Il BMI non influisce sull’efficacia del trattamento con omalizumab nei pazienti affetti da asma di grado moderato-severo secondo una nuova analisi
Il BMI non influisce sull’efficacia del trattamento con omalizumab nei pazienti affetti da asma di grado moderato-severo. Queste le conclusioni di un’analisi post-hoc di due studi registrativi di fase 3 sull’impiego di omalizumab in pazienti asmatici, pubblicata su Annals of Allergy, Asthma & Immunology.
Razionale e obiettivi dello studio
I ricercatori sono partiti dall’assunto che le condizioni di sovrappeso o di obesità franca rappresentano dei fattori di rischio sia per l’asma ad insorgenza precoce che per quella ad insorgenza tardiva e che l’essere obesi si associa spesso ad una condizione asmatica più severa.
L’aumento del BMI si associa ad una ridotta efficacia dei trattamenti convenzionali dell’asma, come gli steroidi inalatori (ICS), i glucocorticoidi sistemici e le combinazioni ICS-LABA.
Alcuni studi condotti con i farmaci biologici per l’impiego nelle forme asma resistenti al trattamenti hanno suggerito che questi farmaci potrebbero essere meno efficaci nei pazienti con BMI elevato.
Le ragioni di questa osservazione non sono ancora ben chiare, ma si ipotizza che potrebbero essere legate a differenze nei pathway infiammatori sottostanti, alla farmacocinetica e/o ad altri fattori biologici legati all’obesità – variazioni anatomiche a carico delle vie aeree respiratorie (comprese le ostruzioni), produzioni di adipochine (es: leptina), insulino-resistenza e sindrome metabolica, dieta e nutrienti, variazioni genetiche ed epigenetiche, infiammazione).
Omalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante che lega le IgE allo stesso sito utilizzato dal recettore ad affinità elevata per le IgE, riducendo tempestivamente i livelli circolanti di IgE libere.
La conseguenza di ciò è che gli allergeni non sono riconosciuti dalle cellule effettrici come le mastocellule, gli eosinofili, i macrofagi e le cellule dendritiche, impedendo l’attivazione di queste cellule e il rilascio successivo di mediatori attivi.
Omalizumab è indicato per i pazienti di età pari o superiore a 6 anni con asma persistente di grado moderato-severo, con positività a test cutaneo o reattività in vitro ad un aeroallergene perenne quando i sintomi non sono adeguatamente controllati con un ICS.
L’approvazione di omalizumab per l’asma allergico si basa, in parte, sui dati di due trial clinici randomizzati e controllati vs placebo, di fase 3, della durata di 28 settimane ciascuno.
Entrambi gli studi in questione hanno dimostrato la riduzione dei tassi di riacutizzazione nei pazienti trattati con omalizumab vs. quelli trattati con placebo.
L’analisi post-hoc messa a punto e recentemente pubblicata ha messo in pool i dati relativi ai due trial per stimare l’effetto di omalizumab su alcuni endpoint previa stratificazione dei pazienti con asma allergico di grado moderato-severo in base al BMI.
Disegno dello studio
Entrambi gli studi hanno reclutato pazienti di età compresa tra 12 e 75 anni con asma allergico di grado moderato-severo, sintomatici nonostante un trattamento con ICS.
In entrambi gli studi, costituiva motivo di inclusione l’essere stati in trattamento con ICS a dosi equivalenti pari a 420-840 µg die/500-1200 µg die di of beclomethasone dipropionato (BDP) per almeno 3 mesi prima della randomizzazione, insieme all’impiego regolare o al bisogno di broncodilatatori.
Gli studi prevedevano una fase di run-in di 4-6 settimane, una fase di stabilizzazione con corticosteroidi della durata di 16 settimane e una fase di riduzione del loro impiego pari a 12 settimane.
Dopo il periodo di run-in, i pazienti erano randomizzati a trattamento con omalizumab o placebo sottocute al dosaggio pari o superiore a 0,016 mg/kg peso corporeo per UI di IgE totali/mL ogni 2 settimane o 4 settimane sulla base del peso corporeo e delle IgE totali allo screening.
Durante la fase di run-in, tutti i pazienti passavano a trattamento inalatorio con BDP alla dose alla quale erano clinicamente stabili.
I ricercatori hanno valutato le risposte al trattamento con omalizumab (vs. placebo) in termini di:
– Riduzione del tasso di riacutizzazioni
– Variazione, rispetto al basale, della FEV1
– Dose di BDP
– Proporzione di pazienti in grado di ridurre la dose di BDP del 50% o del 100%
– Calcolo del Total Asthma Symptom Score (TASS)
– Calcolo degli Asthma Quality of Life Questionnaire (AQLQ)
Risultati principali
L’analisi ha incluso I dati relativi a 995 dei due trial; di questi, 397 sono stati raggruppati come pazienti normopeso/sottopeso (omalizunab= 203; placebo= 194), 330 come pazienti sovrappeso (omalizumab= 161; placebo= 169) e 268 come pazienti obesi (omalizumab= 140; placebo= 128).
Dai dati sono emerse riduzioni di entità maggiore dei tassi di riacutizzazioni aggiustati per placebo all’aumentare del BMI (normali/sottopeso: −37,4% [−69,0%, 26,8%]; sovrappeso: −52,7% [−78,4%, 3,7%]; obesi: −71,9% [−86,9%, −39,5%]).
Inoltre, non sono state rilevate differenze in termini di miglioramento di FEV1 per categorie di BMI a 16 settimane (normale/sottopeso: 76,2 [5,3-147,1] mL; sovrappeso: 98,1 [13,9-182,4] mL; obesi: 69,1 [−18,9, 157,2] mL), come pure in termini di riduzione della posologia di BDP (normale/sottopeso: 23 [15,7-30,3]; sovrappeso: 22,5 [13,5-31,5]; obesi: 16,6 [5,8-27,3]).
Da ultimo, un numero più piccoli di pazienti appartenenti alla categoria di BMI “obesi” ha eliminato del tutto l’impiego di BDP nel corso degli studi.
L’analisi ha documentato anche trend relativi a miglioramenti di entità minore del punteggio TASS (normale/sottopeso: −0,52 [−0,82, −0,22]; sovrappeso: −0,5 [−0,8, −0,2]; obesi: −0,39 [−0,77, 0]) e dei punteggio AQLQ (normale/sottopeso: 0,34 [0,16-0,52]; sovrappeso: 0,34 [0,13-0,55]; obesi: 0,15 [−0,08, 0,39]) nei pazienti con BMI più elevato.
Nel complesso, i ricercatori hanno osservato che i pazienti obesi tendevano ad avere una riduzione di entità maggiore delle riacutizzazioni e un miglioramento dei sintomi rispetto a quelli con BMI nella norma o in sovrappeso.
Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare I risultati, i ricercatori hanno ammesso, tra i limiti del loro studio, la natura osservazionale delle analisi post-hoc; tuttavia hanno anche sottolineato come le diverse categorie di BMI venissero ampiamente rappresentate e fossero ben bilanciate tra di loro.
Un altro limite ammesso dai ricercatori è stata la mancata valutazione dell’esistenza di differenze di safety relative all’impiego di omalizumab nei diversi gruppi stratificati per BMI.
A questo riguardo, però, hanno anche ricordato come entrambi i trial utilizzati per l’analisi avessero dimostrato la buona tollerabilità del trattamento con omalizumab, con un profilo di eventi avversi sovrapponibile tra i gruppi trattati con omalizumab e quelli trattati con placebo.
In conclusione, pertanto, i pazienti obesi hanno sperimentato una riduzione di entità maggiore del tasso di riacutizzazioni e un miglioramento della sintomatologia rispetto a i pazienti normopeso o sovrappeso in base al BMI.
Non sono state rilevate differenze tra categorie di BMI relativamente al miglioramento di FEV1 o alla riduzione della dose di BDP.
Nel complesso, quindi, i dati suggeriscono che i miglioramenti ottenuti a seguito del trattamento con omalizumab sono indipendenti dal BMI.
Bibliografia
Geng B et al. Impact of body mass index on omalizumab response in adults with moderate-to-severe allergic asthma. Ann Allergy Asthma Immunol. 2022 Jan 28:S1081-1206(22)00045-X. doi: 10.1016/j.anai.2022.01.025. Epub ahead of print. PMID: 35101644.
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