Nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario, il trattamento con ixazomib aggiunto alla doppietta lenalidomide-desametasone (Rd) è efficace e sicuro
Nei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario, il trattamento con ixazomib aggiunto alla doppietta lenalidomide-desametasone (Rd) è efficace e sicuro nella pratica clinica di routine tanto quanto lo è stato nello studio registrativo TOURMALINE-MM1. È questa la conclusione principale dello studio INSURE, un’analisi aggregata di tre studi osservazionali presentata all’ultimo congresso dell’American Society of Hematology (ASH).
In un campione di 566 pazienti, infatti, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è risultata di 19,9 mesi, in linea con quella osservata nello studio registrativo.
L’analisi, inoltre, suggerisce che il beneficio della tripletta ixazomib-Rd nei pazienti con malattia recidivata/refrattaria sia maggiore nelle linee più precoci di trattamento rispetto a quelle più avanzate, coerentemente con quanto già evidenziato in studi più piccoli di ‘real life’ condotti nello stesso setting, nonché nei pazienti non fragili rispetto a quelli fragili.
Obiettivo: confermare nella ‘real life’ i risultati dello studio TOURMALINE-MM1
Ixazomib, un inibitore del proteasoma di seconda generazione, è stato approvato dalle autorità regolatorie ed è disponibile dal 2019 anche in Italia per il trattamento dei pazienti con mieloma multiplo già trattati, sulla base dei risultati dello studio TOURMALINE-MM1. In questo trial, la mediana di PFS è risultata pari a 20,6 mesi nel braccio sperimentale, trattato con la tripletta ixazomib-Rd, a fronte di 14,7 mesi nel braccio di controllo, trattato con la sola doppietta Rd (più un placebo). Inoltre, l’aggiunta di ixazomib ha dimostrato di migliorare i tassi di risposta complessiva (ORR): 78% contro 72%.
Tuttavia, ha ricordato Xavier Leleu, del Dipartimento di Ematologia del CHU La Milétrie-Poitiers di Poitiers (in Francia), gli outcome nella pratica clinica di routine spesso sono diversi, e inferiori, rispetto a quelli riportati nei trial registrativi, in parte perché i pazienti che si trattano nella ‘real life’ spesso non soddisfano i criteri di elegibilità degli studi clinici randomizzati.
Nel caso della tripletta ixazomib-Rd, invece, già vari studi osservazionali retrospettivi e prospettici hanno mostrato un’efficacia di questo regime nel mondo reale, dalla seconda linea in poi, comparabile a quella osservata nello studio registrativo, con valori di PFS mediana compresi tra 15,6 e 27,6 mesi.
La novità dello studio presentato all’ASH risiede nel fatto che è stata effettuata un’analisi aggregata di un ampio insieme di dati provenienti da tre studi osservazionali (INSIGHT MM, UVEA-IXA, REMIX) con l’obiettivo di valutare l’efficacia della tripletta ixazomib-Rd nella popolazione complessiva dei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario, ma anche in base alla linea di trattamento e al grado di fragilità dei pazienti.
Lo studio INSURE
Lo studio INSIGHT MM è un ampio studio prospettico che ha arruolato oltre 4200 pazienti provenienti da Europa, Asia, Stati Uniti e America Latina, seguiti per almeno 2 anni. Lo studio UVEA-IXA, invece, è uno studio multicentrico e longitudinale condotto su circa 300 pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario trattati con il regime a base di ixazomib tramite un programma di accesso precoce (EAP) in Europa; questo studio prevede una fase retrospettiva (revisione delle cartelle cliniche nel periodo compreso fra l’avvio della terapia con ixazomib e l’arruolamento nello studio UVEA-IXA) seguita da un periodo di follow-up prospettico di un anno. REMIX, infine, è uno studio retrospettivo/prospettico su circa 200 pazienti trattati con ixazomib-Rd tramite un programma di uso compassionevolein Francia.
Per l’analisi dello studio INSURE gli autori hanno considerato pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato/refrattario e che avevano ricevuto la tripletta ixazomib-Rd dalla seconda linea in avanti.
I due endpoint primari erano la PFS e il tempo alla terapia successiva (TTNT), mentre gli endpoint secondari comprendevano la durata del trattamento (DoT), il tasso di risposta complessivo (ORR), la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.
Gli endpoint primari sono stati analizzati nella popolazione complessiva, a seconda della linea di terapia in cui è stato utilizzato il regime con ixazomib e a seconda del punteggio di fragilità dei pazienti (0-1, non fragili vs ≥ 2, fragili).
80% dei pazienti trattati con isatuximab-Rd in seconda o terza linea
L’analisi ha incluso complessivamente 566 pazienti, di cui 181 dello studio INSIGHT MM, 195 dello studio UVEA-IXA e 190 dello studio REMIX.
L’età mediana del campione all’inizio della terapia con ixazomib-Rd era di 68 anni (range 36-92) e il 21,3% dei pazienti aveva più di 75 anni.
I partecipanti avevano ricevuto una mediana di due linee di terapia (range 1-12) prima di ixazomib-Rd e circa l’80% era stato trattato con la tripletta in seconda linea (circa il 41%) o in terza linea (circa il 38%).
Dei 408 pazienti per i quali erano stati registrati i punteggi di fragilità, circa il 41% era fragile, con percentuali simili di fragili e non fragili (39-42%) nelle varie linee di terapia.
PFS di circa 20 mesi
«Con un follow-up mediano di 18,5 mesi complessivi, la PFS mediana è risultata complessivamente di 19,9 mesi, con una tendenza a diminuire nelle linee più avanzate di terapia e risultando numericamente più lunga nei pazienti non fragili rispetto a quelli fragili» ha detto Leleu.
La mediana di PFS è risultata, infatti, di 21,7 mesi nei pazienti trattati con ixazomib-Rd in seconda linea, 19,7 mesi in quelli trattati in terza linea e 11,6 mesi in quelli trattati dalla quarta linea in avanti.
Inoltre, la PFS mediana è risultata di 21,6 mesi nei pazienti non fragili e 11,8 mesi in quelli fragili.
Il TTNT mediano è risultato complessivamente di 18,4 mesi e, di nuovo, è risultatio più lungo nei pazienti trattati più precocemente rispetto a quelli trattati in linee più avanzate.
I dati relativi all’OS, invece, non sono ancora maturi.
Tasso di risposta del 65%
«L’ORR è risultato del 64,5%, e, di nuovo, numericamente superiore nei pazienti trattati in linee più precoci e nei pazienti non fragili rispetto quelli fragili» ha proseguito Leleu.
Infatti, l’ORR è risultato del 70% nei pazienti trattati con la tripletta con ixazomib in seconda linea, 63% in quelli trattati in terza linea e 53% in quelli trattati dalla quarta linea in avanti, con tassi di risposta completa e risposta completa stringente rispettivamente del 13%, 9% e 7% e tassi di risposta parziale molto buona rispettivamente del 24%, 25% e 17%.
Inoltre, l’ORR è risultato del 67% nei pazienti non fragili, a fronte del 59% in quelli fragili, con tassi di risposta completa e risposta completa stringente rispettivamente del 14% contro 5% e tassi di risposta parziale molto buona del 28% contro 12%.
Profilo di sicurezza confermato
«Anche se non è stato possibile aggregare i dati relativi alla sicurezza», ha detto Leleu «in questo ampio insieme di dati non abbiamo osservato nuovi segnali associati al trattamento con ixazomib-Rd».
In conclusione
«I nostri risultati dimostrano che l’efficacia della tripletta ixazomib-Rd nella pratica clinica di routine è coerente con quella osservata nello studio TOURMALINE-MM1, senza che siano emerse nuove problematiche di safety» ha concluso l’autore.
Leleu ha anche sottolineato come, pur tenendo conto dei limiti intrinseci di uno studio osservazionale, i valori di PFS e di TTNT (che è ritenuto un buon surrogato della PFS nella ‘real life’) nello studio INSURE siano risultati simili a quelli dello studio registrativo e con la stessa tendenza alla riduzione via via che si avanza con le linee di trattamento, a supporto della robustezza dell’efficacia osservata con ixazomib-Rd nella pratica clinica.
Infine, ha sottolineato il ricercatore, l’analisi dello studio INSURE fornisce indicazioni importanti sull’efficacia della combinazione ixazomib-Rd nei pazienti fragili, contribuendo a migliorare la comprensione di quali siano gli outcome raggiungibili in questa popolazione di pazienti, che spesso è scarsamente rappresentata nei trial clinici.
Bibliografia
X. Leleu, et al. The INSURE Study (INSIGHT MM, UVEA-IXA, REMIX): A Pooled Analysis of Relapsed/Refractory Multiple Myeloma (RRMM) Patients (pts) Treated with Ixazomib-Lenalidomide-Dexamethasone (IRd) in Routine Clinical Practice. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 2701. Link