Un dispositivo, chiamato quantum memristor, che potrebbe permettere di combinare l’intelligenza artificiale e il calcolo quantistico, schiudendo potenzialità senza precedenti
Gli algoritmi di intelligenza artificiale si basano su modelli matematici chiamati reti neurali, ispirati alla struttura biologica del cervello umano, che si compone di nodi interconnessi (i neuroni). Così come nel nostro cervello il processo di apprendimento è basato sul riarrangiamento delle connessioni tra i neuroni, le reti neurali artificiali possono essere “allenate” su un insieme di dati noti che ne modificano la struttura interna, rendendola capace di svolgere compiti “umani” quali il riconoscimento di un volto, l’interpretazione di immagini mediche per diagnosticare malattie e persino la guida di un’automobile. Per questo, sono in corso attività di ricerca, a livello accademico e industriale, volte a ottenere dispositivi integrati e compatti capaci di svolgere le operazioni matematiche richieste per il funzionamento delle reti neurali in modo rapido ed efficiente.
Un punto di svolta in questo campo è stata la scoperta del memory-resistor o memristor, un componente che cambia la sua resistenza elettrica sulla base di una memoria della corrente che l’ha attraversato. Gli scienziati si sono accorti che tale funzionamento è sorprendentemente simile a quello delle sinapsi neurali, cioè i collegamenti tra i neuroni nel cervello, e il memristor è diventato un componente fondamentale con cui costruire architetture neuromorfe, cioè forgiate a modello del nostro cervello.
Un gruppo di fisici sperimentali guidati da Roberto Osellame, dirigente di ricerca dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifn), e Philip Walther, professore dell’Università di Vienna, in collaborazione con Andrea Crespi, professore associato del Politecnico di Milano, ha dimostrato che è possibile ingegnerizzare un dispositivo ottico con le stesse caratteristiche funzionali del memristor, capace di operare su stati quantistici della luce e così codificare e trasmettere informazioni quantistiche: un quantum memristor.
“Realizzare un tale dispositivo non è banale, poiché le dinamiche del memristor tenderebbero a compromettere alcuni aspetti vantaggiosi dei dispositivi quantistici. I nostri ricercatori hanno superato questa sfida impiegando singoli fotoni (singole particelle di luce) e sfruttando la loro possibilità quantistica di propagarsi simultaneamente in due o più percorsi”, spiega Osellame. “Questi fotoni sono condotti in cosiddetti circuiti ottici, fabbricati mediante impulsi laser in un chip di vetro, dinamicamente riconfigurabili, che possono supportare stati quantistici di sovrapposizione su diversi percorsi. Misurando il flusso di fotoni che si propaga su uno di questi percorsi è possibile, tramite un complesso schema di feedback elettronico, riconfigurare la trasmissione del dispositivo sull’altra uscita, e questo consente di ottenere una funzionalità equivalente a quella del memristor”.
“Abbiamo anche simulato una intera rete ottica composta di quantum memristor – illustra Andrea Crespi – mostrando che potrebbe essere impiegata per apprendere compiti sia classici che quantistici”. Quest’ultimo risultato sembra suggerire che il quantum memristor possa essere il collegamento mancante tra l’intelligenza artificiale e la computazione quantistica. “Liberare le potenzialità delle risorse quantistiche all’interno delle applicazioni di intelligenza artificiale è una delle più grandi sfide della ricerca attuale, sia nella fisica quantistica sia nell’informatica”, conclude Michele Spagnolo, dell’Università di Vienna e primo autore della pubblicazione scientifica che ricevuto la copertina del numero di aprile della rivista Nature Photonics e un commento nelle “News & Views” dello stesso numero. Questi nuovi risultati rappresentano un passo in avanti, verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale quantistica sarà realtà.