Miopatie infiammatorie idiopatiche: uno studio svedese ha identificato i fattori predittivi di risposta agli immunosoppressori
Presenza di autoanticorpi specifici per le dermatomiositi, riduzione dei tempi intercorrenti tra l’insorgenza della sintomatologia e la diagnosi, disfagia, e terapia iniziale relativamente aggressiva. Sarebbero questi, stando ad uno studio svedese, condotto sulla base dei dati di un apposito registro pazienti, i fattori in grado di predire una migliore risposta al trattamento con farmaci immunosoppressori ad un anno.
Razionale e disegno dello studio
Le miopatie infiammatorie idiopatiche (IIM) rappresentano un gruppo di patologie sistemiche complesse. La sintomatologia ad esse associata comprende astenia e ridotta endurance muscolare, nonché la presenza di infiltrati infiammatori nelle biopsie di tessuto muscolare.
Il coinvolgimento extra-articolare, rappresentato da rash cutanei, artriti, disfagia, interstiziopatia polmonare, malattia cardiaca e tumori, è piuttosto frequente.
Molte di queste manifestazioni diverse sono state legate alla presenza di autoanticorpi specifici, i cosiddetti autoanticorpi specifici per la miosite (MSA), rilevabili prevalentemente nei pazienti con IIM, e gli autoanticorpi associati alle miositi (MAA), presenti anche in altre patologie ad eziologia autoimmunitaria.
Il profilo autoanticorpale di ciascun paziente corrisponde spesso ad un fenotipo clinico specifico. La frequenza della varie manifestazioni cliniche e della presenza di autoanticorpi varia, stando ad alcuni studi già pubblicati, in base al background genetico e all’etnia.
Fino ad ora, non esistevano studi che avessero approfondito il tema dell’impatto degli autoanticorpi sulla risposta al trattamento e sugli outcome.
L’attenzione degli autori del nuovo studio si è focalizzata sull’impiego potenziale degli autoanticorpi come predittori di risposta alla terapia con corticosteroidi (gli immunosoppressori maggiormente utilizzati il trattamento di queste condizioni cliniche) e con altri farmaci immunosoppressivi nei pazienti affetti da IIM, una categoria che include le dermatomiositi e le polimiositi. Ciò in quanto, in presenza di questi anticorpi, si ha presentazione clinica diversa rispetto a quando sono assenti (di qui l’ipotesi che la loro presenza potrebbe indicate se i pazienti hanno probabilità maggiori o minori di migliorare con le terapie standard).
Per verificare la correttezza di questa loro ipotesi, i ricercatori hanno attinto ai dati del registro nazionale svedese, considerando quelli relativi a 156 pazienti con miopatie infiammatorie.
Quasi il 45% di questi era affetto da dermatomiosite (incluso un 5% di pazienti con forma amiopatica), mentre il resto era affetto da polimiosite. Un paziente su quattro, inoltre, era stato sottoposto anche ad indagine diagnostica per la presenza di sindrome antisintetasi.
La mediana del tempo intercorrente dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi era di 3 mesi (IQR= 1-8,5). Il 90% dei pazienti del campione, all’ingresso nel registro, era in trattamento con steroidi; il 78% utilizzava anche qualche farmaco immunosoppressore aggiuntivo.
I ricercatori hanno sviluppato un “punteggio di miglioramento”, basato su un ventaglio di misure standard, compresa la valutazione dei sintomi riferita dai pazienti e dai medici. Questo punteggio poteva variare da zero a 100. Un punteggio compreso tra 20 e 39 era indicativo di risposta minima al trattamento; un punteggio compreso tra 40 e 59 era indicativo di risposta moderata alla terapia mentre un punteggio pari o superiore a 60 era indicativo di ottima risposta al trattamento.
Risultati principali
La mediana del miglioramento di questo punteggio dopo un anno di trattamento è stata pari a 27,5 punti (IQR= 10-51).
Nello specifico, i pazienti con positività agli autoanticorpi specifici per la dermatomiosite hanno sperimentato un miglioramento del valore mediano di questo punteggio pari a 48 (IQR: 11-63); il punteggio è crollato a 21 (IQR= 7,5-42) nei pazienti negativi per gli autoanticorpi in questione.
La mediana relativa al miglioramento osservato nei pazienti con autoanticorpi specifici per la miopatia necrotizzante immuno-mediata è stata pari solo a 7,5 punti (IQR=2,5-35).
In sostanza, la probabilità di raggiungere almeno una risposta moderata al trattamento si è quadruplicata nei pazienti positivi agli autoanticorpi specifici per la dermatomiosite rispetto all’assenza di autoanticorpi (OR=4,12; IC95%=1,2-16,5).
Da ultimo, i risultati dell’ analisi multivariata hanno identificato altri fattori predittivi con p<0,05:
– Aumento della dose iniziale di steroidi: OR= 1,04 per ciascun livello di risposta
– Disfagia: OR= 3,02 per la risposta minima al trattamento e OR= 3,20 per la risposta massima al trattamento (OR= 2,1 per la risposta moderata non statisticamente significativo)
– Tempo intercorrente dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi: OR= 0,86 per la risposta massima al trattamento
Non sono risultati predittivi, invece, i livelli di VES, l’impiego di ciclofosfamide e la diagnosi di sindrome antisintetasi.
Riassumendo
Pur con alcuni limiti (utilizzo di saggi non standardizzati per la valutazione degli autoanticorpi, affidabilità dei dati provenienti da registro osservazionale – passibili di errori -, soglie arbitrarie per individuare la risposta al trattamento, numero limitato pazienti, bias da intensità trattamento diversa prima dell’ingresso nel registro), lo studio dimostra che i pazienti con autoanticorpi specifici per le dermatomiositi hanno maggiori probabilità di sperimentare una risposta moderata alla terapia rispetto ai pazienti con negatività a questi autoanticorpi.
Inoltre, la presenza di disfagia, un tempo ridotto intercorrente dall’insorgenza dei sintomi alla diagnosi, come pure un trattamento iniziale più aggressivo con glucocorticoidi sono risultati indipendentemente associati con tassi più elevati di miglioramento clinico dopo un anno di terapia farmacologica, per tutti i sottogruppi in esame.
Questi risultati – concludono i ricercatori – sottolineano l’importanza di identificare precocemente sottogruppi di pazienti con IIM in base agli autoanticorpi e di iniziare il trattamento intensivo con glucocorticoidi tempestivamente, subito dopo la diagnosi, dato che entrambi questi fattori sono in grado di predire tassi più elevati di risposta clinica alla terapia.
Bibliografia
Espinosa-Ortega F, et al “Factors associated with treatment response in patients with idiopathic inflammatory myopathies: a registry-based study” Arthritis Care Res 2022; DOI: 10.1002/acr.24498.
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