Site icon Corriere Nazionale

Suicidi in Divisa, i numeri sono allarmanti

carabinieri rivalta bormida

I dati dell’Osservatorio Suicidi in Divisa mostrano un fenomeno allarmante: il numero medio è di una vittima a settimana

I numeri delle vittime per suicidio, riportati dall’Osservatorio Suicidi in Divisa, è allarmante ed è diventato un vero e proprio fenomeno che coinvolge tutta la società, non solo quella del comparto sicurezza e difesa.

Solo nello scorso anno, il 2021, sono stati segnalati 57 eventi suicidari, di questi 23 sono Carabinieri (di cui 3 Carabinieri-Forestali), 6 appartenenti alla Polizia Penitenziaria, 7 Guardie Giurate, 8 alla Polizia di Stato, 6 alla Polizia Locale, 5 della Guardia di Finanza e due della 2 Marina Militare.

Prendendo ancora in esame il 2021, si nota che il numero medio è di una vittima a settimana, un grido di morte che dura da anni e che, solo il 30 luglio 2019, portò alla stesura di un disegno di legge (DDL1444) per l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per il sostegno ed il supporto psicologico del personale delle Forze di polizia. Un documento che se fosse stato realizzato forse avrebbe contribuito a ridurre il numero delle vittime ma che, purtroppo, non ha visto seguito legislativo.

Su questo tema è intervenuto a Roma il Generale dei Carabinieri Teo Luzi: “Prendersi cura della fondamentale e primaria risorsa dell’Organizzazione – l’essere umano che dà corpo ad una uniforme intessuta di Valori e Storia – è da sempre lo scopo principale dei molteplici e mirati interventi istituzionali”. Un dibattito necessario che arriva dopo una pandemia che ha colpito tutti, anche le donne e gli uomini di divisa e non solo sulle condizioni fisiche ma anche psicologiche. L’Arma dei Carabinieri ha così inaugurato un percorso, affidandosi all’Ordine Nazionale degli Psicologi, a sociologi e alle università italiane che conoscono il tema dei suicidi e dei fattori che portano al malessere individuale.

Sul preoccupante fenomeno è intervenuto, più volte, Antonio Serpi, Segretario Generale del SIM Carabinieri, la più grande Associazione a carattere sindacale dell’Arma “ci sono troppi temi che non si vogliono affrontare, come quello delle pressioni gerarchiche all’interno delle caserme e ancora, il mancato supporto psicologico verso i dirigenti dell’Arma, esattamente come accade nelle società in cui i manager si affidano a professionisti per evitare che il proprio stress e le proprie tensioni, possano ripercuotersi sui dipendenti. C’è il sovraccarico lavorativo che molti colleghi subiscono per aggiungere qualche euro in più nella busta paga, non calcolando, però, l’allontanamento dai propri affetti e quindi anche il recupero psico fisico idoneo. C’è poi il problema del malessere collettivo e non solo individuale – continua Serpi – e questo si riflette sui militari più fragili ed esposti al rischio. Molti colleghi, inoltre, percepiscono l’Arma come una organizzazione elitaria per il benessere di pochi e questo non fa bene all’immagine del Corpo ma, soprattutto, non fa bene al sentimento condiviso tra i Carabinieri”.

Vi è dunque una correlazione tra lavoro e suicidi che ha origine in diverse problematiche quali il malessere all’interno della sfera lavorativa; la condizione economica non più favorevole, che ha iniziato a vacillare con la crisi del 2008 e si è acuita con la pandemia del 2019, in un crollo vertiginoso che si è concretizza, poi, nella possibilità di assolvere alle incombenze quotidiane. Una morsa che può portare all’esasperazione e, dunque, alla scelta estrema. E infine, tra le problematiche, vi è anche lo stress causato dal rischio e dalla specificità che vede le Forze armate e di Polizia perennemente coinvolte in operazioni ad alto impatto di pericolosità. “Ora – conclude Serpi – si spera che su questo percorso arrivino anche altre forze armate, perché riconoscere il problema e affrontarlo è un buon inizio ma non basta”.

Exit mobile version