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Nuove scoperte sulla relazione tra giacimenti di metano e forti terremoti

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Nuovi risultati sulla relazione tra giacimenti di metano e forti terremoti: pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports uno studio sulla situazione italiana

La presenza di un giacimento di metano al di sopra di una grande faglia attiva indica che quella faglia difficilmente genererà forti terremoti, e viceversa. Lo dimostra un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica Scientific Reports, frutto della collaborazione tra ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV. Analizzando un robusto set di dati geologici e geofisici i ricercatori hanno visto che proprio la presenza di metano in giacimenti naturali costituisce una sorta di “assicurazione” contro tali eventi estremi.

“La ricerca, promossa dall’OGS e dall’INGV, ha riguardato un ampio settore che si estende dalla Pianura Padana occidentale all’Adriatico settentrionale e all’Abruzzo, un’area storicamente considerata più promettente per l’estrazione di metano in Italia” ha spiegato Gianluca Valensise, dirigente di ricerca dell’INGV e coordinatore dello studio, precisando che “È stata resa possibile dall’esistenza di tre importanti banche dati geofisiche: un patrimonio quasi unico a livello mondiale a disposizione della comunità scientifica”. La prima banca dati, denominata ViDEPI e realizzata attraverso una collaborazione tra l’allora Ministero per lo Sviluppo Economico UNMIG, Assomineraria e Società Geologica Italiana, riporta i dati essenziali relativi a diverse migliaia di pozzi per ricerca di idrocarburi perforati in Italia a partire dagli anni ’40 del secolo scorso. La seconda, denominata DISS e gestita dall’INGV, censisce le faglie del Mediterraneo centrale che sono in grado di generare forti terremoti. La terza, il Catalogo dei Forti Terremoti in Italia o CFTI, gestita sempre dall’INGV, registra i principali terremoti accaduti nella stessa area di cui abbiamo notizie dalle fonti storiche.

“Questo eccezionale insieme di dati è stato analizzato congiuntamente attraverso tecniche statistiche, che hanno permesso di rendere solida e quantitativa l’ipotesi di partenza: ovvero che la presenza di un giacimento di metano al di sopra di una grande faglia attiva indichi che quella faglia difficilmente genererà forti terremoti, e viceversa” spiega Stefano Parolai, direttore del Centro di ricerche sismologiche dell’OGS. È noto da tempo, ad esempio, che nelle aree sismiche più importanti del settore studiato – come lungo la costa marchigiano-romagnola o nelle zone della Bassa modenese colpite dai terremoti del 2012 – non esistono giacimenti produttivi. Questa conclusione ha anche forti implicazioni per la valutazione delle pericolosità sismica di questo importante settore del Paese, che risulterebbe di fatto modulata dalla distribuzione dei campi a metano produttivi o sterili. Tutte queste considerazioni restano valide per qualunque altro bacino di estrazione del metano con caratteristiche simili, in Italia e nel mondo.

I risultati dello studio hanno implicazioni dirette per le politiche energetiche nazionali, soprattutto relativamente ai serbatoi naturali usati per lo stoccaggio di metano, anche alla luce del ruolo centrale rivestito dall’Italia quale hub per lo stoccaggio e la distribuzione di gas verso i paesi del Nord Europa, e per lo stoccaggio geologico in senso lato.

Valensise, G., Donda, F., Tamaro, A. et al. Gas fields and large shallow seismogenic reverse faults are anticorrelated. Sci Rep 12, 1827 (2022). https://doi.org/10.1038/s41598-022-05732-8

Foto: Natural gas processing plant in Aderklaa, Lower Austria (© Bwag) 

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