Il disagio da pandemia da Covid durerà anni secondo David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale Ordine psicologi (CNOP)
“Da una situazione come questa non si esce da un giorno all’altro. Lo strascico del disagio psicologico che si è determinato in questi 2 anni durerà per anni, ce lo porteremo dietro come un’onda lunga che in qualche maniera avrà tutta una serie di ricadute”.
E’ quanto sostiene David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale Ordine psicologi (CNOP). “Tutto questo – afferma – richiede un cambiamento non solo di cultura, ma un cambiamento delle infrastrutture sociali, di come la società vede e gestisce certe problematiche. Il tema salute – sottolinea l’esperto – è un tema che si deve coniugare con la qualità della vita e gli equilibri individuali complessivi, perché salute – insiste – è legata anche al lavoro, a quello che uno riesce a realizzare nella vita. Questi temi sono legati tra loro. E poi – aggiunge Lazzari – non esistono logiche binarie in cui una persona o sta bene o sta male: uno può avere diversi gradi di benessere e di malessere. Il concetto di salute noi lo dobbiamo immaginare come una negoziazione continua tra elementi negativi ed elementi positivi, cioè come noi affrontiamo le sfide della vita più o meno efficacemente”. “Gli ultimi dati ci dicono – ricorda il presidente Cnop – che il 51% della popolazione ha livelli alti di stress. Questo significa che c’è un depotenziamento delle risorse collettive perché stress vuol dire che in quel momento io sto in difficoltà, sono sovraccarico, le mie risorse sono depotenziate, quindi il modo con cui io affronto le varie dimensioni della vita sarà depotenziato. E’ un fattore di indebolimento collettivo e questo sposta l’asse verso il malessere e la malattia dal punto di vista della salute oltre che dal lato esistenziale”. Per rispondere a questa situazione, prosegue Lazzari, “dobbiamo iniziare a mettere in piedi, attraverso i servizi pubblici, delle reti in grado di fare prevenzione e promozione in maniera capillare e diffusa. Rendere disponibili queste competenze attraverso scuola, luoghi di lavoro, servizi di welfare e sanità. L’Istat – ricorda il numero uno degli psicologi – ha inserito nel paniere le cure psicologiche e quindi ha riconosciuto che è un bisogno diffuso e però è un bisogno ancora privatizzato, perché la persona va nello studio privato pagando di tasca propria. Invece noi abbiamo bisogno di una rete che faccia promozione e prevenzione su larga scala. E da questo punto di vista è necessaria una visione culturale nuova, serve un modello organizzativo nuovo che tenga conto di questi aspetti qua”.