Leucemia linfoblastica acuta di tipo T: uno studio della Fondazione Tettamanti ha decifrato il “linguaggio” delle cellule tumorali
Uno studio svolto dai ricercatori della Fondazione Tettamanti, presso il Centro Maria Letizia Verga a Monza, ha permesso di decifrare il linguaggio delle cellule leucemiche di un particolare tipo di leucemia linfoblastica acuta, quella a cellule T (T-ALL), un tumore aggressivo che nasce dai linfoblasti di origine T e che rappresenta il 15% delle leucemie linfoblastiche acute diagnosticate in età pediatrica. I risultati dello studio, realizzato in collaborazione con la Charles University di Praga (Repubblica Ceca) e con l’Università di Padova, è pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Haematologica.
L’analisi del comportamento delle cellule in risposta ai farmaci, eseguita attraverso la citometria di massa, un’evoluzione tecnologica della citometria a flusso, aiuterà i ricercatori a comprendere meglio il comportamento delle cellule tumorali e a sviluppare nuove terapie personalizzate per questo tipo di tumore che in circa il 30% dei casi presenta recidive resistenti alle terapie convenzionali.
L’uso della citometria di massa a livello di singola cellula è un metodo di particolare interesse per questo tipo di tumori perché consente di analizzare fino a 50 parametri biologici, sia funzionali che strutturali, in ogni singola cellula del campione, consentendo così di ovviare all’eterogeneità della malattia grazie al raggruppamento delle cellule in sottogruppi omogenei (ad esempio per mutazione genetica) e identificando cosi popolazioni cellulari minoritarie il cui significato sarebbe oscurato nella moltitudine del tumore intero.
In questo studio i ricercatori hanno scoperto che le cellule di T-ALL attivano dei circuiti diversi, ovvero ‘linguaggi’ diversi, in risposta a stimoli fisiologici o farmaci somministrati in laboratorio. Inoltre, tale comportamento differenziato ed esclusivo si mantiene inalterato in occasione della recidiva e potrebbe avere una correlazione con la risposta in vivo, cioè nel paziente, ai farmaci steroidei nelle prime settimane di trattamento clinico.
Giuseppe Gaipa, ricercatore della Fondazione Tettamanti e responsabile del Laboratorio di terapia cellulare e genica Stefano Verri, sottolinea: “I risultati di questo studio confermano la necessità di puntare sull’innovazione tecnologica per personalizzare quanto più possibile ogni approccio terapeutico. Ciò potrà consentire l’individuazione di bersagli molecolari specifici per nuovi farmaci e l’uso sempre più intelligente dei farmaci tradizionali. Per la realizzazione di questo studio, infatti, abbiamo utilizzato la citometria di massa, una tecnologia avanzata che permette di indagare numerosi parametri cellulari a livello di singola cellula, interpretandone il ‘linguaggio’ in risposta a diversi stimoli. Questo approccio avanzato ha permesso di identificare cluster di cellule distinti e con diversa reattività, che, anche se in proporzioni diverse rispetto alla diagnosi, persistono alla ricaduta di malattia, dimostrando l’importanza dell’individuazione precoce delle popolazioni minoritarie che potrebbero avere impatto sulla risposta clinica”.
Lo studio è stato realizzato grazie al supporto di Fondazione Alessandro Maria Zancan Onlus “Grande Ale Onlus”, Fondazione M. Tettamanti De Marchi, AIRC e Ministero della Salute della Repubblica Ceca.
La leucemia linfoblastica acuta è un tumore del sangue che ha origine da un tipo particolare di globuli bianchi, chiamati linfociti, ed è definita “acuta” perché caratterizzata da un’elevata aggressività. In questa patologia, un linfocita B o T immaturo va incontro a una trasformazione tumorale: i processi di maturazione che portano al linfocita “adulto” si bloccano e la cellula comincia a riprodursi più velocemente invadendo il sangue e raggiungendo anche i linfonodi, la milza, il fegato e il sistema nervoso centrale. La leucemia linfoblastica acuta è il tumore più frequente in età pediatrica, costituendo in questa fascia di età l’80% delle leucemie e circa il 25% di tutti i tumori diagnosticati tra 0 e 14 anni. La massima incidenza si registra tra i due e i cinque anni, per poi calare con l’aumentare dell’età.