Atresia esofagea: più del 95% dei bambini sopravvive ma alcuni problemi restano per tutta la vita. Focus sulla malatti al congresso SIGENP
L’atresia esofagea è una malattia che non riguarda più solo il mondo pediatrico considerato che con una gestione multidisciplinare della disfagia e di altre problematiche i pazienti oggi sopravvivono in oltre il 95% dei casi. Se ne è parlato durante la ventottesima edizione del congresso SIGENP con la relazione “Atresia esofagea e disturbi aero-digestivi” di Frederic Gottrand della facoltà di Medicina dell’Università di Lille.
L’atresia esofagea (EA) è un’incompleta formazione dell’esofago, è un’anomalia congenita della separazione tra esofago e trachea. I neonati con EA non riescono ad ingoiare la saliva e presentano una salivazione eccessiva che richiede aspirazioni ripetute.
Da quanto riportato in letteratura, il 50% dei pazienti presenta altre anomalie, la maggior parte delle quali rientra nell’associazione VACTERL (difetti vertebrali, anorettali, cardiaci, tracheo-esofagei, renali e degli arti). Nell’86% dei casi, è presente una fistola tracheo-esofagea distale, nel 7% non si riscontra alcuna fistola, mentre il 4% dei pazienti presenta una fistola tracheo-esofagea senza atresia. Gli altri pazienti presentano atresia esofagea associata a fistola prossimale, prossimale e distale, o tracheo-esogagea.
Il trattamento dei pazienti con disturbi di atresia esofagea richiede l’intervento di un team multidisciplinare perché in genere non c’è mai un singolo problema. Possono insorgere diverse complicazioni ed essere presenti delle malformazioni e per tale motivo questi pazienti hanno bisogno anche di un lungo follow-up.
L’atresia esofagea è la malformazione più frequente del tratto gastro-intestinale con una incidenza di 1:2.500-1:3.500; la sopravvivenza è migliorata nettamente negli anni passando dal 33-50% degli anni 1941-1969 fino al 95% e superiore di oggi. Questi dati riguardano tutti gli ospedali, non solo centri specializzati.
Non è più solo un problema di chirurgia neonatale ma un problema che riguarda tutta la vita della persona perché bisogna anche considerare possibili problematiche a livello respiratorio, renale e gastro-intestinali nel corso della vita.
I disturbi dell’alimentazione sono molto frequenti nei bambini con atresia esofagea ed hanno inizio nella vita fetale durante la quale i feti vomitano all’interno dell’utero.
Alla nascita si osserva la mancanza della prima positiva esperienza della suzione, purtroppo i neonati vengono intubati e spesso provano anche dolore provocato dalle lesioni gastriche e dalle malformazioni. In alcuni casi è necessario arrivare alla ventilazione meccanica. In molti casi è difficile introdurre alimenti solidi e tra le conseguenze più gravi vi è l’esofagite eosinofila.
Uno studio multicentrico francese, in cui sono stati coinvolti 24 ospedali per un totale di 146 bambini tra gli 1 e i 3 anni, ha evidenziato che i disturbi dell’alimentazione sono molto frequenti e riguardano il 42% dei pazienti con atresia esofagea.
Sono stati pubblicati diversi studi sulla disfagia ed altri disturbi in pazienti adulti che hanno mostrato come le problematiche più rilevanti presenti per tutta la vita, oltre alla disfagia, sono reflusso gastroesofageo, esofagite endoscopica ed istologica ed esofago di Barrett’s.
Le cause della disfagia sono multifattoriali; sicuramente la dismotilità è uno dei motivi principali perché non esiste una peristalsi progressiva, il trasporto del bolo non è efficace e non esiste coordinazione nella peristalsi. Tutto ciò si traduce in una ridotta clearance. Altre cause sono la stenosi delle strutture, l’esofagite eosinofila, l’ostruzione esofagea. Anche l’aspirazione gastrica ha la sua importanza anche nel causare polmonite ab ingestis.
Le linee guida internazionali ESPGHAN-NASPGHAN di cinque anni fa hanno evidenziato come la disfagia va sospettata in pazienti con EA che presentano avversione al cibo, difficoltà nella deglutizione, tosse, vomito (statement 14). Molti pazienti si sono adattati a questi sintomi e li considerano come problemi minori. Sono stati riportati cambiamenti nelle abitudini alimentari in più del 73% dei pazienti con disfagia.
Le linee guida precisano anche che è necessario analizzare maggiormente il paziente disfagico sintomatico attraverso analisi con contrasto del tratto GI alto ed esofagoscopia con biopsia (statement 15).
Oggi sono disponibili diversi device endoscopici per creare il mucosal bridge per migliorare la deglutizione mentre i manometri esofagei nei pazienti con disfagia hanno il compito di caratterizzare i pattern di motilità esofagea; l’impatto sull’outcome clinico non è ancora stato determinato. Per gestire la disfagia ci sono differenti modalità che vanno dall’adattamento alimentare, al trattamento dell’esofagite, ai procinetici, mucosal bridge, chirurgia riparatoria, sostituzione dell’esofago, alimentazione con sondino gastrico.
In conclusione, oggi ci sono grandi potenzialità sia nella ricerca che nella clinica dell’atresia esofagea che non è più una malattia solo pediatrica ed è quindi importante migliorare anche la transizione dal bambino all’adulto.