Tumore alla prostata: benefici da olaparib e abiraterone


Tumore alla prostata: olaparib in combinazione con abiraterone ha portato a una riduzione del 34% del rischio di progressione radiografica della malattia o morte

Tumore della prostata: la combinazione di darolutamide con docetaxel e terapia di deprivazione androgenica aumenta significativamente la sopravvivenza globale nei pazienti con malattia metastatica ormonosensibile

L’inibitore di PARP olaparib in combinazione con abiraterone ha portato a una riduzione del 34% rispetto al solo abiraterone (più un placebo) del rischio di progressione radiografica della malattia o morte, come trattamento di prima linea per i pazienti con carcinoma della prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC), secondo i risultati dello studio di fase 3 PROpel (NCT03732820), presentati durante il Genitourinary Cancers Symposium dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO-GU).

Infatti, la mediana della sopravvivenza libera da progressione radiografica (rPFS) valutata dagli sperimentatori è risultata di 24,8 mesi con olaparib più abiraterone, a fronte di 16,6 mesi con il solo abiraterone (HR 0,66; IC 95% 0,54-0,81; P < 0,0001), un beneficio statisticamente e clinicamente significativo. I tassi di rPFS a 12 mesi e 2 anni sono risultati rispettivamente del 71,8% e 51,4% nel braccio trattato con olaparib più abiraterone contro rispettivamente il 63,4% e 33,6% con il solo abiraterone.

Quando è stata valutata in modo centralizzato da revisori indipendenti in cieco, la rPFS mediana con olaparib/abiraterone è risultata di 27,6 mesi con olaparib/abiraterone contro 16,4 mesi con il solo abiraterone, portando a una riduzione del 39% del rischio di progressione radiografica della malattia o decesso a favore di olaparib (HR, 0,61; IC al 95% 0,49-0,74; P < 0,0001). Inoltre, i tassi di rPFS a 12 e 2 anni sono risultati rispettivamente del 73,8% e 53,7% nel braccio assegnato al trattamento con olaparib più abiraterone e, rispettivamente, 60,6% e 34,1% nel braccio di controllo.

L’autore principale dello studio, Fred Saad, MD, professore e di urologia e direttore dell’oncologia genitourinaria presso lo University of Montreal Hospital Center ha affermato che la combinazione indagata nello studio PROpel è la prima a fornire benefici clinici consisitenti per i pazienti con mCRPC nel setting della prima linea, indipendentemente dalla presenza o meno di alterazioni nei geni coinvolti nella riparazione del DNA mediante il meccanismo della ricombinazione omologa (HRR).

«Questo vantaggio ha portato a quella che penso sia la rPFS più lunga che abbiamo visto fino ad oggi nel CRPC metastatico oltre i 2 anni», ha sottolineato Saad.

I presupposti dello studio
I pazienti con mCRPC trattati in prima linea, negli studi clinici, hanno una sopravvivenza mediana di circa 3 anni, ha osservato Saad. In più, ha aggiunto il Professore, circa la metà dei pazienti nella pratica clinica di routine riceve solo una linea di trattamento attivo. In questo caso, la sopravvivenza mediana è inferiore a 2 anni, il che evidenzia la necessità insoddisfatta di migliorare i risultati nel setting della prima linea.

Il trattamento con olaparib nei pazienti con mCRPC ha già dato in precedenza risultati incoraggianti. Nello studio di fase 3 PROfound (NCT02987543), per esempio, olaparib ha mostrato di prolungare in modo significativo l’rPFS e la sopravvivenza globale (OS) nei pazienti con mCRPC dopo il trattamento con un agente ormonale di nuova generazione (NHA), in presenza di alterazioni dei geni coinvolti nell’HRR.
Inoltre, uno studio di fase 2 (NCT01972217) sulla combinazione olaparib più abiraterone ha mostrato una rPFS valutata dagli sperimentatori più lunga rispetto al solo abiraterone nei pazienti con mCRPC dopo il trattamento con docetaxel, indipendentemente dallo stato dell’HRR (HR 0,65; IC 95% 0,44-0,97; P = 0,034).

Lo studio PROpel
Lo studio PROpel è un trial randomizzato, in doppio cieco, in cui pazienti con mCRPC sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento di prima linea 1:1 con olaparib 300 mg due volte al giorno più abiraterone 1000 mg al giorno oppure abiraterone 1000 mg al giorno più un placebo.

I pazienti potevano essere già stati trattati con docetaxel nel setting del carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni (mHSPC), ma non potevano avere già assunto abiraterone. Altri NHA erano consentiti se erano stati sospesi almeno 12 mesi prima dell’arruolamento nello studio. I pazienti dovevano inoltre essere sottoposti a una terapia di deprivazione androgenica in corso e avere un performance status ECOG pari a 0 o 1.

L’endpoint primario era l’rPFS valutata dagli sperimentatori, mentre l’OS era l’endpoint secondario chiave. Ulteriori endpoint erano rappresentati dal tempo fino alla prima terapia successiva o al decesso (TFST), il tempo fino alla seconda progressione o al decesso (PFS2), il tasso di risposta obiettiva (ORR), la prevalenza di alterazioni geniche dell’HRR (analisi retrospettiva), la qualità della vita correlata alla salute e la sicurezza e tollerabilità.

Caratteristiche di base ben bilanciate nei due bracci
Le caratteristiche di base erano ben bilanciate fra i due bracci di trattamento. L’età mediana dei pazienti era di 69,5 anni (range: 43-91) e la maggior parte di essi aveva un performance status ECOG pari a 0 (70,1%). Da notare che i pazienti sintomatici (Brief Pain Inventory-Short Form ≥4 e/o uso di oppiacei) costituivano rispettivamente il 25,8% nel braccio trattato con olaparib e il 20,2% nel braccio di controllo; inoltre, il 22,5% dei pazienti era stato trattato con docetaxel quando aveva un mHSPC.

Inoltre, i pazienti presentavano mutazioni dei geni coinvolti nell’HRR (27,8% con olaparib contro 29,0% con il placebo), mutazioni di geni non coinvolti nell’HRR (69,9% e 68,8%, rispettivamente) oppure lo stato mutazionale dei geni coinvolti nellHRR era sconosciuto (2,3% ciascuno).

Il PSA mediano era pari a 17,90 ug/l (range: inter quartile, IQR, 6,09-67,00) nel bracci sperimentale e 16,81 ug/l (IQR 6,26-53,30) nel braccio di controllo.

Inoltre, i pazienti in cui la sede di metastasi era osso sono risultati rispettivamente l’87,5% e 85,4%.

Beneficio di olaparib osservato in tutti i sottogruppi
Ulteriori analisi hanno mostrato che il beneficio di rPFS è stato osservato in tutti i sottogruppi prespecificati, indipendentemente dall’età (<65 anni: HR, 0,51, IC al 95% 0,35-0,75; ≥65 anni: HR 0,78, IC al 95% 0,62-0,98), dalla sede delle metastasi a distanza (solo osso: HR, 0,73, IC al 95% 0,54-0,98; viscerali: HR 0,62, IC al 95% 0,39-0,99; altra sede: HR 0,62, IC al 95% 0,44-0,85), trattamento precedente con docetaxel (sì: HR, 0,61, IC al 95% 0,40- 0,92; no: HR 0,71; IC al 95% 0,56-0,89) e stato mutazionale dell’HRR (con mutazioni dell’HRR, HR 0,50 IC al 95% 0,34-0,73; con mutazioni in geni diversi da quelli coinvolti nell’HRR: HR, 0,76, IC al 95%0,60 -0,97).

I dati relativi all’OS, che avevano una maturità solo del 28,6% hanno mostrato che l’OS mediana non è stata raggiunta in nessuno dei due bracci, ma si è osservata una tendenza a una migliore sopravvivenza con la combinazione di olaparib abiraterone rispetto al placebo più abiraterone (HR 0,86; IC al 95% 0,66-1,12; P = 0,29).

Beneficio di olaparib anche sugli endpoint secondari
L’aggiunta di olaparib ad abiraterone ha migliorato anche il TFST mediano, che è risultato di 25,0 mesi nel braccio sperimentale contro 19,9 mesi nel braccio di controllo (HR 0,74; IC al 95% 0,61-0,90; P = 0,004). Inoltre, la PFS2 mediana non è stata raggiunta in nessuno dei due bracci, ma si è evidenziato un beneficio a lungo termine con la combinazion di olaparib più abiraterone (HR 0,69; IC al 95% 0,51-0,94; P = 0,0184).

Quando è stata valutata la risposta, nel braccio trattato con olaparib più abiraterone i ricercatori hanno misurato un ORR del 58,4%, con un tasso di risposta completa (CR) del 4,3%, un tasso di risposta parziale (PR) del 54,0%, un tasso di stabilizzazione della malattia (DS) del 26,1% e un tasso di progressione della malattia (PD) del 13,7%. Nel braccio trattato con il placebo più abiraterone,invece, l’ORR è risultato del 48,1%, con un tasso di CR del 6,3%, un tasso di PR del 41,9%, un tasso di SD del 28,1% e un tasso di PD del 19,4%. L’odds ratio relativo all’ORR tra olaparib più abiraterone e placebo più abiraterone è risultato pari a 1,60 (IC al 95% 1,02-2,53; P = 0,0409).

I dati di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, gli effetti avversi hanno avuto un’incidenza del 97,2% con olaparib più abiraterone e 94,9% con placebo più abiraterone, mentre gli eventi avversi di grado 3 o superiore hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 47,2% e 38,4% dei pazienti. Decessi correlati a eventi avversi si sono verificati nel 4% dei pazienti nel braccio olaparib e nel 4,3% del braccio placebo.

Interruzioni del trattamento e riduzioni del dosaggio si sono rese necessarie rispettivamente nel 44,7% e nel 20,1% dei pazienti trattati con olaparib e nel 25,3% e del 5,6%, rispettivamente, dei controlli.

Inoltre, più pazienti hanno interrotto olaparib a causa di un evento avverso (13,8%) rispetto dei pazienti trattati con il placebo (7,8%), mentre rispettivamente l’8,5% e l’8,8% dei pazienti ha interrotto l’abiraterone a causa di un evento avverso.

Non sono stati segnalati casi di sindrome mielodisplastica o leucemia mieloide acuta e l’incidenza di nuovi tumori primari e polmonite è risultata bilanciata nei due bracci, ha riferito Saad.

Nel complesso, i profili degli eventi avversi sono risultati coerenti con i profili di tossicità noti dei singoli agenti. Il più comune evento avverso di qualsiasi grado e di grado 3 o superiore associato a olaparib è risultato l’anemia, che ha mostrato un’incidenza rispettivamente del 46,0% e 15,1%, mentre nel braccio di controllo tal incidenza è risultata rispettivamente del 16,4% e 3,3%.

L’insufficienza cardiaca ha mostrato un’incidenza simile nei due bracci (1,5% con olaparib e 1,3% con il placebo), così come gli eventi tromboembolici arteriosi (2,0% e 2,5%). Tuttavia, è stato riportato un numero di eventi tromboembolici venosi più alto per la combinazione olaparib più abiraterone (7,3%) rispetto alla combinazione placebo più abiraterone (3,3%); l’embolia polmonare è risultata l’evento tromboembolico venoso più riportato (6,5% contro 1,8%, rispettivamente). Gli eventi di embolia polmonare sono risultati per lo più riscontri accidentali alla Tac e Saad ha aggiunto che ciò non ha portato all’interruzione del trattamento né con olaparib né con abiraterone.

Anche la qualità della vita è risultata comparabile tra i due gruppi.

Fonte
F. Saad, et al. PROpel: phase III trial of olaparib (ola) and abiraterone (abi) versus placebo (pbo) and abi as first-line (1L) therapy for patients (pts) with metastatic castration-resistant prostate cancer (mCRPC). J Clin Oncol. 2022;40(suppl 6):11. doi:10.1200/JCO.2022.40.6_suppl.011. Link