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Da “K” a “Sotto il vulcano”: tornano le riviste letterarie

Da "K" a "Sotto il vulcano": tornano le riviste letterarie

Tornano le riviste letterarie: eliminata la critica, è la cronaca a dominare. Di cosa parlano Sotto il Vulcano, K, Cose e Review

Chi pensava, dieci o quindici anni fa, che le riviste letterarie cartacee sarebbero scomparse, soppiantate dalla rete e dal ruolo predominante dei social, dovrà ricredersi. C’erano una volta e ci sono ancora. Forse meno accademiche, sicuramente poco avvezze alla critica e a quel giornalismo culturale che strizzava l’occhio ai maestri del Novecento, ma più impegnate nel documentare il mondo in cui viviamo e le nuove tendenze. Le riviste letterarie di oggi ruotano intorno a un tema, una parola, un modo di essere. Come ‘Sotto il vulcano’, il trimestrale pubblicato da Feltrinelli e diretto da Marino Sinibaldi, ex direttore di Radio 3, presidente del Centro per il Libro e la Lettura e curatore del festival ‘Libri Come’. L’intento è quello di dedicare ogni numero a un tema preciso, come fosse un libro o una monografia. “‘Sotto il vulcano’ nasce per trovare un momento di maggiore attenzione e cura rispetto a quello che accade, immersi come siamo nella convivenza di una pandemia- spiega Sinibaldi-. C’è bisogno di aprire uno spazio alle idee e alla narrazioni che nascono dall’umanità traumatizzata con cui abbiamo a che fare”. Ogni uscita prevede una condirettrice o condirettore (la prima è Helena Janeczek) e collaboratori diversi di volta in volta.

In ‘Cronache dal mondo nuovo’ (già in ristampa) compaiono, tra gli altri, Colum McCann, Javier Cercas, Etgar Keret, Andrea Bajani, Chiara Valerio, Igiaba Scego. “C’è bisogno di qualcosa che guardi la quotidianità da una giusta distanza, e questo è il ruolo delle riviste- sottolinea Sinibaldi-. Possono andare di pari passo con i social, una cosa non esclude l’altra, anzi la carta consente di avere un dato di stabilità maggiore. Dunque non ho timore della concorrenza, anzi mi fa felice“.

Felice è la stessa parola che usa la scrittrice Nadia Terranova, curatrice della rivista ‘K’, pubblicata da Linkiesta e giunta al terzo numero. “Sì, sono felice di aver inaugurato questa ripresa delle riviste letterarie. Durante il lockdown abbiamo sperimentato di nuovo il desiderio di avere a che fare con la carta. La tecnologia ci ha aiutato a restare connessi con le persone lontane e ad essere informati, ma il tempo libero ci ha dato la possibilità di riscoprire la carta, la voglia di leggere, segno che un certo intrattenimento culturale non è passato di moda”. Ogni numero di ‘K’ è legato a un tema. Dopo il Sesso e la Memoria, ecco la Città. Anche in questo caso gli autori, che partecipano con un racconto inedito, cambiano a ogni uscita. “‘K’ è uno spazio di concreta libertà in cui fotografo lo stato della letteratura italiana in quel momento- aggiunge Terranova- Cerco di offrire uno spaccato oggettivo che oltrepassi i miei gusti. E’ già in preparazione il quarto numero, non posso anticipare il tema, ma avrà al centro una parola che mette in imbarazzo gli scrittori”.

Nel panorama delle riviste cartacee c’è poi ‘Cose’, realizzata dal Post in collaborazione con Iperborea. Anche in questo caso ogni titolo è dedicato a un argomento. Due i numeri usciti finora: ‘A proposito di libri’ e ‘Questioni di un certo genere’, quest’ultimo dedicato alle identità sessuali, ai diritti, alle parole da usare in modo corretto come ‘LGBTQIA+’, ‘transgender’, ‘pansessuale’.

“L’argomento di questo secondo numero è l’argomento degli argomenti- scrive il direttore de Il Post, Luca Sofri-: il rispetto e la comprensione per quello che le persone vogliono essere”. In Italia il dibattito ha avuto un’importante accelerazione – scaturito anche dal discusso ddl Zan – senza dare il tempo a molte persone di avere una conoscenza maggiore degli argomenti in discussione. Per questo motivo il Post ha scelto di dedicare al tema un intero numero della sua rivista di carta. D’altronde i diritti, insieme al cambiamento climatico, sono i temi del nostro tempo.

Tra le ultime novità c’è infine ‘Review’, la rivista mensile de Il Foglio, coordinata da Annalena Benini. In questo caso non c’è un tema a comandare, l’intento è di consegnare ai lettori lunghi articoli (longform) o veri e propri saggi letterari in cui scoprire una voce, ritrovare un’esperienza, riflettere su noi stessi. Esempi perfetti sono l’epistolario, in cui due scrittori si inviano reciprocamente una lettera (come Ginzburg-Trevi e Di Pietrantonio-Bacà) o pezzi come ‘Fuori, la festa. Dentro, la febbre’ di Giulia Caminito, vincitrice dell’ultima edizione del premio Campiello – che prova a raccontare il rapporto tra fragilità e scrittura, attraverso il saggio ‘Sulla malattia’ di Virginia Woolf passando per Austen, Brontë, O’ Connor e Ramondino. Ma che fine hanno fatto gli articoli di critica letteraria, che una volta erano la linfa delle riviste? “Sono spariti perché la letteratura ha subìto una perdita di centralità, è stata surclassata dal tempo dell’informazione, gli scrittori si confrontano con la cronaca” spiega Raffaele Manica, saggista e direttore della storica rivista Nuovi Argomenti. “Oggi si scambia la critica per un post su Facebook, dove tutto si risolve con una battuta e manca il tempo della riflessione-. C’è anche un problema editoriale- sottolinea Manica alla Dire (www.dire.it)-: un tempo gli editori pubblicavano raccolte di saggi, oggi non li vuole più nessuno e le monografie che escono non sono critica letteraria. Nelle riviste cartacee, poi, si fatica anche a trovare qualcuno che abbia voglia di praticare questa vocazione, perché ha scarsi riconoscimenti. Anzi, vedo tanta gente che si fregia del titolo di critico, emettendo sentenze e giudizi, senza aver mai scritto un saggio più lungo di quattro cartelle…“.

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