Individuata una strategia capace di correggere il difetto genetico della distrofia miotonica di tipo 1 (DM1). La ricerca è condotta dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr e dalla Gruppo San Donato Foundation
Una strategia capace di correggere il difetto genetico della distrofia miotonica di tipo 1 (DM1) è stata messa a punto in uno studio preclinico, utilizzando cellule derivate dai pazienti e un modello murino che mostra diverse caratteristiche della malattia.
Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Molecular Therapy Nucleic Acids, è coordinato da Germana Falcone, dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), e partecipa al progetto l’Unità di Cardiologia Molecolare diretta da Fabio Martelli, presso l’IRCCS Policlinico San Donato (Gruppo San Donato). A sostenere lo studio, un finanziamento di Fondazione Telethon a favore del Cnr-Ibbc e della Gruppo San Donato Foundation, ente no profit che sostiene la ricerca scientifica degli IRCCS del Gruppo San Donato.
Il gruppo di ricerca ha ideato e realizzato un sistema modulabile basato sull’uso di CRISPR-Cas9 per eliminare definitivamente la mutazione che causa la DM1. Gli RNA guida, appositamente disegnati per posizionare l’enzima Cas9 sulle sequenze di DNA adiacenti la mutazione e rimuoverla, possono essere regolati mediante la somministrazione di una molecola attivante. Questo permette di avere uno stretto controllo dell’azione di taglio e di ridurre il rischio di possibili effetti non desiderati in altre regioni genomiche.
La DM1 è la forma più comune di distrofia muscolare negli adulti (1 caso ogni 5000 individui) e colpisce vari organi, in particolare i muscoli e il sistema nervoso centrale, con conseguenti disturbi della funzionalità cardiaca, atrofia muscolare e alterazione delle funzioni cognitive. Soprattutto nelle forme più gravi, la qualità e l’aspettativa di vita delle persone affette risultano gravemente compromesse. La causa della malattia sta nell’aumento abnorme del numero di triplette di CTG (le basi citosina, timina e guanina, elementi costitutivi del DNA) presenti in un gene denominato DMPK e nella produzione di un RNA messaggero “tossico” per le cellule, che provoca una alterazione generalizzata dell’espressione genica. Sebbene siano stati tentati molti approcci terapeutici, principalmente rivolti ad alleviare i sintomi, nessuno di questi ha portato finora ad una cura definitiva della malattia.
Lo studio italiano ha utilizzato un metodo di editing genomico basato sull’uso del complesso CRISPR-Cas9, già usato su un’ampia gamma di organismi, ma che solo recentemente è stato applicato con successo anche a fini terapeutici in cellule umane, grazie all’intuizione di due ricercatrici, Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, insignite nel 2020 del premio Nobel per la chimica proprio per questa scoperta.
“Nel nostro laboratorio ci occupiamo da anni di studiare i meccanismi molecolari che sono alla base delle manifestazioni patologiche della DM1. Questa tecnologia ci ha permesso di ottenere una efficiente correzione del difetto genetico e conseguente recupero delle alterazioni molecolari tipicamente associate alla malattia, sia in cellule in coltura derivate da pazienti affetti da DM1, sia nel muscolo scheletrico di modelli murini, che contengono nel loro genoma un gene DMPK umano mutato”, spiega Germana Falcone.
“L’elevata efficienza e precisione con cui i sistemi CRISPR-Cas9 tagliano il DNA, possono essere sfruttati, con opportune modifiche, per tagliare il DNA in un sito predeterminato, rendendo la tecnica particolarmente versatile e con possibili applicazioni terapeutiche in un gran numero di malattie genetiche” argomenta Fabio Martelli.
“Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti a livello molecolare e stiamo perfezionando gli studi preclinici sul modello murino per ottenere anche un recupero sulle funzioni motorie e comportamentali. I dati ottenuti ci hanno confermato che è possibile ottenere la correzione del difetto genetico in maniera modulabile, sicura ed efficace ed è quindi plausibile che in un prossimo futuro questa terapia genica possa essere applicata ai pazienti affetti dalla DM1”, conclude Germana Falcone.
Proprio in questi giorni, fino al 19 dicembre, è in corso la settimana di sensibilizzazione e la trentunesima edizione della maratona di Fondazione Telethon, per continuare a sostenere la ricerca scientifica sulle malattie genetiche rare, messa a dura prova nei mesi di emergenza legata al Coronavirus.