Lupus: l’aggiunta di rituximab a belimumab non dà benefici aggiuntivi secondo i risultati dello studio BLISS-BELIEVE
L’aggiunta di un singolo ciclo di rituximab al belimumab non ha migliorato il controllo di malattia nei pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (LES) rispetto al belimumab da solo. La terapia di combinazione, invece, ha dato performance migliori rispetto alla terapia con belimumab da solo relativamente ad alcuni endpoint secondari analizzati Queste le conclusioni del trial BLISS-BELIEVE che sono state presentate nel corso del congresso annuale dell’American College of Rheumatology (1).
Razionale e disegno dello studio
Come è noto, il LES è una malattia sistemica autoimmune caratterizzata da una iperattività del sistema immunitario. L’infiammazione guidata dall’autoimmunità può avere effetti su diversi organi e tessuti e può differenziarsi da individuo ad individuo, come pure la severità di malattia.
Alcuni pazienti presentano un quadro di malattia che può essere facilmente controllato con l’armamentario terapeutico oggi disponibile, mentre in altri pazienti il controllo di malattia può rivelarsi estremamente difficile, proprio in ragione dei problemi legati al controllo adeguato dell’infiammazione guidata dal sistema immunitario.
Su questi presupposti è stato implementato il trial BLISS-BELIEVE, un trial cinico randomizzato e controllato di fase 3 che si è proposto di valutare l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di BEL combinato con un singolo ciclo di RTX in pazienti con LES, utilizzando nuovi endpoint di controllo della malattia e del raggiungimento della remissione.
Lo studio, organizzato in tre bracci di trattamento, ha reclutato 396 pazienti, 292 dei quali sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:2:1, a:
– trattamento con BEL sottocute 200 mg/settimana più placebo endovena a 4 e a sei settimane (gruppo BEL/PBO, 72 pazienti)
– trattamento con BEL più RTX endovena 1.000 mg a 4 e a 6 settimane (gruppo BEL/RTX, 144 pazienti)
– trattamento in aperto con BEL e la terapia standard.
Ai pazienti del trial era consentito di continuare ad assumere farmaci antimalarici o FANS durante lo studio.
L’endpoint primario di controllo di malattia era definito da un punteggio SLEDAI-2K non superiore a 2, raggiunto senza altri trattamenti immunosoppressivi, equivalente a quello raggiunto con prednisone ≤5 mg/die.
Risultati principali
Dall’analisi dei dati non sono emerse differenze significative tra i bracci di trattamento BEL/RTX e BEL/PBO in termini di controllo di malattia ad un anno o degli endpoint secondari “remissione clinica a 64 settimane” (SLEDAI-2K= 0) e “proporzione di pazienti con controllo di malattia a 104 settimane”.
L’uso della terapia sequenziale BEL/RTX, tuttavia, è risultato associato ad un prolungamento significativamente maggiore della durata di controllo della malattia rispetto a quanto osservato nel gruppo BEL/PBO (media: 105,4 giorni vs. 60,1 giorni; p=0,0188). Inoltre la terapia sequenziale BEL/RTX è risultata associata anche ad una più ampia variazione media del punteggio SLEDAI-2K dal basale a 104 settimane (-7,2 vs. 5,1; p=0,0033).
Infine, è stato osservato un trend allo shift di proteinuria da valori elevati al basale (<0,5 g/24h) a valori nella norma nel gruppo BEL/RTX sia ad un anno che, in modo significativamente maggiore, a 2 anni (p=0,0085).
Per quanto riguarda la safety, il profilo di eventi avversi osservato è stato generalmente consistente con quello dei singoli farmaci utilizzati nello studio, pur in presenza di infezioni/infestazioni gravi più frequenti documentati nei pazienti del gruppo BEL/RTX rispetto a BEL/PBO.
Riassumendo
I livelli di controllo di malattia rilevati in tutti i 3 bracci di trattamento sopra indicati (comprendendo il braccio in aperto di BEL utilizzato come braccio di riferimento per replicare le condizioni più vicine alla pratica clinica) sottolineano l’efficacia di belimumab, con alcuni pazienti che mantengono il controllo di malattia senza dover ricorrere ai farmaci immunosoppressori e a dosi eccessive di steroidi, due condizioni che potrebbero associarsi ad effetti avversi nel lungo termine e possono portare a danno d’organo.
D’altro canto lo studio ricorda anche che, in ragione della natura complessa ed eterogenea del LES, alcuni pazienti non sono in grado di ridurre o sospendere il trattamento in essere con immunosoppressori e corticosteroidi, e ciò può essere causa di tossicità da trattamento nel LES. Di qui la necessità di moltiplicare gli sforzi per ottimizzare il trattamento con le opzioni terapeutiche disponibili, magari agendo sul sequenziamento d’impiego dei farmaci stessi.
A distanza di quasi un mese dalla presentazione di questi dati al Congresso è stato pubblicato su Annals of Internal Medicine uno studio di fase 2 (BEAT-LUPUS) (2) dal quale sembra emergere che l’aggiunta di BEL ad un trattamento in essere con RTX ridurrebbe i livelli anticorpali di anti-dsDNA, nonché il rischio di recidive severe di malattia in pazienti con LES refrattari alla terapia convenzionale.
Tali risultati, pertanto, sembrano suffragare la necessità di condurre nuovi studi sulla terapia sequenziale RTX-BEL come prima terapia biologica di combinazione nei pazienti con LES, almeno (stando agli autori di questo studio) in quei pazienti nei quali la malattia è refrattaria alla terapia convenzionale e/o richiede dosaggi elevati di corticosteroidi.
Bibliografia
1. Aranow C et al. Efficacy and Safety of Subcutaneous Belimumab (BEL) and Rituximab (RTX) Sequential Therapy in Patients with Systemic Lupus Erythematosus: The Phase 3, Randomized, Placebo-Controlled BLISS-BELIEVE Study. ACR 2021; Abs. L13
2. Shipa M et al. Effectiveness of Belimumab After Rituximab in Systemic Lupus Erythematosus
A Randomized Controlled Trial. Ann Intern Med. 2021 Oct 26. doi: 10.7326/M21-2078. Epub ahead of print.