Mappa Covid Ue, Italia è rosso scuro: Regioni intervengono su conta positivi


Covid: L’Italia in rosso scuro nella mappa Ecdc insieme al resto dell’Europa Occidentale. Le Regioni: “Contare come casi positivi Covid solo i sintomatici”

mappa covid

L’intera Europa occidentale si tinge di rosso scuro nella mappa epidemiologica di questa settimana dell’Ecdc, il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie. A mantenere il colore rosso solo alcune regioni della Polonia e della Romania che nel precedente aggiornamento presentava ancora alcune regioni in arancione e in verde.
Rispetto alla mappa della scorsa settimana, sono passate al rosso scuro la Polonia, la Germania occidentale, il Nord di Norvegia e Svezia, l’Austria, l’Ungheria e la Bulgaria.
La mappa europea, ricorda lo stesso Ecdc in un tweet, viene usata come riferimento dalle istituzioni europee, per decidere le restrizioni di viaggio da molti Paesi Ue.

Le quattro colorazioni, verde, arancione, rosso e rosso scuro, sono il frutto della combinazione di diversi dati che confluiscono nella mappa: numero di casi per 100mila abitanti registrati nei 14 giorni precedenti; numero di test per 100mila abitanti effettuati nell’ultima settimana (tasso di test effettuati); percentuale di test positivi effettuati nell’ultima settimana (tasso di positività ai test). A questi si aggiungono la copertura vaccinale e la prevalenza di varianti di Covid-19 che destano preoccupazione o interesse.

I Paesi dell’Unione europea, si legge inoltre sul sito del Consiglio d’Europa nella pagina dedicata alle politiche di viaggio, hanno inoltre concordato misure comuni da applicare ai viaggiatori. Tali misure prevedono di scoraggiare decisamente tutti i viaggi non essenziali da e verso le zone rosso scuro; imporre ai viaggiatori provenienti dalle zone rosso scuro di disporre di un certificato di test negativo e di sottoporsi a quarantena/autoisolamento; applicare le stesse misure delle zone rosso scuro alle zone con un’elevata prevalenza di varianti di Covid-19 che destano preoccupazione o interesse; imporre ai viaggiatori provenienti dalle zone arancioni o rosse di disporre di un certificato di test negativo; esonerare i bambini di età inferiore ai 12 anni dall’obbligo di sottoporsi a test; esonerare i bambini e i giovani di età inferiore ai 18 anni dall’obbligo di sottoporsi a quarantena/autoisolamento se la persona che li accompagna non è soggetta a tale obbligo.

Per le persone vaccinate e guarite, riferisce la Dire (www.dire.it), l’indicazione è di non imporre loro l’obbligo sottoporsi a test o a quarantena/autoisolamento se sono in grado di dimostrare che sono state completamente vaccinate con un vaccino contro il Covid-19 approvato dall’UE; hanno ricevuto l’ultima dose raccomandata di vaccino contro la Covid-19 almeno 14 giorni prima dell’arrivo; sono guarite o sono trascorsi meno di 180 giorni dalla data del risultato positivo del test.

I CASI DI OGGI IN ITALIA

Sono 184.615 i nuovi casi di positività al Covid-19 (ieri 196.224) e 316 i decessi (ieri 313) registrati nelle ultime 14 ore in Italia. È quanto emerge dal bollettino
odierno
 del ministero della Salute. Dall’inizio della pandemia sono 8.155.645 le persone che hanno contratto il virus Sars-CoV-2, mentre da febbraio 2020 le vittime totali sono 140.188. Sono in tutto 5.691.939 i guariti o dimessi, mentre sono 82.803 le persone diventate negative nelle ultime 24 ore (ieri 108.198).

Le persone che risultano attualmente positive sono in tutto 2.323.518, pari a +101.458 rispetto a ieri (+87.921 il giorno prima). Compresi quelli molecolari e gli antigenici, i tamponi totali processati sono stati 1.181.179, dunque 9.388 in meno rispetto a 1.190.567 di ieri. Il tasso di positività, ieri al 16,5%, oggi scende al 15,6%. Sul fronte del sistema sanitario, crescono le degenze in area medica ma diminuiscono quelle nei reparti di rianimazione. Sono infatti +339 (ieri +242), per un totale di 17.648 ricoverati, i posti letto occupati nei reparti Covid ordinari. Sono invece -1 (ieri -8) i posti letto occupati in terapia intensiva, numero che porta a 1.668 il totale dei malati più gravi, con 1.556 ingressi in rianimazione (ieri 156).

L’INTERVENTO DELLE REGIONI SUL CONTEGGIO DEI POSITIVI AL COVID

Le Regioni, Veneto in testa, chiederanno che la definizione di caso di Covid sia cambiata, in adesione alle linee guida dell’Ecdc. E quindi identificando come caso solo chi, oltre ad un tampone molecolare o antigenico positivo presenti anche sintomi influenzali o malattia respiratoria. Lo ribadisce il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, oggi in conferenza stampa dalla sede della Protezione civile regionale a Marghera. “L’Ecdc invita a classificare come caso solo i positivi con sintomi, questo cambia la storia del Covid“, afferma Zaia.

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Al momento il dibattito in Italia, come in altri Paesi europei, è in corso, “la perplessità è che se ci sono tanti positivi asintomatici il rischio è che questi infettino“, sottolinea il governatore, ma “a noi sembra che la quota dei sintomatici si stia abbassano molto e chiediamo di adottare le linee guida dell’Ecdc”. Anche perché, di fatto, è probabile che molti asintomatici siano comunque in giro, dato che “oggi ad esempio abbiamo 224.145 positivi individuati, ma non vuol dire che li abbiamo trovati tutti”, ricorda Zaia, anzi. L’incidenza di positivi sui tamponi effettuati è dell’11,7% e questo vuol dire che verosimilmente su cinque milioni di veneti i reali positivi sono almeno 500.000.

Un altro aspetto, su cui peraltro un eventuale cambiamento della definizione di caso inciderebbe, è quello relativo ai ricoveri ospedalieriOggi vengono infatti calcolati come pazienti Covid anche i pazienti che vengono ricoverati per altre ragioni e si scoprono poi positivi al momento del ricovero. “Il caso più frequente è quello della partoriente – nota Zaia – Chiariamoci, non è che siamo pieni di pazienti di questo tipo, noi li chiamiamo ‘Covid per caso’. Ma oggi a Verona su 131 ricoveri circa 50 sono di questo tipo. Chiediamo che questa quota di pazienti, che non è vastissima ma pesa nel passaggio di area, venga depennata dalle statistiche”, dichiara il presidente del Veneto.

Infine, c’è “il tema delle quarantene non retribuite, che è inquietante. Non possiamo imporre la quarantena e non riconoscerla come malattia“, conclude Zaia. “Capite che c’è il rischio che la gente che ha bisogno di lavorare neghi il contatto con il positivo”.