Cure palliative: non tutte le regioni risultano virtuose. Il punto di Agenas sulla legge 38/2010 in un nuovo documento
Sono più di 10 anni che si parla di reti di cure palliative dopo che la legge 38 ha definito la loro attuazione su tutto il territorio nazionale. Purtroppo, non tutte le regioni risultano virtuose anche se di progressi ce ne sono stati tanti e anche soddisfacenti. Maglia nera per 4 regioni che risultano inadempienti. È la fotografia che presenta Agenas in un corposo documento di 114 pagine in cui viene analizzato il lavoro di tutte le regioni e delle province autonome.
Innanzitutto, le dovute premesse, la legge 38 e i vari accordi tra Stato, Regioni e Province in ambito di cure palliative prevedono la realizzazione di un insieme coordinato di servizi volti a garantire, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, un’assistenza qualificata appropriata in ambito palliativo per il malato e la sua famiglia.
I risultati del rapporto presentato da Agenas sono in generale positivi con il 90% delle aziende sanitarie che ha attivato la rete locale delle cure palliative e di queste il 69% ha attivato la Carta dei servizi via web e il 79% i percorsi di cure dedicate.
L’obiettivo finale del documento è quello di supportare Ministero della Salute, Regioni e Province Autonome nell’individuazione dei campi prioritari di intervento e, per lo sviluppo omogeno della rete di cure palliative e della rete di cure palliative pediatriche su tutto il Paese, secondo le indicazioni della legge.
Il monitoraggio LEA per l’anno 2019 mostra che tra le 16 Regioni a statuto ordinario valutate, 4 sono risultate inadempienti e 4 adempienti “con impegno” in merito all’organizzazione delle cure palliative.
Come riportato nel documento, la rappresentazione geografica della mortalità ospedaliera per tumore maligno mette in luce che le ASL del Mezzogiorno si caratterizzano per bassi valori di mortalità ospedaliera, mentre le aziende del Nord, in particolare del versante orientale, registrano livelli elevati di mortalità ospedaliera per TM; analoga suddivisione si riscontra anche nelle Regioni insulari con le aziende siciliane connotate da basse percentuali di mortalità ospedaliera e le ASL sarde posizionate all’estremo opposto.
La mortalità in area pronto soccorso ricalca, con qualche eccezione, quella della mortalità ospedaliera, se pur con valori più mitigati. Tuttavia, questo dato va valutato congiuntamente con i decessi in area del Pronto Soccorso e con i decessi entro le 24 ore ed entro i 7 giorni dalla dimissione.
Analoga distribuzione geografica si ha per la mortalità in hospice: laddove è robusta e capillare la presenza di hospice, la percentuale di decessi in strutture dedicate al fine vita è tra le più elevate. La mortalità extraospedaliera entro le 24 ore dalla dimissione ospedaliera, al contrario, mostra in modo evidente che le ASL meridionali hanno alti livelli di mortalità e quelle settentrionali basse percentuali.
La mortalità di pazienti presi in carico con le cure domiciliari fa, invece, emergere una maggiore uniformità territoriale, con livelli alti dell’indicatore diffusi tanto nel Nord quanto nel Sud del Paese. Presi nell’insieme, i dati di mortalità mostrano ancora un’elevata frequenza in ambito ospedaliero o immediatamente dopo la dimissione ospedaliera, denotando così una copertura ancora non adeguata dei bisogni anche se l’offerta e la presa in carico domiciliare va sviluppandosi.
In sintesi, la lettura congiunta degli indicatori di mortalità extraospedaliera e di quella in hospice mette in luce una minore propensione delle ASL meridionali ad “istituzionalizzare” il fine vita che, al netto di fattori socio-culturali legati all’evento luttuoso, è strettamente legata ad una bassa e, in alcuni casi, insufficiente dotazione di hospice e di unità di cure palliative domiciliari.
All’indagine condotta da Agenas hanno risposto tutte le 21 Regioni e P.A. le tutte le ASL e sono stati censiti 307 hospice, di cui 7 pediatrici.
E’ stato rilevato che: hanno istituto formalmente la rete di cure palliative (adulto) 19 Regioni e P.A. con presa in carico sia dei pazienti oncologici che non oncologici; 13 Regioni hanno anche attivato la rete di cure palliative pediatriche.
Tra le 19 Regioni che hanno istituito la rete, 13 hanno anche creato l’organismo di coordinamento regionale e 11 hanno nominato il coordinatore regionale. Corsi di formazione specifica per professionisti sono stati realizzati in 12 Regioni/PA, mentre 6 hanno attivato procedure specifiche di accreditamento ai sensi dell’Accordo Stato-Regioni del 27 luglio 2020.
Circa la programmazione sanitaria di settore per il triennio 2022–2024, 10 Regioni/PA hanno dichiarato e documentato una pianificazione prospettica, mentre tra le restanti 11 alcune hanno manifestato intenti e proposte.
Attualmente, Il 90% delle aziende sanitarie territoriali ha attivato la rete locale delle cure palliative; di esse il 69% ha attivato la carta dei servizi via web e il 79% percorsi di cure dedicate. Nel setting ospedaliero, si osservano però 34 ASL prive di equipe di CP; il 42,7% ha attivato da 1 a 3 equipe e in un 1 caso su 5 si hanno tre o più equipe.
Nel setting delle cure domiciliari, solo 2 Aziende risultano prive di equipe; oltre la metà ha attivato da 1 a 3 equipe e nel 46% dei casi più di 3. In queste equipe domiciliari, i professionisti sono esclusivamente dedicati nel 57% delle Aziende.
Nel 94% delle ASL il medico di medicina generale viene informato della presa in carico del paziente, nel 74% è anche coinvolto attivamente nel percorso di cura. I dati sopra richiamati, mostrano che il livello di attuazione delle cure palliative è complessivamente buono ma anche che permangono ritardi e aree di debolezza in alcune aree geografiche e in alcuni setting, principalmente quello ospedaliero a cui, peraltro, continuano ad essere indirizzate inappropriatamente le domande e i bisogni di cure insoddisfatti.
Come riportato dagli autori del documento, sulla base dei dati sopra illustrati è necessario un potenziamento quantitativo e qualitativo dell’intera filiera assistenziale specie sul fronte territoriale che preveda una cabina di regia regionale ancora più coinvolta nei processi decentrati e allocazione di risorse dedicate; tutto ciò costituirà l’impegno dei Piani triennali previsti dalla legge.