Schizofrenia: pimavanserina con antipsicotici efficace


Schizofrenia: sintomi negativi ridotti dall’aggiunta di pimavanserina agli antipsicotici di seconda generazione secondo nuovi risultati

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Pubblicato online su “The Lancet Psychiatry”, lo studio di fase 2 ADVANCE – randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, della durata di 26 settimane – ha mostrato che la pimavanserina riduce i sintomi negativi della schizofrenia nei pazienti stabili.

La pimavanserina è un antipsicotico atipico e agisce come agonista inverso e antagonista dei recettori della serotonina 5-HT2Acon elevata affinità di legame e ai recettori della serotonina 5-HT2C con affinità di legame inferiore.

I ricercatori, guidati da Dragana Bugarski-Kirola, di Acadia Pharmaceuticals GmbH in Svizzera, fanno notare che sono necessari ulteriori studi con dosi migliorate del farmaco per determinare se i risultati sono clinicamente significativi.

«I sintomi negativi sono stati alleviati in una serie di casi di 10 pazienti con schizofrenia i quali sono stati trattati con pimavanserina» scrivono gli autori. «Sulla base dei dati provenienti da composti con profili recettoriali simili, abbiamo ipotizzato che la pimavanserina fornisca benefici additivi negli adulti con sintomi negativi di schizofrenia il cui beneficio terapeutico – ottenuto attraverso gli effetti aggiuntivi del farmaco sul rilascio di dopamina neocorticale – è stato massimizzato in corso di trattamento con antipsicotici di seconda generazione».

Il disegno dello studio
«Lo studio di fase 2 ADVANCE ha valutato in soggetti adulti con schizofrenia e sintomi negativi predominanti l’efficacia e la sicurezza – rispetto al placebo – della pimavanserina in add-on alla terapia antipsicotica di fondo ottimizzata in corso» specificano Bugarski-Kirola e colleghi.

Tra il 4 novembre 2016 e il 16 aprile 2019, i ricercatori hanno assegnato in modo randomizzato 403 pazienti ambulatoriali – di età compresa tra 18 e 55 anni, affetti da schizofrenia con sintomi negativi predominanti – a pimavanserina o placebo con assunzione quotidiana in combinazione con un agente antipsicotico già impiegato.

Lo studio si è svolto in 83 centri in Nord America e in Europa. I partecipanti hanno ottenuto una valore pari almeno a 20 di sette “Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS) Marder negative factor item”, con punteggi di almeno 4 su almeno 2 degli item dei sintomi negativi.

Il dosaggio iniziale di 20 mg del farmaco o del placebo poteva essere modificato in 34 mg o 10 mg entro le prime 8 settimane dello studio, dopo di che il dosaggio è rimasto stabile per la restante durata dello studio stesso. I pazienti hanno ricevuto pimavanserina e placebo per via orale una volta al giorno sotto forma di due compresse individuali.

La variazione del punteggio totale del “16-item Negative Symptom Assessment (NSA-16)” tra il basale e le 26 settimane è stata utilizzata come endpoint primario. I ricercatori hanno esaminato gli esiti primari nei pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di pimavanserina e che hanno avuto valutazioni NSA-16 al basale e una o più volte in seguito. Inoltre, hanno valutato gli esiti di sicurezza nei pazienti che hanno ricevuto almeno una dose di pimavanserina.

Positivo profilo di efficacia e tollerabilità
Nell’analisi di efficacia, Bugarski-Kirola e colleghi hanno incluso 400 pazienti. In totale, 199 di questi hanno ricevuto pimavanserina (età media: 37,7 anni) e 201 hanno ricevuto placebo (età media: 36,7 anni). I risultati hanno mostrato che la pimavanserina era associata a un miglioramento significativo della variazione del punteggio totale NSA-16 tra il basale e le 26 settimane rispetto al placebo.

I ricercatori hanno anche verificato che il numero di partecipanti che hanno sperimentato eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) nel corso delle 26 settimane era simile tra quelli trattati con il farmaco (n = 80) rispetto a quelli trattati con placebo (n = 71). Cefalea e sonnolenza rappresentavano i TEAE più comuni.

Solo un partecipante nel gruppo placebo ha riportato sintomi gravi, quali forti mal di testa, rinorrea, tosse e influenza, mentre due nel gruppo pimavanserina hanno riportato un peggioramento della schizofrenia e un altro partecipante ha riferito una grave odontalgia. Pimavanserina, inoltre, era correlata con una variazione media più elevata dell’intervallo QTcF (corretto secondo Fridericia).

«Nell’ambito di un bisogno insoddisfatto di trattamenti sicuri ed efficaci per i sintomi negativi della schizofrenia, la pimavanserina aggiunta al trattamento antipsicotico in corso ha portato a un significativo miglioramento dei sintomi negativi della schizofrenia ed è stata ben tollerata» scrivono Bugarski-Kirola e colleghi.

Effetto dipendente da dosaggio, dati demografici e anamnestici
«L’efficacia del trattamento per i sintomi negativi della schizofrenia è stata influenzata dai pazienti che hanno ricevuto pimavanserina alla dose di 34 mg ed è stata maggiore negli uomini, nei pazienti europei e nei pazienti con pronunciata gravità dei sintomi rispetto a quelli con sintomi lievi o moderati o che avevano sofferto di schizofrenia e sintomi negativi per più di 5 anni» aggiungono.

«Sebbene l’esito primario fosse statisticamente significativo, sono necessari ulteriori studi per ottimizzare il dosaggio e determinare il significato clinico della pimavanserina per il trattamento dei sintomi negativi nella schizofrenia» ribadiscono, in conclusione.

Bibliografia:
Bugarski-Kirola D, A rango C, Fava M, Nasrallah H, Liu IY, Abbs B, Stankovic S. Pimavanserin for negative symptoms of schizophrenia: results from the ADVANCE phase 2 randomised, placebo-controlled trial in North America and Europe. Lancet Psychiatry. 2021 Nov 30. doi: 10.1016/S2215-0366(21)00386-2. [Epub ahead of print] Link