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Diabete di tipo 2: SGLT2 inibitori riducono il rischio gotta

I pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con SGLT2 inibitori hanno mostrato un rischio significativamente inferiore di gotta

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I pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con SGLT2 inibitori hanno mostrato un rischio significativamente inferiore di gotta

I pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con SGLT2 inibitori hanno mostrato un rischio significativamente inferiore di gotta rispetto a quanti assumevano inibitori della DPP-4, secondo i risultati di uno studio di coorte coreano pubblicato su JAMA.

Rispetto a quanti assumevano DPP-4 inibitori, i soggetti trattati con un inibitore SGLT2 avevano un rischio ridotto dell’11% di sviluppare la gotta dopo l’aggiustamento per potenziali fattori di rischio (HR 0,89). L’interazione era più forte nei pazienti di età inferiore ai 65 anni rispetto a quelli di età più avanzata (p=0,02), ma il minor rischio di gotta si è ampiamente mantenuto in tutti i sottogruppi.

«I risultati di questo studio suggeriscono che l’uso di inibitori SGLT2 può aiutare a ridurre l’incidenza della gotta nei pazienti con diabete di tipo 2», hanno affermato l’autore senior Chi-Jung Chung e colleghi della China Medical University di Taiwan.

Rischio di gotta inferiore con gli SGLT2 inibitori
A causa dell’insulino-resistenza o dell’iperinsulinemia, i pazienti diabetici hanno un rischio più elevato di iperuricemia, uno dei principali fattori di rischio per la gotta, tuttavia ci sono diversi meccanismi con cui gli SGLT2 inibitori potrebbero ridurre il rischio, hanno suggerito i ricercatori.

È stato dimostrato che questa classe di farmaci aumenta la secrezione di urato urinario nel fluido tubulare, potenzialmente inibendo i trasportatori tubulari renali di urato. Inoltre probabilmente incrementa i livelli di sirtuina-1, una proteina che inibisce la xantina ossidasi e riduce i livelli di urato nel sangue. Infine sopprimono in misura significativa l’attivazione dell’inflammasoma NLRP3 e la conseguente secrezione di interleuchina 1β, associati alle riacutizzazioni della gotta.

Uno studio di coorte retrospettivo
L’analisi retrospettiva si è concentrata sui pazienti nel database del National Health Institution di Taiwan in trattamento con un inibitore SGLT2 (n=47.905) o DPP-4 (n=183.303) dal 2016 al 2018. La maggior parte dei soggetti assumeva anche metformina e una statina. Circa la metà erano donne e l’età media era di 61 anni. La gotta è stata identificata secondo i codici ICD-9-CM e ICD-10-CM.

Gli inibitori SGLT2 rappresentati nella coorte erano dapagliflozin, empagliflozin e canagliflozin, mentre gli inibitori DPP-4 erano alogliptin, linagliptin, sitagliptin e vildagliptin.

Rischio di gotta inferiore con SGLT2 inibitori
I ricercatori hanno anche eseguito un’ulteriore analisi di sensibilità, in cui la diagnosi di gotta è stata confermata dai registri di prescrizione di un farmaco correlato alla condizione, che ha rilevato una riduzione del 15% del rischio associato agli inibitori SGLT2 rispetto agli inibitori DPP-4 (HR 0,85).

Nelle analisi dei sottogruppi non è stata rilevata alcuna riduzione del rischio di gotta nei pazienti con diabete e malattia renale cronica (CKD) che assumevano inibitori SGLT2 (HR 1,01). Secondo gli autori questo risultato può essere spiegato da ricerche precedenti che mostrano che queste molecole non abbassano i livelli di urato nel sangue nei pazienti con CKD.

Un precedente studio statunitense aveva riportato una riduzione del 36% del rischio di gotta nei pazienti che assumevano inibitori SGLT2 rispetto agli agonisti del recettore GLP-1. Secondo il gruppo di Chung la maggiore riduzione del rischio rispetto al proprio studio può essere spiegata dal fatto che gli agonisti del recettore GLP-1 non influenzano i livelli di urato nel sangue, mentre alcuni DPP-4 inibitori li inibiscono e possono quindi mitigare l’associazione dell’inibitore SGLT2 con la riduzione della gotta.

Robert Eckel dell’Università del Colorado Anschutz Medical Campus ad Aurora, non coinvolto nello studio, ha osservato che i dati osservazionali basati sulle cartelle cliniche elettroniche non hanno il peso di uno studio clinico randomizzato. «I livelli di urato non sono stati misurati e l’analisi dell’interazione per la CKD ha mostrato un valore P di 0,07, suggerendo un contributo importante, il che non è sorprendente» ha affermato. «Questa non è la prima osservazione di questo tipo, ma in questo studio i comparatori erano i DPP-4 inibitori, non gli agonisti del recettore GLP-1. In ogni caso ne è emerso un contributo importante che si aggiunge a questo effetto pleiotropico degli SGLT2 inibitori».

I punti di forza dello studio includevano l’ampia dimensione del campione e la portata di livello nazionale, mentre le limitazioni erano la mancanza di valori di laboratorio dettagliati nel database nazionale. Va inoltre considerato che gli inibitori SGLT2 sono stati introdotti per la prima volta a Taiwan nel 2016 e quindi il numero di pazienti a cui sono stati prescritti era relativamente piccolo e il periodo di follow-up di 2 anni era relativamente breve.

I ricercatori ritengono che servirebbero studi con follow-up più lungo. «Ci aspetteremmo che questa differenza di incidenza aumenti considerando intervalli temporali più lunghi, le riduzioni dei livelli di urato nel sangue dovrebbero tradursi in una riduzione del rischio di nuovi casi di gotta nel tempo» hanno concluso.

Bibliografia

Mu-Chi Chung et al. Association of Sodium-Glucose Transport Protein 2 Inhibitor Use for Type 2 Diabetes and Incidence of Gout in Taiwan. JAMA Netw Open. 2021 Nov 1;4(11):e2135353. Leggi

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