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Hunters Group: il nuovo lusso è la sostenibilità

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Hunters Group: il nuovo lusso è la sostenibilità. Il 2022 è l’anno del Sustainability Manager, crescono le opportunità per gli eco-professionisti

Uno dei temi che negli ultimi anni ha avuto una risonanza sempre maggiore, sensibilizzando le aziende, il mercato e le persone che ne fanno parte, è quello della sostenibilità ambientale.

Un fenomeno dal quale non viene escluso il mondo del lusso e i grandi protagonisti della moda che ne fanno parte: sempre più maison, infatti, hanno abbracciato questa nuova wave, portando a forti cambiamenti nel loro assetto e nelle loro collezioni. Un trend confermato, ad esempio, anche dal gruppo Kering che ha annunciato recentemente l’intenzione di diventare Fur Free entro il 2022.

Ma esattamente che cosa significa essere eco sostenibile? Quali sono le azioni dietro queste scelte? Cosa comporta per un brand intraprendere questo percorso? Convertire la produzione in una moda Fur Free non rappresenta esclusivamente una scelta di tendenza, bensì la volontà di intraprendere uno sviluppo sostenibile secondo una visione di lusso che abbraccia valori e standard ambientali e sociali.

Ciò che al pubblico appare come un impiego di materiali differenti e un’innovativa presentazione del brand, in realtà sottende una profonda modifica del processo produttivo e, di conseguenza, dell’organizzazione e della cultura aziendale.

Secondo un recente studio condotto da Hunters Group, società specializzata nella ricerca e selezione di personale qualificato, ci sono ottime occasioni per il Sustainability Manager, un professionista che agisce in maniera trasversale sulle varie funzioni operative e strategiche, per guidare i brand nella costruzione e nel mantenimento di standard sempre più elevati in termini di sostenibilità.

Il suo ruolo agisce sull’intera filiera produttiva con l’obiettivo di trasformare l’azienda – agli occhi degli stakeholder, del mercato e internamente – portando i dipendenti a sposare una sustainability view. Per questo motivo, le sue competenze devono essere molto trasversali, per integrarsi nella realtà operativa, analizzarla e adottare strategie innovative.

Il Sustainability Manager deve essere in grado di interfacciarsi con i vari reparti, dagli acquisti alla produzione, dalle operation alla comunicazione con l’ufficio stile, al fine di ottimizzare best practice produttive che siano compliant rispetto alla visione aziendale.

Questa figura deve essere attenta anche al lato economico, adottando scelte e strategie che tengano conto delle implicazioni finanziarie, oltre che organizzative e culturali, per garantire che lo sviluppo sostenibile sia compatibile con il profitto aziendale.

Sebbene, ad oggi, non esista uno specifico percorso accademico, le lauree in economia aziendale e management, quelle in ingegneria gestionale e quelle in giurisprudenza sono certamente un buon punto di partenza. Non mancano, inoltre, numerosi corsi di specializzazione o master post laurea, organizzati da università italiane e straniere.

In Italia, la retribuzione annua lorda prevista per questo tipo di profilo è compresa in una forbice di 50.000 e 65.000 euro.

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