Secondo i risultati di uno studio due pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con cellule CAR-T 10 anni fa sono ancora oggi in remissione
Due pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con cellule CAR-T ormai 10 anni fa sono ancora oggi in remissione. Lo evidenzia un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature e che ha come autore senior Carl June, dell’Università della Pennsylvania (UPenn), uno dei ‘padri’ delle CAR-T.
I due pazienti, che erano stati sottoposti senza successo a più linee di chemioterapia standard, sono stati trattati con le CAR-T CTL019 (che poi hanno preso il nome di tisagenleucel) nel 2010 nell’ambito di uno studio di fase 1. Entrambi hanno risposto al trattamento, mostrando una remissione completa della malattia e la persistenza delle CAR-T infuse, che è una caratteristica chiave delle risposte cliniche durature. Entrambi sono stati trovati ancora in remissione all’ultima visita di controllo, a più di 10 anni dall’infusione della terapia, e con cellule CAR-T ancora rilevabili in circolo.
Obiettivo dello studio pubblicato su Nature, condotto da ricercatori della UPenn e del Novartis Institute for Biomedical Research, era l’identificazione e caratterizzazione delle CAR T ‘lungosopravviventi’, con il fine ultimo di identificare i fattori associati alla risposta anti-tumorale e alla remissione a lungo termine.
Caposaldo della cura di alcuni tumori ematologici
La terapia con cellule CAR T è ormai un pilastro importante del trattamento di alcuni tumori ematologici. Nell’agosto 2017, la Food and Drug Administration ha dato la sua prima approvazione a una terapia con CAR-T – e si trattava proprio di tisagenlecleucel – per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta recidivata/refrattaria in pazienti pediatrici e giovani adulti fino a 25 anni. Successivamente, le stesse CAR-T hanno avuto il via libera anche per il trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B ricaduto/refrattario. Inoltre, l’agenzia Usa ha dato il suo ok a una seconda terapia con CAR-T, axicabtagene ciloleucel, sviluppate da Yescarta di Gilead e Kite, per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B o linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B recidivati/refrattari.
Dal novembre 2019 entrambe le terapie con CAR-T sono disponibili anche per i pazienti italiani. Inoltre, nel marzo 2021 le CAR-T axicabtagene ciloleucel sono state autorizzate dall’Fda anche per una nuova indicazione: il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare recidivato/refrattario.
Effetti a lungo termine delle CAR-T ancora poco studiati
Tuttavia, gli effetti a lungo termine di questa immunoterapia cellulare non sono ancora ben studiati.
Le cellule CAR-T sono cellule T (dunque, cellule del sistema immunitario) prelevate dal paziente mediante la tecnica della leucaferesi e modificate in laboratorio attraverso tecniche di ingegneria genetica, in modo da far loro esprimere un recettore chimerico (il CAR) capace di riconoscere e legare un antigene espresso sulle cellule tumorali. Terminato questo processo, le cellule CAR-T così ottenute vengono reinfuse nel paziente, dove, grazie al CAR presente sulla loro superficie, possono legarsi alle cellule tumorali ed eliminarle.
Per valutare gli effetti a lungo termine della terapia con le CAR-T, June e i colleghi hanno analizzato i due pazienti affetti da leucemia linfatica cronica e trattati con le CAR-T CTL019 nel 2010, dopo il fallimento della chemioterapia standard. Uno dei due, Doug Olson, il cui midollo osseo conteneva un 50% di cellule leucemiche, era già in remissione completa una settimana dopo l’infusione delle CAR-T. Un decennio dopo, i ricercatori hanno visto, con grande sospesa, che non solo i pazienti erano ancora in remissione, ma anche che le cellule CAR-T erano ancora vive e capaci di uccidere le cellule tumorali.
Efficacia non uguale per tutti
Le cellule CAR-T hanno certamente il potenziale per dare risultati a lungo termine incredibili, ma non tutti i pazienti hanno lo stesso outcome e non tutti rispondono al trattamento. Inoltre, questa terapia presenta rischi non trascurabili, tra cui effetti neurologici e sindrome da rilascio di citochine, sebbene il trattamento sia diventato più sicuro nel corso degli anni e gli ematologi abbiano imparato, con l’esperienza, a gestire e mitigare le tossicità.
In ogni caso, il successo ormai più che decennale ottenuto in questi due pazienti oggetto dello studio fa ben sperare e gli autori si sono detti ottimisti sulla possibilità di ottenere informazioni importanti sui meccanismi alla base della risposta antitumorale e della persistenza a lungo termine di tale risposta, soprattutto nei pazienti in cui la chemioterapia non funziona.
Leggi https://www.nature.com/articles/s41586-021-04390-6.epdf