG potrebbe rendere più veloce l’iter diagnostico dell’encefalopatia SLC6A1. Per noi, infatti, fu il primo vero riscontro positivo e il risultato arrivò mentre ancora attendevamo gli esiti dell’analisi genetica: il tracciato dell’EEG era alterato”. Una caratteristica comune ai bambini affetti da questa patologia, infatti, è proprio l’anomala attività elettrica cerebrale. “È come se il loro cervello fosse costantemente bombardato, come se i loro neuroni fossero in perenne scambio elettrico. Questo genera continui attacchi epilettici. Mia figlia ha una crisi ogni trenta-quaranta secondi”, spiega ancora De Colle. “Non sono attacchi convulsivi, sono più subdoli proprio perché quasi invisibili: spesso sono solo momenti di assenza o rapidi movimenti di apertura e chiusura delle palpebre. Quando era piccola cadeva a terra senza un motivo apparente e noi non capivamo perché succedesse”.
“Tutto questo, chiaramente, ha comportato un ritardo nello sviluppo cognitivo di Linda, che ha sempre parlato poco, interagito a fatica ed è sempre stata molto schiva”, aggiunge il padre della bimba. “Per questo, inizialmente pensavamo avesse un problema di autismo. Ci siamo sbagliati, ma non di tanto”. Recentemente, infatti, le mutazioni del gene SLC6A1 sono state associate anche a problemi di natura psichiatrica, come la schizofrenia o il bipolarismo, e ai disturbi dello spettro autistico. L’eterogeneità dei sintomi associati alla mutazione di questo gene spiega, almeno in parte, la confusione e i ritardi nell’identificazione della patologia. “Sicuramente l’encefalopatia epilettica SLC6A1 è sottodiagnosticata”, afferma Andrea De Colle. “Da una serie di dati clinici raccolti in America negli ultimi anni, si stima che la patologia colpisca un neonato ogni 38.000: ciò fa pensare che in Italia possano esserci circa 2.000 pazienti ancora del tutto inconsapevoli”.
“Ad oggi, la nostra associazione ha accolto solo una decina di pazienti con questa diagnosi. La nostra speranza è che una adeguata divulgazione possa far conoscere meglio questa patologia, aiutandone l’identificazione precoce”, si augura il presidente e fondatore di SLC6A1 Connect Italia. “Questo è solo uno dei tanti obiettivi”, spiega Andrea De Colle, elencandoli: “Far conoscere la malattia, raccogliere fondi, attivare reti di supporto, connettere le persone e ritracciare le risorse presenti sul territorio: un percorso finalizzato a realizzare quel sogno che è la cura per tutti i bambini affetti da questa grave malattia. Senza dimenticare che il solo fatto di far sentire queste famiglie meno sole è, già di per sé, una cura”.
FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE