Leucemia mieloide acuta: il nuovo chemioterapico CPX-351 si è dimostrato più efficace rispetto a una chemioterapia di confronto a base di fludarabina
Nei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta derivata da una sindrome mielodisplastica (s-AML) o correlata alla terapia (t-AML), il nuovo chemioterapico CPX-351 si è dimostrato più efficace rispetto a una chemioterapia di confronto a base di fludarabina, sia in termini di remissioni complete ottenibili sia di negativizzazione della malattia minima residua (MRD), in uno studio tutto italiano presentato al 63° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).
In questo studio 8 pazienti su 10 trattati con CPX-351 hanno ottenuto una remissione completa dopo il primo ciclo di trattamento e, fra questi, circa il 30% ha potuto sottoporsi al trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, che ad oggi resta l’unica opzione curativa per questi pazienti.
Dunque, CPX-351 si è dimostrato in grado, in questo studio, in indurre remissioni complete di buona qualità nella maggior parte dei pazienti analizzati e di rappresentare un’efficiente terapia ponte verso il trapianto nei pazienti candidabili a questa procedura.
«Per la prima volta abbiamo un farmaco disegnato e sviluppato per i pazienti ad alto rischio per caratteristiche cliniche, molecolari e citogenetiche, e per l’età, che ha dimostrato la sua superiorità (rispetto alla chemioterapia convenzionale, ndr) e il cui utilizzo si traduce in alti tassi di remissione completa e in una sopravvivenza a lungo termine significativa » ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar il Principal Investigator dello studio, Roberto Lemoli, Professore Ordinario di Ematologia presso l’Università degli Studi di Genova e Direttore dell’UO di Ematologia presso l’IRCCS Policlinico San Martino di Genova. «Nella nostra casistica CPX-351 è stato, inoltre, ben tollerato e ha anche dimostrato di consentire di portare al trapianto allogenico una percentuale significativa di pazienti».
Valutare l’MRD nei pazienti con s-AML e t-AML
L’s-AML e la t-AML sono neoplasie ematologiche caratterizzate da una prognosi sfavorevole, sono spesso sottorappresentate nei trial su pazienti giovani e ci sono poche probabilità che rispondano alla chemioterapia di induzione convenzionale.
CPX-351, una formulazione liposomiale di citarabina e daunorubicina incapsulate con un rapporto molare 5:1 tra i due farmaci, è stato approvato per il trattamento dell’s-AML e della t-AML di nuova diagnosi, ed è già disponibile anche in Italia, a seguito di uno studio di fase 3 che ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza e dei tassi di remissione completa rispetto alla chemioterapia convenzionale con il regime 7 + 3, una combinazione di citarabina e daunorubicina.
È noto che l’MRD ha un forte valore prognostico nella leucemia mieloide acuta. Tuttavia, ci sono ancora pochi dati sulla cinetica e il valore prognostico di questo parametro nei pazienti anziani con s-AML e t-AML, in particolare nel contesto di regimi di induzione alternativi allo standard. Infatti, la maggior parte dei dati sul valore prognostico dell’MRD arrivano da trial effettuati per lo più su pazienti giovani e trattati con il regime convenzionale 7 + 3.
Per colmare questo gap conoscitivo, Lemoli e i colleghi hanno valutato l’MRD in una coorte di pazienti anziani con s-AML e t-AML trattati con CPX-351 come terapia di prima linea presso l’Ospedale San Martino di Genova, al fine di valutare la frequenza delle remissioni complete con MRD negativa e il valore prognostico della MRD. Come confronto, hanno considerato i dati di una coorte storica di pazienti con s-AML e t-AML trattati nello stesso centro con terapia di induzione con un regime contenente fludarabina (FLAI).
Lo studio italiano
Complessivamente, gli autori hanno analizzato 151 pazienti sopra i 60 anni, di cui 50 trattati con CPX-351 fra il gennaio 2919 e il luglio 2021 e 101 della coorte storica trattata con il regime FLAI fra il gennaio 2005 e il gennaio 2020.
I pazienti nella coorte trattata con CPX-351 avevano un’età mediana di 69 anni (range: 60-77). Il 78% aveva una s-AML e il restante 22% una t-AML. Le analisi citogenetiche hanno evidenziato la presenza di un cariotipo complesso nel 38% dei pazienti e oltre la metà di essi, il 52%, aveva un punteggio di rischio ELN elevato; inoltre, il 28% era portatore di mutazione del gene TP53. In questa coorte i ricercatori hanno misurato l’MRD prospetticamente in tutti i pazienti che hanno raggiunto la remissione completa mediante citometria a flusso multiparametrica (MFC) e mediante una valutazione molecolare del marker WT1 con RT-PCR.
Nella coorte storica l’età mediana era di 64 anni (range: 60-71).
80% di remissioni complete con CPX-351
Dopo l’induzione, il tasso di remissione completa (con o senza recupero completo dell’emocromo) è risultato significativamente più alto nella coorte di pazienti trattati con CPX-351 rispetto alla coorte storica di confronto: 80% contro 55% (P < 0,05%).
Nei pazienti trattati con CPX-351 i tassi di remissione completa non sono risultati influenzati dal punteggio di rischio ELN, dal profilo citogenetico e dalla presenza di mutazioni di TP53.
Con CPX-351 si è osservato un miglioramento significativo rispetto al regime FLAI anche del tasso di MRD-negatività, che è risultato del 36% contro 21% (P < 0,05%) secondo la valutazione mediante MFC. «In questa popolazione di pazienti anziani, il 36% di MRD-negatività riscontrato nella coorte trattata con CPX-351 è un risultato piuttosto alto» ha osservato Lemoli.
La valutazione dell’MRD ha fornito risultati simili con le due tecniche di analisi.
Dopo un follow-up mediano di 21 mesi (IC al 95% 16,76-25,23)., la mediana della sopravvivenza globale (OS) nei pazienti trattati con CPX-351 è risultata di 19 mesi, mentre la percentuale di pazienti ancora in vita a 2 anni è risultata del 44%.
Dei pazienti trattati con CPX-351 che hanno raggiunto la remissione completa, 11 su 30 (28%) hanno potuto essere avviati al trapianto allogenico.
Anche in questa coorte, l’MRD-negatività ha confermato il suo valore prognostico positivo. Infatti, i pazienti MRD-negativi dopo l’induzione con CPX-351 hanno mostrato un’OS significativamente superiore rispetto a quelli MRD-positivi (OS mediana non raggiunta vs 16 mesi), con un’OS a 2 anni rispettivamente del 74% contro 22% (P < 0,05).
L’OS è risultata significativamente superiore anche nei pazienti che hanno effettuato il trapianto rispetto a quelli non trapiantati (P < 0,05).
In conclusione
In conclusione, ha detto Lemoli, «CPX-351 ha dimostrato di essere efficace e ben tollerato in pazienti con leucemia linfoblastica acuta ad alto rischio. L’utilizzo di questo farmaco è in grado percentuale di remissioni complete significativa e una sopravvivenza a lungo terme sicuramente superiore a quella delle terapie convenzionali utilizzate fino ad ora.
Lemoli e i colleghi concludono, inoltre, che in base ai loro dati la valutazione della MRD mantiene un forte valore prognostico e che il tasso elevato di MRD-negatività osservato nei pazienti trattati con CPX-351 potrebbe essere correlato a un’attività antileucemica del farmaco più efficiente nel setting di pazienti analizzato nello studio.
Bibliografia
F. Guolo, et al. Prognostic Impact of Minimal Residual Disease Assessment in Elderly Patients with Secondary Acute Myeloid Leukemia. a Comparison between CPX-351 and Intensified Fludarabine-Based Regimens. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 3442. Link