Da Fondazione CMCC uno studio sulle principali opzioni di adattamento ai cambiamenti climatici in agricoltura nei Paesi del Vicino Oriente e del Nord Africa
La Fondazione CMCC, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici fondato nel 2005 su iniziativa dei Ministeri dell’università, dell’ambiente, delle politiche agricole e dell’economia con sede centrale a Lecce e uffici e sedi operative a Bologna, Capua, Milano, Sassari, Viterbo e Venezia, ha realizzato con la collaborazione di TIMAC AGRO Italia S.p.A. e commissionato dalla FAO uno studio sulle principali opzioni di adattamento ai cambiamenti climatici in agricoltura nei Paesi del Vicino Oriente e del Nord Africa.
Questi costituiscono una delle regioni del mondo con la minore disponibilità di risorse naturali pro capite e una delle più vulnerabili ai cambiamenti climatici e qui il settore agricolo rappresenta il principale mezzo di sussistenza per la popolazione rurale, che costituisce il 38% della popolazione totale della regione.
L’analisi ha evidenziato come l’integrazione di diverse tecniche di gestione agricola, quali la combinazione di tecniche di gestione della coltura, dell’acqua e del suolo, possa apportare maggiori benefici rispetto all’applicazione di una sola pratica. Inoltre, un approccio alla gestione agricola che tenga conto delle interrelazioni tra sicurezza alimentare – cambiamenti climatici – agricoltura conservativa e che eviti o riduca al minimo la lavorazione dei terreni e preveda una loro copertura organica costante, possono apportare benefici sia in termini di adattamento che di mitigazione dei cambiamenti climatici.
«È necessario – hanno affermato Valentina Mereu e Antonio Trabucco, i ricercatori CMCC tra gli autori dello studio – intensificare gli sforzi di ricerca: servono più studi che stimino costi e benefici delle misure di adattamento e che utilizzino un solido approccio decisionale per valutare le opzioni anche in condizioni climatiche di elevata incertezza.
È inoltre fondamentale indagare in maniera approfondita le principali ragioni, che possono essere istituzionali, economiche, politiche, informative, tecniche, che stanno alla base di una mancata attuazione o dell’abbandono di queste pratiche di adattamento».