In Molise ogni anno 250 nuove diagnosi di tumore al seno. Primo accesso gratuito al test genomico che consente di evitare chemioterapie inappropriate
Per la prima volta in Molise una donna colpita da tumore della mammella ha avuto accesso gratuitamente al test genomico che consente di evitare chemioterapie inappropriate dopo l’intervento chirurgico. La disponibilità di questi test molecolari in tutte le Regioni rappresenta una battaglia di civiltà per cui l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e le associazioni di pazienti si stanno battendo da mesi. Ogni anno in Molise circa 250 donne sono colpite da carcinoma della mammella.
“Si stima che questi esami possano essere prescritti ad una paziente su cinque – afferma Francesco Carrozza, Direttore Oncologia Ospedale San Timoteo di Termoli e Coordinatore AIOM Molise -. Sono circa 50, ogni anno, le donne in Molise candidate ai test genomici. A dicembre 2020, la Legge di Bilancio ha istituito un Fondo di 20 milioni di euro per la loro applicazione gratuita su tutto il territorio nazionale. A luglio 2021, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato il decreto attuativo che ha sbloccato i 20 milioni di euro inclusi nel Fondo.
In Molise è presente un’unica Breast Unit che aggrega tre strutture, l’Ospedale San Timoteo di Termoli, l’Ospedale Cardarelli di Campobasso (centro hub) e l’Ospedale Ferdinando Veneziale di Isernia. I Direttori delle Oncologie dei tre centri si sono impegnati per la pubblicazione della delibera regionale di recepimento del decreto del Governo e la successiva procedura per l’acquisto del test genomico. Le pazienti individuate per questa specifica prestazione sanitaria sono quelle con carcinoma invasivo della mammella in stadio precoce che esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2 considerate a rischio intermedio”.
“Grazie agli screening e alle terapie innovative, la sopravvivenza a 5 anni in Italia in questa neoplasia raggiunge l’88% – continua il dott. Carrozza -. Va però considerato che la recidiva del tumore al seno può verificarsi fino ad oltre un ventennio dalla diagnosi iniziale, soprattutto nelle donne con carcinoma positivo ai recettori ormonali. Il trattamento chemioterapico adiuvante, eseguito cioè dopo la chirurgia, riduce il rischio di recidiva”.
“Il vantaggio dell’aggiunta della chemioterapia adiuvante alla terapia ormonale è controverso in alcuni casi – conclude il dott. Carrozza -. I test genomici sono uno strumento importante per il clinico nella scelta del trattamento per le donne che, in base alle caratteristiche anatomopatologiche e cliniche, sono in una sorta di ‘zona grigia’, in cui non si può includere o escludere con certezza la chemioterapia rispetto alla sola terapia ormonale. Non somministrare chemioterapie inutili può eliminare un carico di sofferenze e disagio per migliaia di donne in Italia e favorire risparmi per il sistema sanitario”.