Leucemia mieloide: gilteritinib e azacitidina efficaci


Leucemia mieloide acuta FLT3+: gilteritinib aggiunto ad azacitidina in prima linea aumenta le remissioni complete

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Nei pazienti con leucemia mieloide acuta portatori di mutazioni del gene FLT3 (FLT3+) e non idonei per una chemioterapia intensiva, il trattamento di prima linea con gilteritinib in combinazione con l’ipometilante azacitadina produce tassi di remissione completa composita significativamente più elevati rispetto alla sola azacitidina. Lo dimostrano i risultati di un’analisi dello studio di fase 3 LACEWING, presentata all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH).

Nel complesso, il massimo beneficio di gilteritinib aggiunto ad azacitidina si è registrato fra i pazienti con un performance status ECOG pari a 0 o 1 e un rapporto allelico elevato per le mutazioni FLT3-ITD.

I presupposti dello studio
«I pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi con FLT3 mutato che non sono in grado di affrontare una chemioterapia intensiva hanno poche opzioni terapeutiche a disposizione e una sopravvivenza globale breve. I risultati del trattamento con gli agenti ipometilanti comunemente usati per trattare questi pazienti, come l’azacitidina, sono modesti» ha spiegato durante la sua presentazione Eunice S. Wang, del Roswell Park Comprehensive Cancer di Buffalo.

Gilteritinib, un inibitore della tirosin-chinasi FLT3 di nuova generazione, è stato approvato dalle agenzie regolatorie e dall’aprile 2021 è disponibile anche in Italia grazie ai risultati dello studio di fase 3 ADMIRAL, in cui ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto alla chemioterapia, unita a un buon profilo di sicurezza nei pazienti con leucemia mieloide acuta FLT3+, recidivata o refrattaria.

«Nei modelli murini preclinici trattati con la combinazione di gilteritinib e azacitidina si è osservata un’attività anti-leucemia incoraggiante e un effetto sinergico dei due farmaci» ha proseguito la Wang. «Pertanto, lo studio LACEWING è stato progettato per confrontare l’efficacia e la sicurezza di gilteritinib più azacitidina rispetto alla sola azacitidina in pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi con mutazioni di FLT3, non candidabili a una chemioterapia di induzione intensiva».

Lo studio LACEWING
L’analisi presentata all’ASH ha riguardato 123 pazienti, assegnati in modo casuale secondo un rapporto 2:1 al trattamento con gilteritinib più azacitidina (74 pazienti; età media: 78 anni; performance status ECOG pari a 2 nel 47,3% dei casi) o la sola azacitidina (49 pazienti; età media: 76 anni; performance status ECOG pari a 2 nel 32,7% dei casi).

I pazienti del braccio sperimentale sono stati trattati con gilteritinib 120 mg/die per via orale ogni giorno nei giorni da 1 a 28 più azacitidina 75 mg/m2 al giorno per via sottocutanea o endovenosa nei giorni da 1 a 7, mentre quelli del gruppo di controllo hanno ricevuto la sola azacitidina con la stessa posologia.

La data di randomizzazione era considerata come la data di fallimento del trattamento se non si raggiungeva la remissione completa dopo sei cicli.

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale (OS), mentre l’endpoint secondario chiave era la sopravvivenza libera da eventi (EFS). Altri endpoint analizzati erano i tassi di risposta, la sicurezza/tollerabilità e la farmacocinetica; inoltre, sono state eseguite analisi di sensibilità/sottogruppo prespecificate.

Sono già disponibili i dati di follow-up a 3 o più anni, inclusi quelli relativi alla terapia successiva a quella in studio a cui i pazienti hanno dovuto sottoporsi.

Il follow-up mediano è stato di 9,76 mesi per il braccio trattato con gilteritinib-azacitidina e di 17,97 mesi per quello trattato con la sola azacitidina.

Con gilteritinib meno pazienti hanno richiesto una successiva terapia
Un dato interessante riportato dalla Wang riguarda i pazienti che dopo il trattamento con la combinazione gilteritinib più azacitidina o con la sola azactidina hanno dovuto ricorrere successivamente a un’altra terapia.

«Nel gruppo trattato con la sola azacitidina una quota maggiore di pazienti ha avuto bisogno di una successiva terapia antileucemica» ha detto l’autrice.

Infatti, la percentuale di pazienti che ha dovuto ricorrere a un qualunque trattamento successivo è risultata del 20,3% nel braccio trattato con la combinazione con gilteritinib mentre nel braccio assegnato al solo ipometilante è risultata più del doppio, 44,9%. Inoltre, i pazienti che hanno dovuto essere trattati con un regime contenente un inibitore di FLT3 sono risultati rispettivamente il 4,1% contro 28,6%.

Ma non solo. Il trattamento con gilteritinb ha permesso di ritardare il ricorso alla terapia successiva. Infatti, il tempo mediano alla terapia antileucemica successiva è stato di 8,2 mesi nel braccio trattato con la combinazione gilteritinib più azacitidina, a fronte di 4,5 mesi nel braccio di controllo.

Sopravvivenza simile, ma possibili fattori confondenti
I risultati di un’analisi ad interim eseguita dopo 70 decessi hanno mostrato un’OS mediana di 9,82 mesi con gilteritinib più azacitidina e 8,87 mesi con azacitidina (HR 0,916; IC al 95% 0,529-1,585), senza una differenza statisticamente significativa fra i due bracci.

Per spiegare questo risultato, la Wang ha detto che fattori confondenti potrebbero essere stati il numero maggiore di pazienti nel braccio gilteritinib più azacitidina con un performance status peggiore e gli effetti confondenti della terapia antileucemica successiva, che includeva gli inibitori di FLT3 (in particolare gilteritinib) nei pazienti del braccio solo azacitidina.

Inoltre, la Wang e i colleghi hanno osservato un miglioramento dell’OS con la combinazione dei due farmaci nel sottogruppo di pazienti con performance status ECOG pari a 0 o 1 (HR 0,81; IC al 95% 0,4-1,6) e in quello con un rapporto allelico per le FLT3-ITD pari a 0,5 o superiore (HR 0,5; IC al 95% 0,28-1,18).

L’EFS mediana è risultata di 0,03 mesi in entrambi i gruppi (HR 1,17; IC al 95% 0,76-1,8; P = 0,459). Tuttavia, nelle analisi di sensibilità in cui gli eventi si sono basati sulla remissione completa composita (anziché la sola remissione completa), l’EFS mediana è risultata più lunga per il braccio gilteritinib più azacitidina, e pari a 4,73 mesi, a fronte di 2,07 mesi per il braccio sola azacitidina (HR = 0,896; IC al 95% 0,573-1,4; P = 0,0668).

Tassi di remissione completa composita più alti con gilteritinib
I tassi di remissione completa sono risultati simili nei due bracci di trattamento (16,2% contro 14,3%) .

Tuttavia, i tassi di remissione completa composita (un endpoint che comprende i tassi di remissione completa, i tassi di remissione completa con recupero incompleto delle piastrine e i tassi di remissione completa con recupero incompleto dell’emocromo, sono risultati significativamente più alti con la combinazione: 58,1% contro 26,5%, una differenza del 31,4% (IC al 95% 13,1-49,7). «E quest’ultimo risultato sembra dipendere soprattutto da un tasso di risposta completa con recupero ematologico incompleto più alto nel braccio trattato con la combinazione.

Buon profilo di sicurezza
L’incidenza complessiva degli eventi avversi è stata simile nei due bracci (100% contro 91,5%), così come quella degli eventi avversi di grado 3 o superiore (95,9% contro 89,4%).

Tra gli eventi avversi comuni nel braccio trattato con gilteritinib più azacitidina ci sono stati la piressia (47,9%) e la diarrea (38,4%).
In ciascun braccio si sono registrati quattro decessi a causa di eventi avversi correlati al trattamento.

Sulla base di questi risultati, ha concluso la Wang, «riteniamo che questi risultati giustifichino il proseguimento della valutazione della sicurezza e dell’attività di gilteritinib più azacitidina in pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi con FLT3 mutato».

Bibliografia
E.S. Wang, et al. Phase 3, Open-Label, Randomized Study of Gilteritinib and Azacitidine Vs Azacitidine for Newly Diagnosed FLT3-Mutated Acute Myeloid Leukemia in Patients Ineligible for Intensive Induction Chemotherapy. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 700. Link