Registrata dagli astrofisici la “canzone del Sole”: la scoperta è descritta in uno studio, firmato da ricercatori dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Istituto nazionale di astrofisica
Le strutture stellari risuonano come giganteschi gong in modo del tutto simile a quanto accade sulla Terra con le onde sismiche. Queste oscillazioni sono state spesso utilizzate per ottenere informazioni sulle regioni stellari più interne, ma non sono le uniche risonanze che si generano in una stella.
La rilevazione giunge da un lavoro pubblicato oggi sulla rivista Nature Communications, coordinato da Marco Stangalini, prima firma dello studio e ricercatore della direzione Scienza e ricerca dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), e che vede coinvolti ricercatori e ricercatrici di 12 tra i maggiori istituti di ricerca internazionali, tra cui Mariarita Murabito, Ilaria Ermolli e Fabrizio Giorgi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).
Grazie a una combinazione di osservazioni ad alta risoluzione da Terra e dallo spazio con tecniche di modellizzazione all’avanguardia, è stato possibile individuare per la prima volta che i campi magnetici nell’atmosfera solare possono risuonare dando luogo ad un ampio spettro di frequenze.
Come la membrana di un tamburo o la corda di una chitarra, molte armoniche risonanti possono essere eccitate simultaneamente in una macchia solare, generando all’interno di essa peculiari pattern di oscillazioni magneto-acustiche che dipendono dalle condizioni fisiche della regione magnetica.
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Così come nel nostro quotidiano, il suono caratteristico generato dal tocco di un oggetto ci permette di conoscerne la natura del materiale costituente, queste oscillazioni rappresentano la “sinfonia” caratteristica delle macchie solari. Allo stesso tempo, rappresentano un importante strumento di diagnostica dell’atmosfera solare, aprendo nuovi scenari per lo sfruttamento dei dati di missioni come Solar Orbiter, la missione europea con un importante contributo italiano lanciata nel 2020 e appena entrata nella fase scientifica nominale.
«È la prima volta che oscillazioni coerenti su scale dell’ordine di circa 40mila km, circa tre volte il diametro terrestre, vengono identificate in una struttura magnetica solare», dice Marco Stangalini dell’Agenzia spaziale italiana. «L’identificazione e la modellizzazione dello spettro di risonanza di strutture magnetiche nell’atmosfera solare possono avere notevoli ricadute non solo nel campo diagnostica dell’atmosfera solare stessa, ma anche in altri contesti astrofisici come l’astrosismologia e nella caratterizzazione del disturbo legato all’attività stellare nella ricerca di pianeti extrasolari».
«Le osservazioni analizzate nello studio», ricorda Mariarita Murabito, ricercatrice dell’Inaf a Roma, «sono state acquisite con lo spettropolarimetro Ibis dell’Inaf, archetipo di strumenti previsti per le missioni di nuova generazione e per i nuovi telescopi di grande apertura Dkist ed Est».
«Osservazioni del Sole dello stesso tipo», aggiunge Ilaria Ermolli, ricercatrice dell’Inaf a Roma, «sono anche necessarie per comprendere l’origine della meteorologia dello spazio (space weather) con effetti nell’intera eliosfera e a Terra».
Lo studio rappresenta la prima prova osservativa dell’esistenza simultanea di decine di frequenze di risonanza in una struttura magnetica, utile alla comprensione del riscaldamento del plasma nell’atmosfera solare. L’identificazione e l’interpretazione di queste frequenze è stata possibile grazie ad osservazioni spettropolarimetriche accurate ad alta risoluzione e alla realizzazione di una nuova tipologia di modelli magneto-idrodinamici che riproducono fedelmente le osservazioni.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Communications l’articolo “Large scale coherent magnetohydrodynamic oscillations in a sunspot” di M. Stangalini, G. Verth, V. Fedun, A. A. Aldhafeeri, D. B. Jess, S. Jafarzadeh, P. H. Keys, B. Fleck, J. Terradas, M. Murabito, I. Ermolli, R. Soler, F. Giorgi & C. D. MacBride